Fondatore dell’Impressionismo, Claude Monet ha dedicato la sua intera carriera artistica ai paesaggi dipinti en plein air, riservando solo qualche rapido esperimento alla pittura di figura. Gli ultimi quarant’anni di vita del maestro, tuttavia, sono stati caratterizzati quasi esclusivamente da un unico soggetto: le tante piante acquatiche che il pittore aveva fatto inserire nel proprio giardino di casa.

Con Ninfee Monet ha infatti realizzato uno dei cicli di tele più unitari ed estesi della storia dell’arte, dando l’ennesima prova dell’unicità di un linguaggio comunicativo che, in alcune opere, tradisce un avvicinamento dell’artista a una nuova poetica: l’Astrattismo.

Il soggetto dell’opera

Monet iniziò a dipingere il ciclo delle Ninfee nel 1883, anno del trasferimento nella piccola casa di Giverny dove il pittore aveva commissionato la realizzazione di uno stagno puntellato proprio da queste piante acquatiche.

Sormontato da un ponte in stile giapponese, il variopinto specchio d’acqua divenne così la sua principale fonte di ispirazione. Con le sue infinite variazione di luce, permetteva infatti all’artista padre dell’Impressionismo di proseguire nella propria ricerca artistica e nell’elaborazione di un linguaggio espressivo personale.

Per oltre quarant’anni, Monet dipinse ininterrottamente quadri di ogni tipo, molti dei quali incentrati sulle migliaia di ninfee osservabili in giardino. Costantemente insoddisfatto dei risultati riprodotti sulla tela, il ciclo pittorico arrivò a coinvolgere centinaia di opere che ottennero tutte il favore della critica e del pubblico.

I quadri vennero infatti esposti per la prima volta nel maggio del 1909, in occasione di una mostra personale organizzata nella Galleria Durand-Ruel.

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DEA / A. DAGLI ORTI//Getty Images

Le Ninfee di Monet per l’Hôtel de Brion di Parigi

Le tele prodotte nella casa di Giverny non furono tuttavia le uniche Ninfee di Monet. Consci che un ciclo così esteso di opere avrebbe potuto avere senso solo se riunito in un unico spazio espositivo, i critici convinsero il pittore a dar vita a un nuovo progetto: la realizzazione di dodici monumentali quadri con il medesimo soggetto.

L’iniziativa si svolse nell’ottobre del 1920 e venne pensata per essere conservata senza limiti di tempo in un nuovo locale da costruire appositamente presso l’Hôtel de Brion di Parigi.

L’intera gestazione venne osservata e raccontata da numerosi giornalisti tra cui René Gimpel e François Thiébault-Sisson. Sono proprio i loro articoli, infatti, a permetterci ancora oggi di dare la corretta interpretazione alle monumentali opere di quattro metri di estensione ciascuna.

Contrariamente al volere dell’artista, però, le nuove Ninfee di Monet trovarono spazio nell’Orangerie des Tuileries: il giardino del palazzo del Louvre su cui si affacciano due grandi sale ovali.

Qui, appese una accanto all’altra, le tele ricoprono per intero tutto lo spazio disponibile sulle pareti. In questo modo lo spettatore ha la possibilità di immergersi nello spettacolo di colori e luci realizzato dal pittore, rimanendo estasiato dall’eleganza e dal vigore delle sue pennellate.

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Mondadori Portfolio//Getty Images

Impressionismo o opere astratte?

Oltre che per la loro bellezza percepibile anche da un occhio inesperto, le Ninfee di Monet sono importanti anche per la possibilità che offrono allo spettatore di osservare l’evoluzione pittorica e il tormento creativo del paesaggista. Tutto ciò, peraltro, è possibile all’interno di un ciclo unitario che copre circa quarant’anni della sua lunga carriera, dal già citato 1883 al 1926, data della sua scomparsa.

Nelle tele, infatti, Monet abbandona progressivamente qualsiasi schema preimpostato in materia di composizione, permettendo al suo estro di scorrere libero da vincoli e regole. Il soggetto, inoltre, smette di essere l'elemento centrale della rappresentazione. Al contrario, viene visto solo come uno stimolo attraverso cui dar vita a una visione che, in molti casi, assume tratti indistinguibili.

Proprio per questo, molti storici dell’arte trovano che in Ninfee Monet abbia dato i primi segnali dell’Astrattismo. Il paesaggio non ha più quell’ampio respiro che caratterizzava le opere giovanili del maestro. Qui il pittore predilige i primi piani e annulla i riferimenti spaziali, dando vita a raffigurazioni visionarie e quasi metafisiche.

All’osservatore viene richiesto inoltre un notevole sforzo per separare le piante dai loro riflessi sull’acqua, resi con pennellate lunghe senza più alcuna ambizione di raccontare una storia. Le impressioni diventano così cromatismo astratto e i soggetti, deducibili solo dai titoli dei quadri, scompaiono dalla tela per lasciare il posto ad accostamenti cromatici onirici.