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Aloe microstigma: una specie sudafricana abbastanza comune

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aloe microstigma

Di tutte le Aloe microstigma che coltivavo mi sono rimasti soltanto due esemplari di una semina di tre anni fa; a distruggere gli esemplari adulti sono stati, nell’ordine, prima l’attacco di un patogeno che fa crestare le Aloe e di molte indebolisce la fibra, e poi a dare il colpo finale ha contribuito anche il gelo dei primi mesi del 2018. Il patogeno me lo regalò (ma forse lo avrei acquistato) la signora Manera, dell’omonimo vivaio di Ventimiglia, regalandomi un’Aloe crestata. Per il freddo invece avrei potuto proteggere meglio le mie piante, ma non credevo che la temperatura a Roma scendesse sotto lo zero e per così tanto tempo.

Una specie facile da riconoscere

Ho avuto modo di descrivere alcune specie di Aloe che hanno tratto in inganno anche i grandi specialisti, ma non è questo il caso. L’Aloe microstigma è ben riconoscibile fin da piccola, il suo nome è descrittivo e ci parla dei piccoli puntini bianchi che ricoprono le foglie. Qualche tempo fa una delle mie dirigenti editoriali mi ha chiesto come facessi a ricordare i nomi e le caratteristiche delle specie che descrivo, le ho risposto con una frase di buon senso: “è la pratica a fare il maestro”.  In realtà anche se il numero totale delle specie di Aloe descritte e riconosciute è piccolo, solo 582, poche rispetto alle circa 1000 specie di Opuntiae (i fichi d’India) o alle circa 900 specie di Mammillariae, il problema invece esiste per il riconoscimento degli esemplari in natura. Intanto ci sono le forme locali e poi, a seconda delle modalità di coltivazione (in vaso) le caratteristiche degli esemplari coltivati a volte si discostano molto da quelle “naturali”. La descrizione di una specie si basa su dei “topotipi” esemplari, raccolti in un determinato sito dove la specie è stata scoperta. A complicare la vita dei coltivatori, ogni 10 / 20 anni qualche botanico propone una revisione di un Genere e quindi propone una nuova chiave di identificazione delle Specie del Genere. Tuttavia i vivaisti producono in continuazione dei “cultivar”, ossia esemplari che esaltano oltre misura alcune caratteristiche di una specie, per avere delle “novità” da presentare sul mercato, rendendo difficile una rigida applicazione di una chiave tassonomica.

Le chiavi tassonomiche

Quando i botanici revisionano un Genere, propongono una chiave tassonomica per il riconoscimento delle specie del Genere; di solito la chiave è di tipo dicotomico (se è così allora …, altrimenti …). Come ho già avuto occasione di spiegare, alcuni caratteri presi in considerazione dalle chiavi tassonomiche possono essere soggettivi, ma l’importante è conoscere ed usare quelli oggettivi (quantizzabili e misurabili); tuttavia in alcuni casi solo l’esperienza può individuare quelle “differenze” che fanno la differenza. Un esempio che ripeto spesso è la lettura della differenza tra alcune Aloe che ho già avuto occasione di descrivere: l’Aloe ferox, l’Aloe Marlothii e l’Aloe spectabilis.

La parola chiave è: “di solito”

Di solito le piante della specie Aloe ferox non hanno spine sulla pagina superiore della foglia, ma ho potuto vedere Aloe ferox con spine anche sulla parte superiore della foglia. Di solito le Aloe ferox hanno le foglie coperte da prunina (per proteggersi dal sole di montagna), ma spesso anche le Aloe Marlothii hanno la prunina e la stessa cosa accade per le Aloe spectabilis. Di solito le Aloe ferox hanno fiori rossi, ma ne ho coltivato un esemplare a fiori gialli, di solito le Aloe marlothii hanno fiori gialli, ma qualche volta hanno anche fiori arancione o rosso scarlatto. La stessa cosa vale anche per l’Aloe spectabilis. Le dimensioni delle tre specie e i luoghi dove crescono in natura sono abbastanza simili, le uniche differenze vere sono nell’andamento delle spighe floreali, che hanno fatto prendere all’Aloe marlothii il nome di “Aloe piatto fiorito”, mentre le Aloe ferox e le Aloe spectabilis hanno racemi con andamenti verticali, anche se differenti tra loro, al punto che alcuni sostengono che A.speciosa sia un sinonimo di Aloe marlothii; tuttavia, secondo le indicazioni del bollettino del Kew Garden, l’Aloe speciosa (descritta da Reynolds) è ancora una specie riconosciuta valida.

