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Lippi: "Con i club ho chiuso, non sarei dovuto tornare in Nazionale"

Il prossimo impegno per Marcello Lippi sarà la Coppa d'Asia da disputare a gennaio con la Cina, nazionale di cui è allenatore dal 2016. Poi il tecnico di Viareggio ha già programmato una pausa, prima di tornare nuovamente in panchina. Lo ha confessato in un'intervista alla 'Gazzetta dello Sport'.

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"La federazione mi aveva offerto altri quattro anni e mezzo per chiudere in Qatar, ma non me la sono sentita di accettare, anche per una questione di prospettive", ha spiegato l'ex allenatore di Juve e Nazionale. "Con i club ho chiuso per sempre, una nazionale più vicina, europea o degli Emirati, la potrei considerare".

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Una nazionale in cui difficilmente tornerà sarà l'Italia, quella che ha portato sul tetto del mondo nel 2006, ma con cui ha deluso nel 2010. Tornato su quell'esperienza, Lippi ha affermato: "Non avrei dovuto lasciarla e non sarei mai dovuto tornare. Tornai proprio perché avevo sbagliato a lasciarla dopo il titolo mondiale. Non commisi un errore grave ma due. In Sudafrica il terzo: al momento delle scelte prevalse la gratitudine, mi resi conto in ritardo che alcuni giocatori avevano già dato tutto, ebbi anche tanta sfortuna poiché persi Buffon, Pirlo e mezzo De Rossi, che aveva un polpaccio in disordine".

Oggi Lippi guarda il calcio italiano da lontano, un calcio italiano rinnovato dall'arrivo di Ronaldo. Così ha commentato l'arrivo del portoghese: "Cristiano è arrivato al momento giusto. Se fosse stato preso tre, quattro anni fa quando Real, Barcellona e Bayern erano decisamente superiori, avrebbe potuto incidere di meno. Ora invece la Juve è allo stesso livello delle top europee, è cresciuta tanto, per questo ho sensazioni positive. Dybala l'ha subito? Non credo proprio, era semplicemente in ritardo di condizione, i due si trovano bene e la loro intesa migliorerà col tempo".

Sull'Inter, che ha allenato nella stagione 1999/2000, il tecnico ha dichiarato: "Cinque, sei vittorie di fila possono cambiare la mentalità e gli obiettivi di un gruppo. Spalletti ha responsabilizzato tutti, proprio come Ancelotti. Quando lunedì ho visto che ha messo dentro Joao Mario che non partiva titolare da gennaio ho capito che avrebbe vinto la partita. Ci stanno con la testa".

"L’allenatore vincente è quello che riesce a entrare nella testa dei giocatori, specie se campioni", ha aggiunto Lippi. "Tu puoi insegnare meglio di altri i concetti, ma se non trovi la sintonia con il gruppo e non risulti credibile, non vinci. Il calcio è psicologia, adattamento alle varie situazioni, empatia, oltre a tutto il resto".

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