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Politica

Silvio Berlusconi in campo: torna il terzo incomodo

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Ci sono tre leader che santificano il venerdì di Pasqua con un profluvio di parole. Per due, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non è una novità. È il terzo a deflagrare d'improvviso nel già faticoso dibattito su un ipotetico governo gialloverde: Silvio Berlusconi.

Un ritorno in grande stile sulla scena pubblica. Che spariglia i giochi e rende quasi trascurabili le pungolature sui quali i leader di M5s e Lega si stanno rincorrendo senza sosta in queste ore. Una vera è propria strategia in quattro mosse.

Uno: fa filtrare di puntare a una piena riabilitazione politica dalla Corte di Strasburgo, un ritorno in piena regola al centro della scena politica. Due: pubblica un intervento sul sito di Forza Italia nella quale elogia il metodo che ha portato all'elezione dei presidenti delle Camere, spiega che "bisogna raccogliere una maggioranza parlamentare intorno a un programma e a un premier in grado di realizzarlo, senza pregiudizi di schieramento", ma ne rivendica la guida per il centrodestra. Tre: manda in avanscoperta i suoi ad annunciare che guiderà la delegazione azzurra al Colle. Quattro: dirama una nota in cui usa termini dai significati stratificati e dai livelli di lettura complessi per gli osservatori della politica. La premessa è quella di una "legislatura difficile". Le strade indicate sono quelle della "larga condivisione" e il dovere di dare risposte da parte di "tutte le forze politiche responsabili".

Come tirare una pedata sul castello di sabbia costruito faticosamente dai trenta/quarantenni nel loro gioco della sedia per non rimanere in piedi fuori da Palazzo Chigi. Perché l'appello ai responsabili e all'ampia condivisione è impregnato di un sapore quasi quirinalizio. Come a intravedere il fallimento di tutte le ipotesi di accordo tra i partiti sul governo, anticipando una soluzione guidata dalla sapienza di Sergio Mattarella, che tenga dentro il ventaglio più ampio possibile di partiti a sostegno di un esecutivo benedetto dal Colle.

Soprattutto perché il lavorio dei 5 stelle in vista di un'intesa politica per sbloccare l'impasse con le camicie verdi è finalizzato in particolar modo a anestetizzare la presenza di Berlusconi. Poco prima dell'uno-due tra intervista e nota, uno dei consiglieri più vicini a Di Maio per la prima volta apriva informalmente alla presenza di Forza Italia nella futura maggioranza parlamentare. Spiegando che si stava cercando una "soluzione legata a creatività e fantasia, tenendo dentro figure tecniche vicine a Forza Italia o ministri azzurri che possano essere ascrivibili alla Lega". Aggiungendo che proprio dal Carroccio si confidava in una soluzione, "come hanno saputo fare con l'elezione dei presidenti delle Camere", sapendo che i tempi saranno lunghi e che si arriverà a un secondo round di consultazioni. Tempo sufficiente, a dire dei 5 stelle, a far decantare la situazione aprendo una fase nuova.

Tutto spazzato via da un Berlusconi che rivendica la propria centralità di leader, facendolo con un ecumenismo che spazza via la voglia di una convergenza a due auspicata dalla war room stellata. L'ex Cavaliere non rinuncia affatto al proprio ruolo, ma concede a Salvini il ruolo di guida nelle interlocuzioni con gli altri partiti. A questo proposito, l'altro Matteo oggi ha affermato di ritenere che una possibile vittoria del centrodestra alle prossime elezioni regionali possa essere un segnale importante nelle valutazioni che dovrà fare il Colle. Un passaggio apparentemente demagogico, ma che nasconde un dato non di poco conto.

In Molise – dove avvantaggiati sembrano i grillini – si voterà appena il 22 aprile. In Friuli Venezia Giulia – vero riferimento di Salvini, dove i sondaggi accreditano una vittoria schiacciante per il suo uomo, Massimiliano Fedriga – addirittura il 29. Rivelando così che la Lega ha ben chiaro che da qui a dopo Pasqua nessun accordo verrà chiuso, e che i tempi per la formazione dell'esecutivo andranno per le lunghe. Arrivando addirittura a maggio.

Mentre si continuano a rincorrere le voci di un incontro fra il segretario della Lega e il capo politico del Movimento fra martedì e mercoledì, fra i due è andata in scena una lunga giornata di tira e molla. Il leader del Carroccio ha continuato nelle sue (parziali) aperture al reddito di cittadinanza, preannunciando che la settimana prossima presenterà una proposta per un "reddito di avviamento al lavoro". Ma ha anche rivendicato per il centrodestra la guida del futuro governo, brandendo lo spettro di elezioni anticipate in caso di mancato accordo. È stato lo stesso Fedriga, poco dopo, ad esplicitare il concetto: "Se Di Maio si impunta sulla premiership è più facile che torniamo al voto".

Tutto questo perché a metà pomeriggio sul Blog delle stelle era uscito un post che metteva ancora una volta i puntini sulle i: "Luigi Di Maio unico candidato premier per il governo". Al momento i 5 stelle non si schiodano da lì. "Rivendicare la poltrona di Palazzo Chigi – spiega un uomo dell'inner circle – è l'unico modo che abbiamo di garantire il gruppo parlamentare e gli elettori su intese altrimenti indigeribili. Per dire io mi prendo quei voti, ma per fare questi 5, 10 punti che servono a tutti i cittadini. In caso contrario non lo reggeremmo".

Intanto le struppe stellate stanno mettendo in campo un piano d'attacco sui vitalizi. I componenti dell'ufficio di presidenza della Camera, guidati da Roberto Fico, subito dopo le vacanze pasquali avvieranno le procedure per arrivare a un'abolizione o a una forte riduzione. Un terreno teoricamente comune con la Lega. E sul quale Forza Italia ha sempre espresso parere contrario. Proprio nei giorni in cui Berlusconi salirà al Colle. Da dove guarderà divertito i due litiganti. I quali oggi sono stati avvertiti: senza il Cavaliere non si possono fare i conti.

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