Il Salone del libro: «Se la magistratura non condanna per apologia di fascismo, noi dobbiamo ospitare tutti»

05/05/2019 di Enzo Boldi

Il tutto era partito dalla notizia del libro-intervista di Chiara Giannini con protagonista Matteo Salvini, distribuito e venduto da Altaforte, la casa editrice vicina a CasaPound. Poi la notizia, poi smentita, della presenza del leader della Lega al Salone del Libro di Torino per promuovere questo testo ha provocato un vero e proprio terremoto al Lingotto, dove sono volate accuse e dimissioni. Una cornice all’interno della quale, tra le parole al vetriolo che sono volate negli ultimi giorni, si pone una questione che riguarda l’aspetto legislativo italiano.

Matteo Salvini, dunque, non sarà a Torino tra il 9 e il 13 maggio, ma tra gli stand del Salone del Libro ci sarà il suo libro-intervista marchiato Altaforte. E a spiegare come sia possibile la presenza di un editore da sempre vicino alle politiche neofasciste di CasaPound sono gli stessi vertici della Fiera: «Il Salone è quindi ambasciatore della Costituzione. E la Costituzione, al suo articolo 21, afferma che ‘tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione’ – si legge nella nota diffusa su Facebook -. La Legge Scelba del 1952, coordinata con la Legge Mancino del 1993, sanziona e condanna chiunque propagandi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, rendendo reato in Italia l’apologia di fascismo. Materia della magistratura, quindi, è giudicare se un individuo o un’organizzazione persegua finalità antidemocratiche. È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri».

CasaPound e l’incostituzionalità mai condannata

In sintesi, tutti sanno che Altaforte – che non ha mai nascosto le sue simpatie per l’estrema destra, anche in recenti interviste che hanno parlato di lunga militanza – abbracci una determinata linea politica, ma se la magistratura non condanna CasaPound per apologia di fascismo noi non possiamo che attenerci ai principi della Carta Costituzionale sulla libertà di espressione e manifestazione del pensiero. Una sintesi che non è stata digerita da Christian Raimo, scrittore e assessore alla Cultura del III Municipio a Roma, che aveva il ruolo di consulente del Salone del Libro di Torino. Aveva, perché dopo un suo post su Facebook, poi cancellato, in cui si accusava di dare troppo spazio a idee neofasciste, dicendo che «Matteo Salvini è dichiaratamente organico a quel mondo», ha rassegnato le proprie dimissioni.

La replica del direttore del Salone del Libro

Una decisione che viene accolta da Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro di Torino dal 2017, e commentata così: «Mi dispiace per editori e autori che si sono sentiti offesi dalle sue dichiarazioni scritte a titolo personale in un post di Facebook. Mi dispiace per come uomini politici di partiti dove ci sono gli inquisiti per mafia abbiano cavalcato la vicenda. (Tanti servitori dello Stato si scambiano quotidianamente in televisione parole irriferibili e non mi pare che questo crei loro rispetto al bene del Paese un imbarazzo che ha toccato Christian Raimo a sola tutela del Salone). Mi dispiace per come tanti commentatori cerchino di strumentalizzare il Salone del Libro ai soli fini della campagna elettorale o per avere visibilità.

(foto di copertina: da pagina Facebook ufficiale del Salone Internazionale del Libro)

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