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06 Marzo 2019 - 11:53
In Yemen da 4 anni una coalizione di Paesi arabi, guidata dall’Arabia Saudita, combatte contro i ribelli sciiti houthi sostenuti dall’Iran.
Secondo l’Onu, in soli tre mesi, tra agosto e ottobre scorsi, la guerra in corso avrebbe fatto 1500 vittime civili. Ciò significa, 123 morti o feriti alla settimana. Il 33 per cento donne e bambini: in complesso 217 morti e 268 feriti. Sempre l’Onu sottolinea come al momento, «non ci sia un luogo sicuro che sia uno».
Ma c’è un fatto di cui gli “italiani” non hanno contezza.
E c’è che le bombe esplose su case e villaggi, portano il codice A4447 che riconduce a una fabbrica di armi in Sardegna, la RWM. E son bombe che non guardano in faccia a nessuno, che uccidono vecchi e bambini, colpevoli di niente.
Da qui la decisione di un lungo elenco di associazioni eporediesi (Centro Gandhi, Centro Documentazione Pace, Emergency, Mir Ivrea, Good Samaritan, Anpi, Osservatorio migranti, Pax Christi, CISV Albiano, Fraternità di Lessolo) di chiedere all’amministrazione e al sindaco, un impegno concreto. Per esempio sollecitando Governo e Parlamento a dare attuazione ai principi costituzionali e alle risoluzioni europee, vietando l’esportazione di armi destinate all’Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato;
Per esempio chiedendo a gran voce l’attuazione della legge 185/90 (divieto di vendita di armi italiane a paesi in guerra e dittatoriali), con riferimento anche alle specifiche disposizioni e obblighi in materia di riconversione delle fabbriche di armi e del Trattato Internazionale sul Commercio di Armamenti, poiché non è accettabile che, ancora oggi, interi territori del nostro Paese (come il Sulcis Iglesiente) siano consegnati al ricatto tra il lavoro assicurato dalla filiera delle armi e il rischio della disoccupazione.
La verità è che (lo dice una risoluzione del Parlamento europeo del 4 ottobre 2018) «più di 22 milioni di persone necessitano di sostegno umanitario; le persone in condizioni di insicurezza alimentare sono più di 17 milioni e, di queste, oltre otto milioni versano in uno stato di grave insicurezza alimentare e rischiano di morire di fame».
Vi sono inoltre ragionevoli motivi per ritenere che tutte le parti implicate nel conflitto nello Yemen abbiano commesso crimini di guerra e utilizzato armi pesanti in zone edificate e densamente abitate, attaccando anche ospedali. E ancora che dal marzo 2015 più di 2500 bambini sono stati uccisi, oltre 3500 siano stati mutilati o feriti e un numero crescente di minori sia stato reclutato dalle forze armate sul campo.
“Le bombe che uccidono i bambini sono italiane - commenta Mario Beiletti dell’Anpi - Intollerabile è la guerra, insopportabile il nostro coinvolgimento. La Costituzione italiana ripudia la guerra: forse occorreva aggiungervi un articolo per proibire di parteciparvi in modo indiretto e ipocrita?!”.
Intanto, Amnesty International ha lanciato un nuovo allarme per i civili yemeniti, accusando entrambe le parti in causa. «Per tutto l’anno le forze aeree della coalizione saudita hanno sorvolato il territorio dello Yemen, bombardando zone residenziali e infrastrutture civili e centrando perfino uno scuolabus pieno di bambini» si legge in un comunicato dell’organizzazione.
• La RWM ITalia S.p.A. è una fabbrica di armamenti che fa parte del conglomerato industriale tedesco della Rheinmetall. La principale attività è la produzione di sistemi antimine, munizioni e testate di medio e grosso calibro. La compagnia ha sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento produttivo a Domusnovas, in provincia di Carbonia- Iglesias. L’utilizzo di ordigni della serie MK da 500 a 2000 libbre di fabbricazione italiana da parte dell’aviazione saudita è confermato dal Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen, commissionato dall’Onu.
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