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Decreto Dignità e misure sul gioco, nessuno tocchi gli enti locali

08 settembre 2018 - 07:35

Prosegue lo speciale di GiocoNews su gioco e decreto Dignità: Regioni e Comuni rivendicano proprio ruolo contro il Gap, senza dimenticare l'accordo in Conferenza unificata del 2017.

Scritto da Fm
Decreto Dignità e misure sul gioco, nessuno tocchi gli enti locali

 

Nuova puntata dello speciale di GiocoNews dedicato alle reazioni della politica alle misure sul gioco contenute nel decreto Dignità, e oggetto di un approfondimento pubblicato sul numero di settembre della rivista cartacea (consultabile online a questo link).

A parlare, i rappresentanti di Regioni e Comuni, che commentano anche la riforma generale del comparto annunciata dal Governo durante i lavori parlamentari e che dovrebbe vedere la luce entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del Dl. Riforma che impatterà anche sulla libertà d'azione degli enti locali, ad oggi i principali depositari della regolamentazione della materia, complice l'assenza di una normativa quadro nazionale, nonostante il riordino deciso in Conferenza unificata Stato-Regioni ormai un anno fa.

"Senza dubbio il divieto di pubblicità del gioco è un deterrente per la sua diffusione. Il problema è come impedirne la promozione sulla rete. Perché i divieti e limiti devono riguardare anche il gioco online", sottolinea Sergio Rossetti, consigliere di Regione Liguria nelle file del Pd, che è favorevole anche all'aumento del Preu, ma magari "finalizzato anche al reperimento di fondi per la redenzione e la cura di chi non riesce a smettere". Come base per il futuro riordino, Rossetti vede proprio l'accordo Stato-Regioni del 2017. "È una corretta base di partenza, così come il 30 percento in meno di offerta. Bene si è fatto a ridurre le occasioni per giocare, aggiungere il divieto di pubblicità e intraprendere la lotta all'online che è la sfida più difficile. Inoltre, vanno definiti criteri non relativi solo alle distanze per consentire o meno l'apertura delle sale. Sul piano preventivo, informativo e curativo bisogna potenziare il lavoro degli enti pubblici, delle associazioni e delle organizzazioni private. Le Regioni dovrebbero esercitare un'azione sinergica sui due piani: tassazione e tessuto sociale. Ma non basta fare le regole. Bisogna capire come farle osservare. A mio avviso si parla poco del contrasto al gioco illegale. Quanto ai Comuni, devono poter agire sul piano dei controlli, negli incentivi a togliere le slot dagli esercizi commerciali come nei criteri per consentire l'apertura delle nuove sale. Entro i limiti delle norme nazionali, le Regioni possono legiferare sulle autorizzazioni d'intesa con l'Anci, predisporre sistemi di detassazione per gli esercizi che non usano le slot, aprire un tavolo di crisi per verificare quali siano i reali impatti occupazionali sul sistema e creare iniziative per chi perde il lavoro a causa della riduzione del gioco. Le Regioni devono mettere risorse per l'informazione, la prevenzione e la cura dei giocatori compulsivi. Devono fare da collettore con le agenzie educative, in primis la scuola, le aziende sanitarie e tutto il mondo associativo che si occupa del gioco e dei giocatori", conclude il consigliere Pd.
 

Restando in tema di Regioni, ecco cosa ne pensa Viviana Beccalossi, consigliere in Lombardia per il Gruppo Misto con un passato da assessore al Territorio e promotrice della legge vigente sul Gap. "Credo che nessuna misura, presa singolarmente, possa avere effetti determinanti. Sono però convinta che il governo, a partire dal decreto Dignità, abbia preso una buona decisione, perché sta passando il messaggio che il gioco non può essere considerato, quasi con leggerezza, un mero strumento di guadagno per lo Stato. Però, visto che non sono solo i divieti a risolvere i problemi, serve la volontà di proseguire la lotta contro i rischi del Gap partendo dall’informazione e dalla prevenzione. Premettendo che ovviamente nessuno intende approvare e favorire l’illegalità (ci mancherebbe!), credo che il ragionamento da fare sia un altro: il primo problema non è 'dove' andranno a rivolgersi i giocatori compulsivi, quasi rassegnandosi alla loro incapacità di smettere o limitarsi, quanto quali strumenti lo Stato intenda mettere in atto per evitare gli eccessi e quindi i rischi della ludopatia. Se oltre al decreto Dignità il Governo avesse davvero intenzione di continuare questo percorso, servirebbe una legge nazionale che prenda il meglio dai tanti provvedimenti varati in questi anni a livello locale, a partire da quello della Lombardia. Si dovrebbe puntare di più, prima che sulla repressione, sulla comunicazione, a partire dalle scuole. Oggi per un ragazzo è molto più facile essere raggiunto da un’offerta sproporzionata di occasioni per provare l’azzardo piuttosto che da un’informazione sui rischi della deriva patologica. Inoltre, credo che il modello di prevenzione e cura dei malati che abbiamo varato in Lombardia possa rappresentare un ulteriore punto di riferimento anche a livello nazionale".

