Da cinque anni aspetta il via libera per rivedere il marito

Una cittadina indiana si è rivolta al tribunale, che ha intimato alla Prefettura di dare il nulla osta
Donne indiane  © www.giornaledibrescia.it
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Un diritto acquisito, ma solo sulla carta. Per colpa di un assordante silenzio istituzionale. È la storia di una ragazza indiana, residente ad Offlaga e rimasta intrappolata in un’attesa infinita ed ingiustificata. Da quasi cinque anni. È il 6 ottobre 2014 quando Harpreet, nata in India nel 1990 e in Italia da 15 anni, presenta in Prefettura la richiesta di ricongiungimento familiare con il marito. La legge prevede che una risposta, positiva o negativa, debba arrivare in 180 giorni. «Termine perentorio di sei mesi» dice la normativa vigente. A luglio 2017, tre anni dopo, la donna però ancora non sa nulla. Si rivolge così ad un avvocato che impugna il silenzio della Prefettura davanti al tribunale di Brescia.

L’ente di Palazzo Broletto nemmeno si costituisce in giudizio. Passano altri mesi, fino al 6 marzo quando il giudice Angelica Nolli firma l’ordinanza che condanna la Prefettura. «Il diritto al ricongiungimento familiare costituisce un diritto fondamentale della persona umana che, come tale, non può essere sacrificato a tempo indeterminato da un comportamento omissivo della Pubblica Amministrazione» viene scritto dal tribunale civile. Che non usa perifrasi. «In accoglimento del ricorso deve ordinarsi alla Prefettura di Brescia di rilasciare immediatamente in favore della ricorrente il nulla-osta richiesto» scrive il giudice.

La 28enne - sottolinea inoltre il tribunale - ha i requisiti per far arrivare in Italia il marito. «Dispone di adeguata sistemazione alloggiativa, di adeguato reddito, oltre che di permesso di soggiorno». Tutto fatto dunque? Macché. Ad oggi la straniera è ancora in attesa. «Riapriamo l’istruttoria» fa sapere la Prefettura, interpretando in modo bizzarro la legge, all’avvocato Luca Nobili che difende gli interessi della giovane indiana. Non è proprio quanto stabilito dal tribunale, che non ha detto di rivedere il caso, ma di chiuderlo definitivamente firmando il ricongiungimento familiare. La Prefettura non ci sente e il 18 aprile scorso riconvoca Harpreet che presenta una nuova istanza. Stessa richiesta e stesso risultato visto che sono passati altri nove mesi e ancora non è stato rilasciato il nullaosta sul quale l’ente si sarebbe dovuto esprimere nel fantomatico «termine perentorio di sei mesi». Risultato: in cinque anni le istituzioni non sono state in grado di garantire un diritto acquisito. «Si parla di accoglienza e di gestione di migranti e poi si verificano vicende così» commenta l’avvocato Luca Nobili che poi provoca: «alla mia assistita probabilmente conveniva far venire in Italia il marito da clandestino. Non avrebbero buttato via cinque anni della loro vita. Al prossimo cliente consiglierò di muoversi così».

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