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Politica

Nemmeno i missili di Trump smuovono i partiti sul governo: tutti aspettano Mattarella e c'è chi pensa al governo di tutti...

Handout . / Reuters
Handout . / Reuters 

Nemmeno i missili di Trump su Damasco riescono a smuovere le forze politiche italiane sulla formazione di un governo dopo il voto del 4 marzo. Eppure di urgenza ha parlato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ieri, al termine del secondo giro di consultazioni al Quirinale. Niente. A parole, l'urgenza viene raccolta, ne parlano sia Matteo Salvini che Silvio Berlusconi, ma nei fatti non ci sono passi in avanti. In altri tempi, di fronte ad un'escalation militare come quella partita stanotte da Washington, si sarebbe già parlato di governo di unità nazionale. Ma questo non succede. O meglio: il governo di tutti o di responsabilità nazionale resta all'orizzonte, ma nessuno tra le forze politiche se lo intesta, nemmeno Pd e Forza Italia che sarebbero favorevoli. Mai come oggi, l'iniziativa viene lasciata al Capo dello Stato.

Mattarella, che stamattina ha sentito il premier Paolo Gentiloni sull'attacco statunitense, aspetterà il dibattito di martedì in Senato sulla Siria prima di compiere il suo prossimo passo formale. Forse già martedì sera, visto che le circostanze internazionali non permettono dilazioni. Ma non prima di martedì: la crisi siriana, ribadiscono dal Colle, non porta il capo dello Stato ad accelerare e prendere decisioni nel weekend.

E sarà Gentiloni a riferire all'aula, in seguito all'attacco aereo della scorsa notte e in risposta alla richiesta avanzata da tutti i partiti nell'ultimo dibattito a Palazzo Madama mercoledì scorso. Non ci sarà un voto, ma il dibattito sì. Sarà importante, anche ai fini del rebus italiano sul governo. Servirà infatti a dare una fotografia formale delle posizioni dei gruppi parlamentari sulla crisi internazionale in Siria. E chissà che vengano fuori sorprese.

Che sia solo dimostrativo o peggio l'inizio di una terza guerra mondiale, l'intervento militare statunitense non piace a nessuno tra i partiti italiani. Salvini, il più vicino a Trump (e Putin) tra i leader italiani, lo definisce "pericolosissimo" e dice addirittura di apprezzare "l'operato di Gentiloni degli scorsi giorni e di queste ore: il suo equilibrio e la sua misura".

Da parte sua, il premier stamane ha sentito l'omologa britannica Theresa May, alleata di Trump nel raid notturno insieme a Macron. Fitti i contatti con Berlino, dove Angela Merkel condivide l'approccio italiano e dove si prova a rilanciare un "format internazionale" sulla Siria, d'accordo con Parigi. Ad ogni modo, Gentiloni mette in chiaro che l'attacco "non è partito da basi italiane", auspicando che "non ci sia un'escalation".

Luigi Di Maio non condanna l'attacco, anzi ribadisce che si deve "restare al fianco dei nostri alleati" del Patto Atlantico, ma chiede che si fermino le armi, spazio alla diplomazia dell'Onu in una Europa "unita". Berlusconi non si pronuncia sull'intervento militare ma coglie la palla al balzo per dire che "dovremmo con sollecitudine avere un nostro governo. Questa crisi deve accelerare la sua formazione".

E' un fritto misto che però contiene un approccio comune: diverse gradazioni di imbarazzo o contrarietà rispetto all'azione di Trump. Anche il Pd, che ribadisce (come Di Maio) l'appartenenza dell'Italia all'alleanza Atlantica ("Non è in discussione la collocazione internazionale dell'Italia", sono le parole del coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini), lontano da microfoni e taccuini si pone il problema che sull'altra sponda dell'Atlantico oggi c'è Trump, avversario dei Dem. E lì negli Usa i Dem sono furiosi per la scelta del presidente di bombardare. Come uscirne?

Ufficialmente Forza Italia rilancia su un governo di centrodestra. Salvini chiede a Berlusconi e Di Battista di smetterla con gli insulti reciproci sperando in un incontro con Di Maio: domani saranno insieme al Vinitaly a Verona, ma non è affatto detto che sia questa l'occasione per un colloquio approfondito. Berlusconi lo snobba: "Parliamo di cose serie...". Il Pd, che ieri ha rinviato la sua assemblea nazionale anche per apparecchiare una posizione più flessibile sul governo, mette nel conto una disponibilità al governo di tutti ma non lo vede all'orizzonte.

Nessun passo in avanti, nessun cedimento. Tutti aspettano Mattarella per giocare su un campo nuovo, forse inedito. Se sarà governo di tutti, certo nemmeno Pd e Forza Italia vogliono proporlo ora: lasciano l'iniziativa al capo dello Stato. Ma se sarà così, quello della Lega e quello del M5s resterà un no secco?

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