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Politica

Molise e governo, la doppia ansia di Ivrea

ANSA
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Ansia da Molise. A Ivrea, la terra di Olivetti, anticamera delle Alpi. Sembra paradossale, ma nella corsa al governo di Luigi Di Maio una delle più piccole regioni italiane diventa uno snodo cruciale. Anche qui, dove ha seguito in prima fila l'intera mattinata di panel della seconda edizione di Sum - la kermesse dell'Associazione Gianroberto Casaleggio - la concentrazione è sbilanciata in direzione del voto di domenica prossima. "Non possiamo permetterci passi falsi - è il ragionamento fatto con i suoi - dobbiamo metterci tutti la testa, è fondamentale".

Un vero e proprio ordine di scuderia. Perché dal Friuli Venezia Giulia si aspetta una semplice ratifica della vittoria del centrodestra a trazione leghista (si vota la settimana successiva). E se l'appena riunita coalizione dovesse affermarsi anche dalle parti di Campobasso, sarebbe un segnale assai negativo in chiave esecutivo, in una fase in cui le sliding doors si aprono o si chiudono per il refolo di una sfumatura e la sbavatura di un dettaglio.

Perché a Ivrea il governo dei desideri ancora non c'è. Davide Casaleggio apparentemente se ne infischia. Convoca un punto stampa, per la prima volta si presta a qualche domanda. Suo padre cosa avrebbe detto dell'alleanza con i partiti? "Sono molto contento di essere qui, e di poter affrontare i temi del nostro futuro". Ieratico, schivo. Circondato da tutto lo stato maggiore della piattaforma Rousseau, Pietro Dettori, Enrica Sabatini e Massimo Bugani, con lui fin dal mattino. Sorride, si concentra sulla giornata, evita accuratamente la politica.

Ma qui è tutto politica. "È dura, ieri è stata una bella botta", ammette a denti stretti anche chi ha molta confidenza con Casaleggio jr. Il riferimento è a Matteo Salvini, al suo ricompattamento del centrodestra, che andrà unito al Quirinale. Il capo politico arriva intorno alle 10.30 alle Officine H, allestite con un gioco elegante di bianchi e neri in cui balenano fasci di luci rosse. Non una parola ai cronisti. Si accomoda e ascolta lo studioso di filosofia destrorso Diego Fusaro, sente gli applausi fragorosi che la platea gli tributa quando attacca la sinistra e le sue politiche su lavoro e immigrazione.

I suoi colonnelli spargono ottimismo, spiegano che è una fase, che il tempo lavorerà a favore del Movimento, mentre sul palco si alternano gli ospiti, e a mezza bocca qualcuno dice che "preferivo il panel dell'anno scorso". Al Colle è stato chiesto ancora tempo, prefigurando un altro giro di consultazioni interlocutorio. Il capo politico 5 stelle ha tenuto all'ora di pranzo un breve punto stampa. Insistendo sul contratto alla tedesca come bussola dell'offerta di governo, e registrando "le evoluzioni" negli altri partiti: "Ho accolto come un passo avanti le dichiarazioni di Maurizio Martina. A Salvini invece ricordo che se sale al Colle con il 17% o con il 37%, comunque non ha i numeri per governare da solo".

"Bene, il centrodestra è unito. Ma dove va unito, non ha i numeri", ragiona uno dei più alti in grado nella gerarchia stellata. Poi gli occhi gli si fanno stretti, la mascella si indurisce: "Il loro vero obiettivo è la testa di Luigi". L'immagine è iconica: sopra di lui su un enorme manifesto campeggia uno degli slogan della kermesse: "Oltre il domani".

Parafrasando, si può dire che oltre l'incontro con Salvini, ancora non cancellato dall'agenda fra mercoledì e giovedì, e oltre un nuovo passaggio con Sergio Mattarella, c'è il Molise. Il piccolo Molise, che tanto preoccupa la war room stellata. Perché potrebbe dare la spintarella decisiva al masso che finora corre su un crinale. Per capire: da quelle parti il 4 marzo il centrodestra venne umiliato: appena il 30%, quindici punti percentuali sotto ai 5 stelle. Eppure gli ultimi sondaggi pubblicati parlavano di un testa a testa. E i nuovi dati affluiti hanno fatto pendere gli angoli della bocca ulteriormente verso il basso. I

Ecco che Di Maio ha preso in mano la situazione. Due giorni, lunedì e martedì, di massima esposizione mediatica in giro per la regione. Perché, paradossalmente, dal destino del primo governatore del Movimento potrebbe dipendere inesorabilmente quello del primo premier a 5 stelle.

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