Giornata Mondiale contro l’AIDS 2023: a che punto siamo?

PUBBLICATO IL 01 DICEMBRE 2023

L’1 dicembre, come di consueto, viene celebrata in tutto il mondo la giornata della lotta contro l’infezione da HIV e l’AIDS, ricordando che, oggi, nel mondo, vivono 39 milioni di persone con l’infezione, 9 milioni delle quali senza accesso alle cure. 

La professoressa Antonella Castagna, primario dell’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e ordinaria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, illustra la situazione attuale, le terapie a disposizione e le sfide che ci attendono.

Inoltre, per l’occasione, quest’oggi presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele si tiene l’incontro HIV infection: no one left behind, in cui gli esperti faranno il punto sui successi raggiunti con l’introduzione della terapia antiretrovirale e sulle sfide importanti che ci attendono.

 

La situazione nel Mondo e in Italia

Nel 2022 si sono verificate 1.300.000 nuove infezioni; ogni settimana si sono infettate 4mila donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni, in gran parte nell’Africa Sub-Sahariana. Preoccupanti i dati provenienti dall’Europa dell’Est e dall’Asia Centrale dove si è osservato nel 2021 un incremento delle nuove diagnosi del 48% e del 32% rispetto ai dati del 2010. 

In Italia, grazie al precoce e universale accesso alla terapia antiretrovirale e alla disponibilità della profilassi pre-esposizione per le persone ad alto rischio di contrarre l’infezione, finalmente rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale, il numero delle nuove infezioni si va riducendo: nel 2022 sono state riportate 1.888 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 3,2 nuovi casi per 100mila residenti

La proporzione di nuovi casi attribuibile a trasmissione eterosessuale è del 43%, quella in maschi che fanno sesso con maschi è del 40,9% e quella attribuibile a persone che utilizzano sostanze stupefacenti per via endovenosa è del 4,3%. 

 

Campagne di sensibilizzazione e il progetto HIV-HOTE

Vi è un ritardo diagnostico considerevole, purtroppo anche in Italia: 

  • in oltre il 40% dei casi la diagnosi è stata posta già in presenza di una immunodeficienza severa; 
  • nel 28% dei casi la diagnosi di infezione da HIV coincide con la diagnosi di AIDS. 

In questa condizione, la strada per il recupero immunologico può essere più difficile, così come la qualità e l’aspettativa di vita: da qui l’importanza di campagne di sensibilizzazione per favorire l’accesso al test, al fine di far emergere il sommerso e coinvolgere nel test anche i gruppi di persone più difficili da raggiungere. 

“Che nessuno resti indietro” questo è il messaggio che il progetto HIV-HOTE lancerà nel 2024 per portare il test per HIV rapido e gratuito anche all’interno delle unità ospedaliere del San Raffaele.

 

L’acronimo U=U

La storia dell’infezione da HIV è costellata di successi terapeutici e oggi l’acronimo U=U (Undetectable = Untrasmittable), che ha visto l’alleanza tra comunità scientifica e comunità delle persone che vivono con l’infezione da HIV, sottolinea un’acquisizione scientifica solida e una conquista irrinunciabile. 

U=U (in italiano Non rilevabile = Non trasmissibile) indica le persone con infezione da HIV che assumono in modo stabile e regolare la terapia antiretrovirale e hanno una viremia plasmatica negativa, per cui non trasmettono l’infezione ad altri per via sessuale

 

Quali sono i farmaci a disposizione dei pazienti

“Oggi, esistono a nostra disposizione farmaci antiretrovirali efficaci e ben tollerati, che prevedono la somministrazione di una sola compressa al giorno

Nell’ultimo anno si sono resi disponibili farmaci long-acting, la cui concentrazione plasmatica rimane stabile nel tempo tanto da consentire la somministrazione intramuscolare ogni 2 mesi, con un potenziale molto elevato di riduzione dello stigma, ancora oggi pesantemente associato alla diagnosi di infezione da HIV, e di migliorare la qualità di vita. 

Abbiamo poi nuovi farmaci con nuovi meccanismi di azione, destinati a frange fortunatamente esigue di persone che ospitano un virus multi-resistente ai farmaci disponibili e hanno opzioni terapeutiche limitate, a causa di diversi fattori, tra cui la lunga esposizione e la scarsa aderenza alla terapia antiretrovirale”, sottolinea la dottoressa Castagna.

 

Quali sono oggi le sfide più importanti

“Oggi, le sfide più importanti sono tante. Tra queste:

  • ridurre a zero il numero delle nuove infezioni: deludenti sono, almeno fino ad oggi, i progressi nell’ottenere un vaccino per la prevenzione dell’infezione da HIV; grandi sono invece i successi ottenuti con la profilassi pre-esposizione (PReP) delle persone ad alto rischio di contrarre l’infezione da HIV. Oggi la PReP viene effettuata con farmaci somministrati per via orale, ma è stato recentemente approvato in Europa l’utilizzo di un farmaco, inibitore dell’integrasi virale in formulazione long-acting, che speriamo di avere presto anche in Italia;
  • prevenire e gestire le comorbidità, ossia la presenza concomitante di più disturbi, che penalizzano la qualità di vita della persona con infezione da HIV. Primo fra tutti l’aumento significativo di malattie cardiovascolari e neoplasie, almeno in parte attribuibili alla persistenza di un processo di infiammazione cronica e immunoattivazione, presente anche dove il controllo della replicazione virale è completo e stabile nel tempo;
  • da ultimo, sicuramente l’obiettivo più importante, trovare la cura definitiva dell’infezione da HIV. È uno scenario ancora povero di certezze, ma il fermento è grande: nel nostro centro è in corso lo studio CORE 007, volto ad esplorare il potenziale applicativo di un vaccino terapeutico in persone con infezione da HIV, in soppressione virologica.

Vi è stato nelle ultime settimane un susseguirsi di risultati derivanti dalle numerose ricerche in atto: 

  • delusioni legate alla possibilità di applicare nell’infezione da HIV la strategia del gene editing, per intervenire in maniera precisa, trovare e correggere gli errori genetici nel DNA; 
  • speranze alimentate dall’utilizzo dell’anticorpo monoclonale che blocca il recettore PD-1, nel ritardare la ripresa della replicazione virale in persone che, all’interno di uno studio clinico, hanno interrotto la terapia antiretrovirale. 

Per concludere, molto è stato fatto, ma moltissimo rimane da fare” conclude la specialista.

Cura e Prevenzione