medaglia valore civile giuseppe urgo
medaglia valore civile giuseppe urgo
La città

Festa della Repubblica, l'Italia celebra i suoi eroi

A Gravina il sacrificio di due militari dimenticati

L'Italia si ferma per celebrare la nascita della Repubblica italiana. Una festa che mai come questo anno, dopo gli ultimi avvenimenti politici su scala nazionale, è l'occasione per tirare un sospiro di sollievo.

L'occasione per ricordare il referendum del 1946 con cui i cittadini scelsero la Repubblica e soprattutto, il dovere di ricordare quanti per questa Repubblica hanno dato la vita.
Sono tanti i volti e i nomi degli eroi che hanno combattuto la seconda guerra mondiale, tanti gli italiani che hanno detto no al fascismo e che hanno mantenuto la schiena dritta a costo della vita.
Tra di loro oggi è il caso di ricordare due italiani, due militari gravinesi, Felice Artal e Giuseppe Urgo, il cui sacrificio è stato scoperto solo di recente. Due militari poco più che trentenni morti durante il naufragio del Piroscafo Oria.
Una storia poco conosciuta e scoperta praticamente per caso, la cui memoria è mantenuta in vita dal governo greco più che dalle istituzioni italiane.

Siamo nel 1944 quando il piroscafo requisito dai tedeschi, salpò l'11 febbraio 1944 da Rodi per raggiungere le coste greche.
A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla Repubblica di Salò dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943. L'indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l'isola di Patroklos (in Italia erroneamente nota col nome di isola di Goidano).
I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell'equipaggio.
Solo in tempi recenti si è scoperto che la nave era stipata all'inverosimile: un carico di 4000 uomini, soldati italiani che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.

"Su quella carretta del mare – si legge in un articolo de Il Resto del carlino - che all'inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell'assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria".
Nel 1955 il relitto è stato smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d'Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto.

Tra quei morti giacciono anche Felice Artal e Giuseppe Urgo, due soldati poco più che trentenni che per dignità deciso di non piegarsi ai ricatti fascisti e che oggi la comunità gravinese ha dimenticato.
Lo scorso le famiglie Artal e Urgo, in occasione della ricorrenza del 2 giugno, sono state ricevute dal prefetto di Bari, Marilisa Magno, per ricevere la medaglia d'onore civile concessa agli italiani, militari e civili, deportati nei campi di concentramento nazisti.
Un riconoscimento tardivo che tuttavia rincuora i familiari e in modo particolare i figli, cresciuti non solo orfani ma consumati dal silenzio e dalla incertezza sul destino die propri cari.
Un destino crudele che oggi la comunità gravinese dovrebbe ricordare e che invece, anche a palazzo di città, sembrano ignorare.
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