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Don Raffaele Gramegna «Nove anni non si cancellano. Non siamo divisi, siamo nella Chiesa»

Antonio Aiello
Don Raffaele Gramegna
L'ex parrocco della chiesa San Giuseppe di Giovinazzo: «I giovani? Ho sempre amato Don Bosco, mi ispirerò a lui»
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“Li amo con tutto il mio cuore. Potrebbe sembrare una frase scontata, ma c’è tanta attesa da parte mia, tanto desiderio di incontrarli, di collaborare con loro. Senza sostituirmi a chi mi ha preceduto nei loro cuori, nell’affetto e nella vita pastorale. Mettendomi accanto a ognuno per scoprire quello che il Signore vuole da tutti quanti noi, sia da me che da loro”.

È il pensiero dedicato da don Raffaele Gramegna ai fedeli della comunità di San Giuseppe di Molfetta. Un pensiero d’affetto e di umiltà che don Raffaele, 47enne ruvese, esprime con semplicità e purezza. Tra una settimana subentrerà ai salesiani che, dopo 70 anni che questi avevano condiviso con la comunità molfettese. Laureato in lettere classiche, ordinato sacerdote alla vigilia dell’Immacolata del 2002, nel giorno del suo 31esimo compleanno, don Raffaele arriva da 12 anni vissuti nella parrocchia San Giuseppe di Giovinazzo. Lì lo incontriamo, qualche giorno dopo la nuova nomina. La sensazione è subito tangibile: ci troviamo di fronte a un uomo semplice e speciale ma nel contemplo docile d’animo e disponibilissimo. Don Raffaele riavvolge i 12 anni passati nella comunità giovinazzese, di cui tre da viceparroco. Tanti i messaggi di stima e di saluti. D’altronde con il suo umile modo di fare ha sempre saputo catturare l’affetto della gente. Lo dimostra anche il ricordo che ha lasciato a Terlizzi nei suoi quattro anni di viceparroco alla Concattedrale. Sono giorni di preghiera verso il Signore per questo nuovo incarico a cui è stato chiamato.

Don Raffaele, da un lato aprirà il suo cuore alla nuova comunità, dall’altro ne lascerà un po’ per la comunità che lascia dopo nove anni di servizio.

Sì, posso ben dire che nove anni non si cancellano, fanno parte di me come hanno fatto e fanno parte di me i quattro anni passati alla concattedrale di Terlizzi. Non posso cancellarli, qui sono stato per tre anni anche viceparroco. Però so benissimo che noi sacerdoti dobbiamo avere il cuore largo, aperto a tutti. Non lo dico come una frase di circostanza ma perché ci credo profondamente e sono convinto che anche questo dolore, come dicevo sabato scorso durante l’omelia, è un allargamento del cuore. Il cuore è ferito per diventare più grande, per una paternità più grande. Io credo profondamente a questo e accolgo così questo spostamento.

Nel quartiere, e non solo, lei è molto stimato, ha fatto crescere un oratorio diventando un punto di riferimento per i giovani.

Io sono contento di sentire queste cose. La pastorale giovanile è sempre stata un mio cruccio, nello stesso tempo un desiderio profondo, penso che lo sia di ogni sacerdote. Particolarmente mi ha sempre caratterizzato questo desiderio di avvicinare i giovani al Signore, alla fede, alla chiesa, in questo periodo di difficoltà della chiesa, soprattutto nel rapporto con i ragazzi e con i giovani in genere. Per quando riguarda la stima, sono contento di sentire questo, c’è un amore reciproco tra me e la mia comunità. Un amore che è cresciuto giorno per giorno, fatto di attenzione, di dono reciproco e di insegnamento reciproco. Ho imparato io da loro, hanno imparato loro da me, siamo cresciuti insieme. Tutto ciò rende questo distacco difficile ma sono contento della stima. Vuol dire che siamo cresciuti e abbiamo ricevuto tanto. Rimane qualcosa di bello, questo mi piace.

Lei entra in una comunità che per 70 anni ha vissuto con l’insegnamento dei salesiani, molti aspettano che si ispiri ai principi di Don Bosco.

Io posso dire che sarà cosi, lei può chiedere ai giovani della mia parrocchia, parlo sempre di don Bosco a loro. Ho sempre amato San Giovanni Bosco, certamente non lo conosco in profondità, come i confratelli salesiani che sono i suoi figli diretti, però ho sempre amato questa figura. La spiritualità salesiana della parrocchia di San Giuseppe Molfetta è una ricchezza per la nostra diocesi, credo che questa ricchezza non vada tenuta nascosta, vada manifestata ancora di più. Perciò io leggo il cambiamento anche in questa ottica, come una volontà del Signore di far conoscere sempre di più tale spiritualità a tutta la diocesi attraverso questa parrocchia. Penso che sia questa la vocazione della parrocchia san Giuseppe di Molfetta.

Si aspettava questa nomina?

No, è il classico fulmine a ciel sereno perché l’ho saputo dal vescovo il 10 settembre mattina. Le nomine fatte a giugno non riguardavano questo spostamento, il nostro vescovo aveva realizzato tutte le nomine a giugno, è stata una cosa improvvisa che ho veramente colto come espressione di volontà di Dio.

Un messaggio ai parrocchiani che lascia.

Li amo profondamente, anche loro lo sanno, come diceva san Giovanni Crisostomo lasciando la sua comunità: non siamo divisi, non ci divide nessuno perché noi siamo nella chiesa. La chiesa è una grande famiglia, si tratta di cambiare una porzione della vigna ma il popolo di Dio è sempre quello. Quindi dico loro che nel cuore avranno sempre un posto come tutti gli altri, non so se un posto particolare, no questo non lo dico. I ricordi, l’essere stati insieme, per questi nove anni non si possono cancellare ma il cuore, al contempo, è aperto perché ci siano posti ed esperienze anche per altri parrocchiani che stanno per arrivare.

sabato 22 Settembre 2018

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