Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Politica

Il Pd prepara lo scongelamento verso il M5s con la non belligeranza di Renzi: se fallisce Casellati, scatta l'ora della responsabilità

Mario Carlini - Iguana Press via Getty Images
Mario Carlini - Iguana Press via Getty Images 

Da quando stamane il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato mandato alla presidente del Senato Maria Alberti Casellati di verificare l'esistenza di una maggioranza di governo tra centrodestra e M5s, il Pd si è messo in movimento. Come se si sentisse chiamato in causa già da ora, eppure sulla carta non lo è. Ma è chiaro a tutti tra i Dem, a partire dal segretario dimissionario Matteo Renzi e dal reggente Maurizio Martina, che se il mandato della Casellati dovesse fallire, lo schema quirinalizio cambierà e allora sì che sarà chiamato in causa il Pd. Ecco perché, già da oggi, con tutti i condizionali del caso sul futuro prossimo, il Pd si prepara a scongelare il suo sì ad un governo con il Movimento cinque stelle. Il pressing nel partito è forte anche da parte dei renziani di seconda fascia sul capo Renzi, da sempre contrario ma la novità è che stavolta potrebbe dire sì: potrebbe definitivamente scongelare l'Aventino del Pd.

Chiaramente con delle condizioni. La prima è: non con Luigi Di Maio premier. E poi, elencano i renziani più incalliti, "i cinquestelle dovrebbero rivedere i giudizi dati su di noi, dovrebbero riconoscere il programma del governo di centrosinistra...". Insomma, messa così, è difficile che la situazione si sblocchi. Ma nel Pd tutti sanno che l'ora della responsabilità sta per scoccare e tutti sono d'accordo sul fatto che non la si può affrontare impreparati e sull'Aventino. Bisogna scendere.

Tra i parlamentari in Transatlantico a Montecitorio girano varie ipotesi, tra cui anche quella di un prossimo incarico al presidente della Camera Roberto Fico per verificare, dopo l'eventuale fallimento di Casellati, l'esistenza di una maggioranza di governo tra M5s e Pd. Non è detto che vada esattamente così. Ed è prematuro, segnalano alti dirigenti Dem, pensare allo stesso Fico come premier di un governo democratico-pentastellato.

E' ovvio che, prima di decidere la prossima mossa, Mattarella vuole capire cosa emergerà dal mandato di Casellati. Niente si può dare per scontato. Il punto è che nel Pd, tra una congettura e un'altra sui modi e sui tempi, si prepara però un punto di approdo eventuale nel merito: se non ci sarà maggioranza tra centrodestra e M5s e nemmeno tra la sola Lega e M5s, se insomma il mandato di questa settimana dovesse fallire, allora i Dem faranno la loro parte per prendersi una responsabilità di governo anche con i cinquestelle.

Certo oggi i renziani più ortodossi non hanno perso occasione per 'bombardare' ancora il quartiere pentastellato. "Oggi il capogruppo 5 stelle in Senato è tornato a parlare della nostra disponibilità a sostenere un governo Di Maio – scrive su Facebook il capogruppo Dem al Senato Andrea Marcucci - Toninelli sa benissimo che il forno con il Pd è chiuso, anzi non è mai stato aperto. Dicano se sono in grado di formare un governo con il centrodestra". Il senatore Dario Parrini, anche lui fedelissimo renziano, parte dai punti programmatici precisati ieri da Martina, "che proporremo alla presidente Casellati", per concludere: "Il nostro programma è totalmente incompatibile con sparate propagandistiche come il reddito di cittadinanza e l'abolizione della Fornero. Riaffermare le ragioni del riformismo contro quelle della demagogia è un dovere".

Ecco, però nemmeno Di Maio sta parlando più di reddito di cittadinanza. Quanto all'abolizione della Fornero sembra sia rimasta appannaggio programmatico solo di Matteo Salvini. Ma a parte il programma, sul quale il Pd chiederebbe delle garanzie forti, il ragionamento che sta facendo maturare la svolta tra i Democratici va anche per esclusione.

