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Politica

Irrilevanza Pd: Renzi contento che la sua linea di opposizione abbia prevalso, ma nel partito ormai ce ne sono almeno due...

Remo Casilli / Reuters
Remo Casilli / Reuters 

"Tocca a loro: hashtag #toccaaloro". Sono le 11, a Palazzo Madama l'aula ha appena cominciato a votare sul nuovo presidente. L'esito è scontato dopo l'accordo notturno tra centrodestra e cinquestelle: Elisabetta Alberti Casellati. Matteo Renzi si affaccia alla buvette per fare colazione con Francesco Bonifazi, Tommaso Cerno e altri fedelissimi. Per ogni domanda, tre parole di risposta, sempre le stesse: "Tocca a loro". Alla fine della maratona sui presidenti, Renzi è soddisfatto perché la linea di opposizione da lui impostata subito dopo la debacle elettorale del 4 marzo ha avuto ragione sui fatti e sul Pd. Nel partito però girano musi lunghi.

"Siamo condannati all'irrilevanza", ci dice un esponente non renziano dietro anonimato. E si aspetta che esploda la guerra interna, in vista dell'assemblea nazionale che già sembra slittare addirittura dopo le prossime amministrative, non più ad aprile dopo le consultazioni sul governo. Ma prima ci sarà da salire al Colle per il giro di colloqui di Sergio Mattarella con i partiti. E prima ancora c'è da eleggere i capigruppo, martedì pomeriggio. Ancora non c'è un accordo chiuso. Ma Renzi insiste sulla coppia Marcucci-Guerini (quest'ultimo non è certissimo di accettare) rispettivamente per Senato e Camera. I non-renziani tentano la resistenza.

La storia è sempre quella, esacerbata dalla sconfitta elettorale. Ormai si discute sulle ceneri (politiche, s'intende). Eppure si discute. Stamane per esempio prima dell'assemblea dei gruppi parlamentari, riuniti in vista del voto finale sulle presidenze, la discussione ha avuto luogo nel nuovo 'caminetto' Dem, nato mercoledì sera con l'assenza di Renzi, Boschi e Lotti e replicato di nuovo oggi nella stessa formazione. C'erano Martina, Guerini, Zanda, Orfini, Delrio, Rosato. La proposta renziana era di scegliere Matteo Richetti come candidato di bandiera per la presidenza del Senato. Non è passata. Sono stati passati al vaglio altri nomi, tra cui Roberta Pinotti e la senatrice a vita Liliana Segre, che ha fatto però pervenire la sua indisponibilità a fare la 'bandiera' del Pd. Alla fine la mediazione è stata trovata intorno ai due vicepresidenti uscenti: Roberto Giachetti per la Camera e Valeria Fedeli per il Senato.

Fedeli: con tutte le critiche che ha ricevuto da ministro, in molti al Senato si chiedono perché. Se glielo si chiede a Renzi, lui risponde così: "Io sto alla larga, alla larghissima" dalla partita sui presidenti delle Camere, "stanno decidendo i caminetti". Poi corre a correggere: "Ce l'avevo con i caminetti del M5s e del centrodestra...".

Sia come sia, anche alla luce dell'elezione di Casellati al Senato e del pentastellato Roberto Fico alla Camera, nel Pd già si intravvedono scampoli di discussioni future. Soprattutto per 'l'effetto Fico' sui Dem. Negativo sui renziani. Positivo sui non-renziani.

I primi bollano l'accordo tra centrodestra e M5s come "Grillusconi", così lo battezza Marcucci. "Nasce la maggioranza Di Maio-Salvini con Berlusconi ruota di scorta - dice Guerini - Il Pd farà l'opposizione".

Mentre il reggente del partito Martina trova nel primo discorso di Fico da presidente delle "parole sfidanti. Accettiamo la sfida al cambiamento". E Francesco Boccia, area Emiliano, dice: "Abbiamo un presidente di sinistra...".

Può darsi che il dibattito interno non abbia il tempo di esplodere nei prossimi giorni, fino all'elezione dei capigruppo o fino alla scelta dei due vicepresidenti di Camera e Senato che spettano al Pd. I nomi sono quelli di Ettore Rosato (area Renzi) per la Camera e Anna Rossomando (area Orlando) per il Senato. Ma non è detto che vada così.

Intanto Renzi, pur da ex segretario, non molla la presa sul partito. "Ho fatto i complimenti alla presidente del Senato – dice dopo l'elezione di Casellati - lo stile del Pd è stato super-istituzionale, si sono alzati tutti in piedi alla proclamazione. Il Pd ha 52 senatori e ha votato compatto".

Magra consolazione. "L'elezione di oggi fotografa esattamente i rapporti di forza politici emersi dalle elezioni", dice sconsolato l'ex capogruppo Dem Zanda. Una fotografia facilmente riscontrabile in aula, ma anche in Transatlantico e alla buvette. E' qui che dopo la colazione Renzi incrocia Salvini, sulla soglia della porta. Un saluto fugace e se ne va. Molti cronisti restano alla buvette per l'altro Matteo.

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