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POLITICA. Il fascismo è tra noi? Dibattito stucchevole e gaglioffo

POLITICA. Il fascismo è tra noi? Dibattito stucchevole e gaglioffo

Ebbene sì, il fascismo è tra noi. Voglio tranquillizzare i lettori, non è che ci si prepara a riaprire il balcone di Palazzo Venezia né che gli esuberanti (e a ben guardare innocui) attivisti di Forza Nuova e Casa Pound preparino un’anacronistica Marcia su Roma.

Nello stucchevole e, talvolta, “gaglioffo” dibattito che ha infiammato animi, coscienze e incoscienze sul presunto pericolo di una recrudescenza di un meglio identificata “ideologia fascista” si è persa di vista una realtà che è sotto gli occhi di tutti da decenni.

Tra le più attive in questa battaglia di retrovia si è distinta per pertinace ostinazione il Presidente uscente  della Camera dei Deputati  Laura Boldrini  la quale si è lanciata in una battaglia iconoclasta contro le effige del vituperato ventennio.

A detta della Boldrini l’abbattimento delle testimonianze scultoree (e similari) dell’epoca fascista contribuirebbe a liberare l’Italia da un passato nefasto e vergognoso.

La cosa paradossale è che proprio in  quello che si vorrebbe abbattere si sostanzia quella che è stata (al netto del pregiudizio ideologico) una stagione di straordinaria crescita per l’Italia dal punto di vista urbanistico e monumentale.

Chi si avvicina alla visione della realtà senza furore (sarebbe più corretto scrivere odio) inquisitorio non può che riconoscere quello che esperti e studiosi rimarcano da sempre: il patrimonio architettonico e artistico edificato  negli anni trenta costituisce un lascito storico da salvaguardare.

Di fatto, poi, lo sviluppo delle correnti architettoniche dopo gli anni venti  del novecento ebbe un percorso del tutto originale di cui il fascismo seppe approfittare ma che certo non promosse.

Esauritasi la spinta del movimento futurista si affermò l’architettura razionalista, avanguardia della tendenza europea al cosiddetto funzionalismo. Su questa falsariga il regime mussoliniano promosse, nell’ambito di un più vasto e permeante programma di “fascistizzazione” della società italiana, la realizzazione di vaste aree architettoniche caratterizzate da un’imponente impatto scenografico. L’autorevole e, scientificamente, rigorosa letteratura che si è occupata, dal secondo dopoguerra ad oggi, di questa importante stagione dell’arte italiana ne ha riconosciuto, pur tra i distinguo che caratterizzano tutti i confronti tra gli esperti di qualunque disciplina umana, l’originalità tesa a modernizzare lo sviluppo della nazione.

L’architetto e urbanista Marcello Piacentini fu il più importante  ideatore e realizzatore di opere che dovettero coniugare il razionalismo con uno stile neoclassico (richiamante i fasti dell’antica Roma) a cui il fascismo si richiamava.

Una comune fucina culturale aggregò in quegli anni pittura e architettura (Michelucci – Terragni - Libera– Pagano – Radice – Galli e tanti altri).

La città universitaria di Roma, Via della Conciliazione, Via dei Fori Imperiali, la stazione di Santa Maria Novella a Firenze, l’edificazione dell’E 42 poi sospesa a causa della guerra che strozzò in gola le aspirazioni imperiali di Mussolini rimangono opere che caratterizzano la nostra civiltà.

Una riflessione ulteriore merita, altresì, la famosa Casa del fascio di Como (oggi sede del comando provinciale della Guardia di Finanza).

Il grande storico e urbanista di origine ebraica, Bruno Zevi ebbe a definirla : “Pietra miliare dell’architettura moderna europea, quest’opera dipana la flagranza creativa del Terragni nel quadro della poetica razionalista. E’ un precoce testo di “maniera”, e ciò spiega perché, a distanza di quasi cinquant’anni, sia oggetto di appassionati studi”.

Il fascismo è uscito definitivamente e indiscutibilmente condannato dalla storia. Piuttosto che paventare incombenti rischi di un suo ritorno sarebbe molto più opportuno (anche se la cosa richiederebbe una lucidità di analisi scevra da sovrastrutture ideologiche) andare alle radici vere del malessere sociale che tormente la società italiana.

Detto questo le opere degli uomini rimangono e basterebbe il semplice buon senso per riconoscere che anche durante il fascismo vennero realizzate opere di cui l’Italia può andare orgogliosa.

Sì, il buon senso questo sconosciuto.

Tommaso Tamponi

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