Se davvero il mandato a Casellati si concluderà con un nulla di fatto, spazzando via dal campo l'ipotesi di un governo tra Lega e M5s oltre che tra M5s e tutto il centrodestra, cosa rimane sul campo? Anche l'ipotesi di un governo di tutti, sul quale il Pd si preparava a dire sì, ad una più attenta analisi delle ultime ore sembra scomparsa dall'orizzonte degli approdi finali di questa crisi. Basterebbe il no di Salvini per farla naufragare. E il no di Salvini su questa opzione c'è: lui guarda alle europee, alle brutte stare all'opposizione fino a quel momento gli spiega le vele, per come la vedono nella Lega. Se non c'è il governo di tutti, cosa rimane?

Escluso il voto, almeno dall'orizzonte del Pd che non è affatto interessato a tornare alle urne così presto, sul campo resta la possibilità di un governo con chi ci sta. E a quel punto, fatte salve le condizioni di cui sopra, ci potrebbero stare i Dem, i cinquestelle, Leu e una pattuglia di centristi. Non a caso, qualche giorno fa, Pierferdinando Casini ha lodato "l'impegno atlantico" del M5s sulla crisi siriana. Forza Italia sarebbe fuori gioco, visto il no del M5s ad un accordo con Berlusconi: anche oggi lo ripetono in tutte le lingue.

Ovvio che la virata Dem non si potrebbe fare senza l'ok di Renzi: basta una manciata di no tra i suoi a far naufragare tutta l'operazione che da tempo è in cantiere nel Pd. Solo che doveva maturare. Ci hanno provato Dario Franceschini e lo stesso Martina con la parte definita più 'dialogante' nel partito. Ma con una tempistica che non indovinava i tempi di Renzi. Troppo presto. E ora, prima si aspetta di capire se davvero fallisce l'operazione fortemente voluta da Silvio Berlusconi di stringere un accordo di governo di tutto il centrodestra con il M5s. Se, come sembra, non andrà in porto, entra in campo il Pd tutto, da Renzi in giù.

Chissà se c'entra il pranzo di Luca Lotti con il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri due settimane fa. Il ministro dello Sport giura di no: "Un incontro come un altro", ha detto l'altro ieri. Ad ogni modo, la svolta verrebbe costruita sulla base di richiami alla responsabilità che nei prossimi giorni saranno pressanti, non solo da Mattarella ma anche da autorevoli dirigenti del centrosinistra, prevedono del Pd.

Walter Veltroni, per esempio, l'ha detto subito dopo le elezioni, in un'intervista al Corriere della Sera: "Dialogo tra il M5s e il Pd sotto la regìa di Mattarella". Ecco: che lo si voglia definire un programma, una semplice idea oppure addirittura una profezia, ci si sta arrivando.

Spiega Piero Fassino all'agenzia Dire: "Ci si rende conto che bisogna dare un governo al Paese e Mattarella è giustamente preoccupato perchè il prolungamento logora il rapporto tra cittadini e istituzioni. Credo che il Presidente della Repubblica stia agendo nel modo migliore" e se dovesse saltare l'accordo Lega-M5s, "si apre una nuova fase, quindi si discute: non prefiguriamo formule che al momento non ci sono. Da 40 giorni M5s e centrodestra stanno cercando un accordo, sia nella versione con la coalizione che solo con la Lega. Fin qui non ci sono riusciti ma ora i tempi si stanno stringendo. Noi da subito abbiamo detto una cosa di buonsenso: ovvero che chi aveva avuto più voti avrebbe avuto il dovere di formare il governo, altrimenti si sarebbe aperto un altro scenario".

'L'altro scenario' ha cominciato ad aprirsi sulla questione siriana. Quando Trump ha bombardato Damasco, le distanze tra Pd e M5s si sono accorciate tanto quanto si sono allungate quelle tra M5s e Lega. E Mattarella non ha mai fatto mistero dell'esigenza di dare al paese un governo in linea con le alleanze storiche del Belpaese, europeista, solido in diplomazia. Ieri a Strasburgo la delegazione pentastellata si è persino congratulata con il discorso di Emmanuel Macron all'Europarlamento. Si sa che il presidente francese è un partner in Europa per i renziani del Pd e si è già aperta una competizione con i cinquestelle su chi fa prima ad allearsi con En Marche alle europee. Chissà: un governo sostenuto sia dai Dem che dai 5s potrebbe anche servire a sciogliere questo nodo o a stringerlo ulteriormente.

Formalmente intanto Renzi si mantiene distante. Oggi se n'è tornato a Firenze da dove posta foto su Facebook: "Dite quello che volete. Ma le mattinate di primavera a Firenze sono una delle cose più belle del mondo. Buona giornata amici".

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione