Perché Suburra - La serie è più di una gangster story

Su Netflix (dal 6 ottobre) la serie che si ispira al film di Sollima. Sesso, potere, action, criminalità organizzata, politica e Vaticano corrotti. Ma è la corruzione morale la chiave di volta

Tutto è iniziato con il romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, poi è arrivato il film omonimo diretto da Stefano Sollima, e ora tocca a Suburra - la serie (dal 6 ottobre in onda su Netflix), diretta da Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi. La collusione tra criminalità organizzata, politica e Vaticano continua a far parlare di sé.

Questa volta la vicenda è ambientata nel 2008, tre anni prima rispetto al film. Ritroviamo Numero Otto (Alessandro Borghi), che ancora deve costruire il suo impero a Ostia, Spadino (Giacomo Ferrara), fratello dello zingaro Manfredi (Adamo Dionisi) e Samurai, l’ultimo superstite della banda della Magliana (Francesco Acquaroli che sostituisce Claudio Amendola) che ancora “fa paura a tutta Roma”.

E ovviamente ci sono le new entry: conosceremo il padre e la sorella (Barbara Chicchiarelli) di Numero Otto, Lele (Eduardo Valdarnini), un laureando figlio di un poliziotto della Roma bene che spaccia e che si ritrova invischiato in affari loschi, Sara Monaschi (Claudia Gerini), revisore dei conti del Vaticano che organizza festini a base di sesso per qualche prelato e il consigliere comunale Amedeo Ciniglia (Filippo Nigro), che dal basso scalerà posizioni con l’appoggio del Samurai. Insomma la sete di potere contamina qualsiasi maglia della società.

Nella serie, rispetto al film, si indaga più in profondità la psicologia dei personaggi. «Ogni personaggio subisce una trasformazione - afferma il bravissimo Giacomo Ferrara – qui c’è maggior complessità rispetto a Gomorra». «Questo è più un racconto di formazione che una pura gangster series – aggiunge Borghi - Numero Otto, Lele e Spadino devono trovare il loro posto nel mondo».

A guidare i gesti insulsi dei tre giovani c'è qualcosa che va al di là della brama di potere. «Dietro un’azione sbagliata di Otto si cela un mondo – racconta l’ex “padrino” del Festival di Venezia, ora su set del nuovo film di Matteto Rovere Romolo e Remo – nei personaggi divampa la corruzione morale. Tutte le scelte sbagliate di Otto sono guidate da un’insicurezza di fondo, forse dettate da un rapporto difficile con la famiglia. La corruzione morale è la chiave di volta della serie. Qui non si spara e basta per denaro, si piange anche». «In loro brucia il desiderio del riscatto rispetto ai loro padri», aggiunge Barbara Chicchiarelli.

«È una serie emotiva – sottolinea Gina Gardini, produttrice insieme a Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini e Marco Chimenz – c’è l’azione, la collusione di poteri, il sesso, ma approfondiamo il viaggio interiore dei personaggi nel corso delle 10 puntate. È meno dark rispetto al film: qui mostriamo il cinismo romano», e «anche l’ironia, la leggerezza e la fragilità di questi giovani criminali», aggiunge Placido - quando ho letto le prime puntate mi è venuto in mente Pasolini e la gente di periferia che si mescola con i piccolo borghesi di città».

Il fascino del male continua a conquistare il piccolo schermo. Suburra - La serie toccherà 190 paesi. Avrà il successo di Gomorra? Intanto si sta già pensando alla seconda stagione.