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Politica

Congresso per chiudere il 'forno M5s': nel Pd cala l'ipotesi Martina segretario, fino alle primarie pieni poteri a Orfini

Laura Lezza via Getty Images
Laura Lezza via Getty Images 

"Avviare subito la fase congressuale, con primarie in autunno", dice Marco Di Maio intervenendo all'assemblea dei gruppi parlamentari del Pd subito dopo Dario Franceschini. Sì, anche il Pd ha un 'Di Maio', naturalmente antitetico rispetto al Luigi del M5s. Il deputato in questione è infatti un esponente dell'area di Maria Elena Boschi e la sua richiesta di lanciare subito il congresso, invece che eleggere un segretario all'assemblea del 21 aprile, segnala la volontà dei renziani del Pd di chiudere il 'forno di dialogo' che il leader pentastellato vorrebbe aprire con i Dem sul governo. All'assemblea Matteo Renzi non si presenta, ci sono però sia Boschi che Lotti. Il congresso subito (da statuto, dal 21 aprile ci sarebbero 4 mesi di tempo per avviarlo) prende quota anche nella minoranza: è questa la novità. Farebbe decadere tutti gli organismi dirigenti, a cominciare dal reggente Maurizio Martina, e assegnerebbe pieni poteri al presidente Dem Matteo Orfini, contrarissimo a qualsiasi forma di dialogo con il M5s.

C'è questo sullo sfondo, mentre, alla vigilia del secondo giro di consultazioni con Mattarella, il Pd tenta la discussione nella riunione dei deputati e dei senatori al Nazareno. L'ipotesi del 'congresso entro l'anno', intimamente legata alle scelte sul governo, non è più solo una richiesta renziana. Anche per la minoranza orlandiana Martina – che solo la settimana scorsa sembrava saldamente avviato verso l'elezione a segretario in assemblea - è diventato un candidato "non adatto a gestire questa fase complicata", ci dice una fonte. C'è chi pensa ancora di convincere Graziano Delrio a candidarsi, ma finora il neoeletto capogruppo alla Camera si è detto indisponibile a correre per la segreteria. A fronte di questo no e scartate le altre ipotesi pure esplorate (per esempio la carta Ettore Rosato), resta all'orizzonte il congresso. Due candidati sono già in pista: il renziano Matteo Richetti e Nicola Zingaretti per la minoranza non-renziana, e chissà chi altri. Con primarie in autunno o al massimo all'inizio del 2019: in tempo per le europee di maggio. Le liste verrebbero decise dal nuovo segretario: bocconcino goloso per tutte le aree del partito.

Ancora non c'è nulla di ufficiale, ma il congresso oggi prende quota anche per via dell'ultimo segnale di avvicinamento tra Lega e Cinquestelle: l'elezione del leghista Giancarlo Giorgetti alla presidenza della commissione speciale sul Def. Niente da fare per il candidato Dem Francesco Boccia. Benzina per la tesi renziana: "C'è già un accordo spartitorio tra Lega e Cinquestelle", dice Ettore Rosato. "Fanno finta di litigare ma l'accordo c'è ed è confermato dall'elezione della commissione speciale della Camera", è sicuro il capogruppo al Senato Andrea Marcucci.

All'assemblea dei deputati e dei senatori, chi nel Pd avrebbe voluto aprire al M5s ci arriva senza benzina. Tanto che la discussione, pur chiesta da Franceschini prima del primo giro di consultazioni al Colle, non produce novità, se non uno scontro tra Franceschini e Orfini. Il primo la mette così: "Nessuno ha vinto per governare il paese. Io penso che non basti più assistere. La prima fase è stata giusta ma adesso dobbiamo prepararci alla seconda fase. Non sto proponendo il governo con i Cinque Stelle, ma dobbiamo impedire un governo tra Lega e M5s. Perché non ci infiliamo nelle loro contraddizioni? Perché non diciamo 'siamo pronti a dialogare con chi condivide i nostri quattro punti' e vediamo come funziona? Non c'è solo la possibilità di andare al governo, si può graduare l'opposizione a seconda del numero dei punti condivisi. In politica c'è anche la riduzione del danno al Paese".

Ma Orfini gli risponde senza mezzi termini: "Non possiamo non stare all' opposizione. Qui nessuno pensa che voi vogliate fare i ministri in un governo Di Maio ma dobbiamo chiudere il ragionamento di Dario ricordando che il 50% degli italiani ha votato i sovranisti. Noi li abbiamo contrastati nella legislatura scorsa, oggi hanno l'onere primo di tentare di governare l'Italia".

Il reggente Martina cerca di rappresentare le posizioni di tutti. Parte dal "Pd sta sulla linea decisa dalla direzione del 5 marzo" e cioè l'opposizione: "Non siamo noi a poter esprimere una opzione di governo". Ma la conclude dicendo che "non stiamo sull'Aventino, il Pd interpreta una posizione limpida: noi siamo parte di un'iniziativa che non starà mai alla finestra, non saremo indifferenti a ciò che accade". Persino Boccia però deve registrare che sul dialogo con il M5s "oggi è prematuro dire ci stiamo", anche se "non possiamo permetterci di dire 'non ci stiamo e basta'".

Per dire che per il Pd è finito il tempo della responsabilità al governo, Rosato arriva anche a dire che il Pd ha sbagliato ad appoggiare Monti nel 2011. "Nell'unico incontro tra Pd e M5s abbiamo registrato la strafottenza dei loro capigruppo", rincara la dose Marcucci intervenendo in assemblea, "il punto è che hanno vinto le elezioni e noi dobbiamo costringerli a governare". Perché la convinzione dei renziani del Pd, suffragata dai contatti con i parlamentari di Forza Italia, è che alla fine il veto di Di Maio su Berlusconi verrà superato da Berlusconi stesso, con un passo indietro dell'ex Cavaliere, un lasciapassare per Salvini affinché faccia un governo con il M5s, un appoggio esterno garantito da Fi, a distanza per non turbare i pentastellati. Tutto per non tornare al voto, opzione che finora, da Mattarella in giù, piace solo al leader leghista.

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