Il tema della pena di morte tra teatro classico e migrazioni: ecco 'Orestea Africana'

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Per la Festa della Toscana 2018, martedì 26 febbraio alle ore 10, l’associazione Progetto Città, il Movimento Shalom, La conchiglia di Santiago, in collaborazione con l’Istituto Gonnelli di Montaione Gambassi e con il Comune di Montaione hanno invitato gli studenti e la popolazione presso il Teatro Scipione Ammirato di Montaione, per assistere allo spettacolo “Orestea Africana”, realizzato da un gruppo di migranti ospitati presso le strutture messe a disposizione dall’Amministrazione Comunale e dal Movimento Shalom.

Lo spettacolo viene presentato nell’ambito della Festa della Toscana 2018, che ricorda l’abolizione della pena di morte nella nostra Regione, prima in assoluto nel 1796 (#FestaToscana2018), e diranno alcune parole introduttive il sindaco Paolo Pomponi, l’assessore Cristina Martini e i registi dello spettacolo, Andrea Mancini e Paola Bolelli. Poi la parola passerà ai ragazzi, che si confronteranno con i temi dello spettacolo e diranno la loro.

Ma di cosa parla questa “Orestea Africana”? Mette in gioco varie carte, è un progetto che riguarda intanto i migranti, soprattutto africani; è poi teatro classico, che si rivela ancora quanto mai contemporaneo; infine è “l’occhio per occhio dente per dente”, la legge del taglione: con la morte a cui Oreste sembra volgere, reo di aver ucciso la madre e il suo amante Egisto.

Oreste invece si trova di fronte ad un consesso civile, che lo processa e lo assolve, condannandolo “ad andare di là dal mare, su una barca, piena d’aria e di speranza”. Oreste si porterà dietro gli Spiriti della foresta, che lo hanno perseguitato, ma che ora potranno garantire il mantenimento della sua cultura. Oreste resterà un africano, così come succedeva nella Grecia di Eschilo, dove Oreste manteneva la sua origine tribale, la sua natura selvaggia.

Ebbene, è presso la Casa della Pace di Collegalli (nel Comune di Montaione), che il Movimento Shalom, insieme a La conchiglia di Santiago, ha dato vita ad un’esperienza straordinaria, che ha coinvolto i richiedenti asilo che vi vengono ospitati. Gli attori, che si chiamano Benjamin Compaore, Valentine Igwe, Sarjo Tourai, Patrick Tadjuidie, Aissa Merci, hanno lavorato coordinati da Andrea Mancini e Paola Bolelli, su un testo della Grecia classica, scritto da Eschilo per raccontare il passaggio da una società tribale ad un consesso civilizzato, cioè l’Atene di oltre duemilacinquecento anni fa, simbolo stesso della nostra realtà occidentale.

Il testo naturalmente è riassunto in poche battute, messe a commento di azioni che sono tutte di musica e danza di grandissima suggestione. La linea che è stata scelta, ispirata ad una traduzione di Pier Paolo Pasolini (che realizzò anche un documentario sugli stessi temi), racconta l’assoluzione- condanna di Oreste, come se fosse la fuga dall’Africa verso l’Europa, con un simbolico attraversamento del mare, una salvezza che è anche una condanna.

Le frasi finali, dicono che tutto va bene “a patto che gli Spiriti della foresta, che rappresentano origine e passato di questi uomini, restino vigili, attenti a non dimenticare, a mantenere integra la loro natura selvaggia”.

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Fonte: La conchiglia di Santiago



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