 

Passando in Piemonte, altra regione "calda" dopo l'attuazione della legge locale che espelle quasi tutto il gioco legale, a parlare è il consigliere Pd Luca Cassiani. "Se mancano politiche attive che contrastino il Gap - formazione nelle scuole, campagne nazionali sul gioco responsabile, investimento su formazione per gli esercenti - il solo divieto di pubblicità è pura demagogia. Anzi, punisce le sponsorizzazioni sportive e le aziende che promuovono il gioco lecito e controllato. Se poi parallelamente il Governo autorizza una nuova serie di gratta e vinci, anche da 20 euro per un solo biglietto, siamo di fronte a scelte ipocrite, che si commentano da sole". Per la riforma complessiva del settore, Cassiani invita il Governo a pensare a "una riduzione orizzontale di tutti i giochi, così come è stata attuata per le slot machine, oltre allo stop a nuove forme di lotto istantaneo e gratta e vinci", poi all'introduzione "dell’uso obbligatorio del codice fiscale per accedere a slot e Vlt, alla regolamentazione delle sale da gioco e al contrasto alla criminalità e all'illegalità, con il coinvolgimento di Regioni ed enti locali nelle politiche di contrasto al gioco patologico". A questo scopo una "parte del prelievo fiscale sul gioco dovrebbe restare sul territorio per finanziare campagne sui media e nelle scuole, oltre ai fondi per il sostegno alle famiglie delle persone affette da Gap. È necessario agire con intelligenza evitando crociate proibizioniste, inefficaci e demagogiche, che tendono a criminalizzare il gioco lecito e non i suoi eccessi patologici. Così come un bicchiere di vino al giorno non provoca danni e non ci trasforma in alcolisti, anche il gioco responsabile è una libera scelta ludica ed un passatempo come tanti altri, da gestire in maniera accorta e responsabile".

 

Quanto ai Comuni, altro convitato di pietra al tavolo della futura riforma del gioco, abbiamo chiamato in causa Angela Gregorini, vicesindaco e assessore al Commercio di Pavia, da tempo in prima linea contro il Gap. Anche lei favorevole alle scelte del governo giallo verde, ma con alcuni distinguo. "Ho sempre sostenuto che la pubblicità al gioco d'azzardo dovesse essere vietata così come è stato fatto a suo tempo con quella sulle sigarette", rispedendo al mittente l'ipotesi che la misura possa indirizzare i giocatori verso forme di gioco non lecito. "Non è certo permettendo la pubblicità che si argina il fenomeno dell'illegalità. Il giocatore compulsivo va aiutato e l'illegalità combattuta con le regole e i controlli. Oltre al divieto di pubblicità penso si debba continuare ad andare nella direzione tracciata dal governo precedente, ovvero ridurre i punti gioco e prevederne le caratteristiche attraverso una regolamentazione a livello nazionale che però lasci autonomia agli enti locali in merito ad alcuni temi quali ad esempio individuazione e distanze dai luoghi sensibili nonché orari di utilizzo e vendita dei giochi. Sarebbe poi auspicabile che si affrontasse finalmente il tema dell'online e della introduzione della tessera sanitaria per accedere ai giochi. I Comuni insieme alle Aziende socio sanitarie territoriali hanno il polso della situazione sul loro territorio pertanto devono poter entrare nel merito delle singole situazioni anche in merito a formazione e sensibilizzazione della popolazione rispetto al tema. È chiaro che per farlo servono risorse dedicate che devono essere messe a disposizione dallo Stato".

 

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