Caratteristiche dell’Aloe microstigma

Come ho anticipato, il nome è descrittivo e racconta dei moltissimi piccoli puntini bianchi sulla foglia. La specie è stata descritta da Salm, Dyck (“Monogr. gen. Aloe” settore 26, figura 4. Bonn 1854) e successivamente da altri botanici, con nomi ritenuti sinonimi. La descrizione è basata su esemplari raccolti nei pressi di Worcester, Jansenville e Carlisle Bridge, che si trovano nella divisione di Albany nella provincia del Capo. Tuttavia l’areale è molto vasto e si trovano esemplari anche nelle zone semi-aride tra i 50 e i 1200 metri di altitudine.

aloe microstigma
Aloe microstigma

  • Pianta con un breve tronco, ma raramente può arrivare anche ad un metro di lunghezza. Il tronco è coperto e quindi protetto dalle vecchie foglie seccate; la pianta difficilmente accestisce ed è più facile trovarla solitaria piuttosto che in piccoli gruppi.
  • Ogni pianta ha circa 20 foglie, lunghe 30 cm, raramente possono arrivare a 50 cm, larghe 6 – 8 cm all’attaccatura con il tronco.
  • Le foglie sono succulente, lisce, con la parte inferiore convessa; il colore è verde oliva pallido con moltissimi puntini bianchi più frequenti sulla parte della foglia vicina al tronco; se esposte per lungo tempo al sole diventano rossastre.
  • I bordi della foglia sono bruno-rossiccie sono cosparsi da denti a delta lunghi 2 – 4 mm, di colore bruno scuro, distanti tra loro 5 – 10 mm.
  • L’infiorescenza è di solito singola, ma ogni esemplare ne ha più di una; in vecchie piante sono state contate cinque spighe floreali, lunghe fino a 80 cm.
  • I fiori sono lunghi 2,5 / 3 cm e formano fitti racemi acuminati lunghi 20 cm.
  • I fiori sono quasi sempre bicolori e vanno da arancio/rosso con un bordo verde all’apertura, a giallo/ rossi, ma alcuni fiori del racemo possono essere totalmente rossi o anche gialli con un                 bordo verdastro. Sono collegati al racemo da pedicelli lunghi da 12 mm (alla punta del racemo) fino a 25 mm alla base del racemo.
  • Stami e stilo sporgono 1 – 3 mm dal fiore.
  • La specie non corre pericolo di estinzione.

Volevo segnalare che di questa specie esistono diversi ibridi naturali, già descritti da Reynolds, sia con l’Aloe ferox che con l’Aloe africana e con l’Aloe variegata.

Questa è una specie particolarmente bella, ed alcuni vivaisti europei hanno realizzato dei cultivar spettacolari, purtroppo non sono riusciti ad avviarne delle produzioni su vasta scala, i problemi principali sono: una crescita lenta, rispetto a molte altre Aloe e il fatto che si riproducano solo da seme. I cultivar hanno dimensioni ridotte rispetto alla specie e, partendo da loro sono stati realizzati degli ibridi con altre specie di Aloe sudafricane, come l’Aloe pictifolia. Anche queste Aloe sono molto belle ma ancora lontane dagli ibridi prodotti in Giappone dall’A rauhii e moltiplicati per via meristematica, coloratissimi e ormai presenti ovunque.  

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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