Ricerca della verità sulla morte di Sana, il Pakistan e l’Islam

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I media italiani tutti i giorni ormai commentano la triste vicenda della ragazza pakistana, mettendo in cattiva luce l’intero paese e il suo sistema. In realtà appena avuta notizia della morte di Sana, la polizia e le autorità giudiziarie si sono messe in moto, per fare luce su ogni piccolo dettaglio, e hanno aperto un’inchiesta, ancora in corso di svolgimento per appurare le vere cause del decesso. Il Pakistan è un Paese forte e democratico, con istituzioni funzionanti e in cui la Corte Suprema è stata capace di mandare a casa ben tre primi ministri e diversi politici, accusati di corruzione. La stessa Corte Supema interviene prontamente persino quando viene a conoscenza di fatti che recano danni o disagi ai cittadini, aprendo inchieste allo scopo di verificare responsabilità o carenze dei servizi pubblici o privati. Quello che trapela dai media italiani somiglia sempre più a un accanimento razzista e islamofobo, dal momento che viene attribuita all’Islam la principale responsabilità di ogni atto di violenza alle donne. Non è un semplice pregiudizio: è una vera e propria islamofobia. I casi di violenza alle donne e femminicidi sono purtroppo frequenti in ogni Paese. Italia e altri Paesi europei. Colpevolizzare un Paese, vedi il caso di Sana Cheema, per supposti motivi religiosi o etnici, non solo diventa sbagliato, ma ingiusto. Un caso su 10.000 non e generalizzabile, ammesso che sia provato. Il Pakistan è un Paese di 200 milioni di abitanti, ricco di cultura e con un sistema giudiziario che funziona. Le donne sono rispettate.

// Mian Aftab Ahmed
Cremona
Gentile lettore, la notizia della misteriosa morte di Sana Cheema in Pakistan, è stata diffusa da suoi amici e amiche pakistani, e rilanciata dal nostro giornale, perché su questa vicenda si arrivi ad accertare una verità che non lasci dubbi, e non certo per criminalizzare il Pakistan e tantomeno l’Islam. Nessun nostro articolo ha collegato la drammatica vicenda a motivi religiosi sottolineando - lo abbiamo scritto più volte - come la pratica del cosiddetto «delitto d’onore», che in Pakistan è reato dal 2016, sia legata piuttosto a costumi ancestrali. Non solo: ci conforta sapere che c’è una giustizia - pakistana appunto - che sta indagando ci pare con forte determinazione. Il problema stava proprio qui: fare in modo che una morte in circostanze sospette non venisse frettolosamente archiviata come «morte naturale». Serve qualche certezza in più. Lo sollecita la stessa comunità pakistana. E ha ragione lei: purtroppo i casi di violenza contro le donne non ha confini né geografici, né religiosi. E va combattuta a tutte le latitudini. Come? Cercando la verità e, qualora venissero accertate responsabilità, garantendo il compimento della giustizia. (GdB)

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