L'uomo moderno arrivò in Europa dall'Africa 150 mila anni prima di quanto si credesse

Uno studio su fossili rinvenuti in Grecia anticipa la presenza dell'homo sapiens in Europa
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TO GO WITH AFP STORY BY VERONIQUE MARTINACHE A photo taken on March 19, 2014 at the new Abri de Cro-Magnon museum in Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil, central western France, shows a wax model of a prehistoric human, the Cro-Magnon man (Homo sapiens sapiens). AFP PHOTO JEAN PIERRE MULLER (Photo credit should read JEAN-PIERRE MULLER/AFP/Getty Images)JEAN-PIERRE MULLER

L'uomo moderno ha lasciato l'Africa molto prima di quanto si pensasse e lo ha fatto in più ondate: lo dimostrano i resti fossili di homo sapiens più antichi mai individuati in Eurasia, scoperti in Grecia, che risalgono a 210 mila anni fa. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve al gruppo dell'università tedesca Eberhard Karl di Tubinga coordinato da Katerina Harvati. Sul piano dell'antropologia, va nella direzione di una tesi – quella di un processo di Out of Africa più anticipato e altrettanto quindi dell'approdo in Eurasia – formulata e indicata anche da altri studi: una spedizione paleoantropologica polacca ha recentemente scoperto in Sudan prove materiali che l'homo erectus si sarebbe incamminato verso la via dell'uscita dal continente africano prima di quanto si pensasse e che vari gruppi di homo avessero utilizzato rotte diverse, oltre a quella della valle del Nilo, per l'espansione in Eurasia.

La scoperta e la ricostruzione in 3D

Secondo quest'ultimo studio, il sapiens approda in Europa prima di quanto solitamente ritenuto e 200.000 anni fa già si trovava più lontano dall'Africa rispetto all'opinione corrente: fossili di homo sapiens erano stati trovati negli anni '70 nella grotta di Apidima insieme ai resti di un uomo di Neanderthal vissuto 170.000 anni fa, ma entrambi non erano stati mai descritti nel dettaglio dal momento che si presentavano in non buone condizioni di conservazione. I fossili, chiamati Apidima 1 e Apidima 2, consistono rispettivamente nella parte posteriore del cranio e della regione facciale. I ricercatori sono riusciti a ricostruire come in un'analisi forense in 3D i due fossili grazie alle immagini alla tomografia computerizzata confermando che i resti di Apidima 2 appartengono a un Neanderthal come si era sempre sospettato. La sorpresa è arrivata invece col referto di Apidima 1, dal momento che la ricostruzione 3D indica che appartengono a un sapiens grazie alla firma della specie: l'arrotondamento della parte posteriore del cranio.

La teoria multiregionale

Prima di questo fossile di 210 mila anni, il più antico sapiens mai ritrovato in Europa datava 150 mila anni in meno. Si tratta peraltro di un indizio, anche qui, a suffragio delle ipotesi di una convivenza di specie diverse nello stesso luogo e periodo preistorico. La convivenza di diversi lignaggi è stata accertata in diverse località dell'Africa. Lo studio sui fossili Apidima indica che almeno due specie di uomini primitivi abitavano l'Europa sud-orientale circa 200.000 anni fa. Secondo nuove teorie, l'attuale stessa specie homo sapiens sarebbe il risultato della evoluzione di diverse sottospecie dallo status tassonomico incerto, probabilmente classificabili in toto come sottospecie di homo erectus, quindi diverse specie apparse in luoghi diversi della Terra avrebbero contribuito alla formazione dell'uomo moderno. Gli scavi di Jebel Irhoud in Marocco hanno portato nuova linfa alla teoria multiregionale: un gruppo umano trovò rifugio in una grotta alle pendici della catena dell'Atlante 300 mila anni fa, e si tratta dei più antichi rappresentati di sapiens conosciuti, il che ha significato intanto di anticipare di 100 mila anni il punto di partenza evolutivo della specie. Alcuni fossili scoperti in Israele e risalenti al periodo compreso tra 500 e 90 mila anni fa documentano poi i passi del processo detto Out of Africa, ovvero le migrazioni dall'Africa dei sapiens fuori dal continente, dispersioni di gruppi che hanno raggiunto il Medio Oriente e, appunto, l'Europa sud-orientale, ma di cui nulla si sa e che potrebbero esser anche diventati «rami secch». In ogni caso diversi ritrovamenti suggeriscono che specie differenti convissero e certamente avvenne una ibridazione tra neanderthaliani e denisovani, un'altra specie di homo, tanto da dare ossigeno all'ipotesi di scambi genetici fra popolazioni che hanno dato vita al sapiens (che sarebbe quindi il risultato dell'evoluzione di diverse sottospecie di erectus, la cui comparsa in Africa viene datata generalmente a 1,8 milioni di anni fa); come pure diversi gruppi possono essere scomparsi senza lasciare traccia del loro genoma quando già si trovavano in Europa. Ne traggono alimento le teorie che non bisogna pensare l'evoluzione come una linea retta punteggiata di progressivi passaggi meccanici da una specie all'altra. Ma anche rispetto ai movimenti dei gruppi umani non si può pensare ad un'ora X nella quale prese il via la migrazione: questo nuovo studio sui fossili Adipima ha suggerito agli studiosi piuttosto la possibilità di dispersioni multiple e una migrazione in più ondate di diversi gruppi. Sui quali è peraltro difficile dire quale fosse la tassonomia in base alla genetica perché magari si sono estinti in qualche angolo dei nuovi territori raggiunti nel corso della migrazione.

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