Come Whatsapp ha causato linciaggi e stragi

il ministero dell'Industria e dell'Informatica indiano ha chiesto alla piattaforma WhatsApp di "agire". Iniziative per combattere la propagazione delle false informazioni

Nelle memorabili pagine dei Promessi sposi di Manzoni compare durante la peste di Milano il fenomeno degli "ungimenti". In diversi villaggi indiani, secondo quanto ha riportato il Washington Post, si sono verificate dallo scorso maggio delle sommosse conclusesi con l'uccisione alcune persone ritenute sospette per le voci sparse tramite social media, tanto che il ministero dell'Industria e dell'Informatica indiano ha chiesto alla piattaforma WhatsApp "azione immediata per porre fine a questa minaccia". Le autorità locali sono preoccupate per il verificarsi di un escalation di violenze contro contemporanei presunti "untori" vittime di false notizie. A Rainpada, nel distretto di Dhule nell'India occidentale, cinque viandanti diretti a un bazar sono stati linciati dalla folla lo scorso giugno perché sospetti "rapitori di bambini". L'allarme, secondo la polizia che ha poi tratto in arresto 28 giovani quali presunti autori del pestaggio fatale, sarebbe stato lanciato da un 22enne per via digitale, dove la moltiplicazione delle 'fake news' è ritenuta dalle autorità perniciosa anche a causa del numero elevato di utenti raggiungibili in tempi rapidi.

Si calcola, riporta il WP, che ogni giorno vengano spediti in India miliardi di messaggi via WhatsApp e la compagnia ha introdotto l'avviso 'forwarded' ai messaggi rispediti e recentemente introdotto una funzione che consente agli amministratori dei gruppi di identificare chi ha inviato un certo messaggio e limitato il numero dei componenti dei gruppi per l'India. Al tempo stesso anche la polizia e 'fact-checkers' sono impegnati sullo stesso fronte in un'opera di verifica, controllo, smentita delle voci.

Tuttavia nel caso della popolosa India è il volume stesso del traffico messaggistico a rappresentare lo scoglio. Nel caso del mob finito con l'uccisione dei cinque sarebbe stata la notizia che una di loro avrebbe offerto caramelle a un bambino a scatenare l'allarme e la violenza. A Tripura si sono contate tre vittime in seguito a una sommossa scatenata per la morte di un bambino sulla quale era partito un messaggio che sarebbe stato ucciso per espiantarne e trafficarne gli organi. Una sequela di 12 morti negli ultimi 2-3 mesi, che sarebbero tutte collegabili alla diffusione sui social media di dicerie e false notizie; secondo quanto riporta BuzzFeed sono 16 i linciaggi e 29 i morti che le autorità indiane mettono in relazione al ruolo di disinformazioni veicolate tramite social media. Dal canto suo, lo scorso 10 luglio WhatsApp ha pubblicato un annuncio in più lingue su 30 giornali indiani per informare come intende combattere le fake news.

Un servizio di comunicazione non è responsabile dell'uso che ne fanno gli utilizzatori. Gli eventi indiani hanno focalizzato un aspetto riguardante il contesto socio-culturale e contraddizioni che possono acuirsi per effetto della tecnologia. WhatsApp, che fa capo a Facebook, ha anche lanciato borse di studio in beneficio di ricercatori e sviluppatori per esaminare come possa essere affrontato il problema della disinformazione e capaci di proposte circa il modo di drenare la diffusione di false notizie. L'iniziativa prenderà in considerazione proposte su punti nodali come il modo in cui tali notizie si propagano, con focus su elezioni, viralità, alfabetizzazione (o la sua mancanza: nella regione di Rainpada l'alfabetizzazione raggiunge il 63%) degli utenti e loro vulnerabilità alla disinformazione. La quale in termini sociologici può essere alta in contesti nei quali la tecnologia digitale sostiene la comunicazione di gruppi di amici e parenti anche quali fonti di informazione semi-univoche e auto-accreditate. Fra i più suggestionabili (e manipolabili), gli utenti analfabeti ai quali pervengono immagini e video che nulla hanno a che vedere con fatti locali. La ricerca dovrà inoltre verificare se sia possibile intercettare gli individui problematici, potenzialmente pericolosi, gli "untori" digitali, il che rappresenta anche una sfida - e annesse questioni di privacy - visto il sistema di crittografia end-to-end presente sul servizio.