Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Politica

Il pm Nino Di Matteo sulla sentenza Trattativa Stato Mafia: "C'è bisogno di un pentito di Stato"

Simona Granati - Corbis via Getty Images
Simona Granati - Corbis via Getty Images 

"I carabinieri non hanno agito da soli. Non abbiamo avuto prove concrete per agire nei confronti dei livelli più alti. Noi riteniamo che i carabinieri siano stati incoraggiati a fare una trattativa. Ho sempre sperato che quei carabinieri avrebbero dato un contributo ulteriore di conoscenza. Il fatto che siano stati condannati solo i carabinieri non significa che il livello politica non fosse a conoscenza o fosse il mandante. Ci vorrebbe un pentito di Stato, qualcuno che appartiene alle istituzioni che faccia chiarezza". Lo dice Nino Di Matteo, pm della direzione nazionale antimafia, intervistato a '1/2h in più' su Rai3 sulla trattativa Stato-mafia.

"Ho sempre creduto nella fondatezza della nostra tesi accusatoria. Avevamo la consapevolezza di aver fatto il nostro dovere e di aver fatto emergere fatti mai emersi. La sentenza non ci coglie di sorpresa. È stata emessa da una corte particolarmente qualificata, attendiamo le motivazioni, ma un punto fermo è importante: nel momento in cui la mafia faceva 7 stragi e ne falliva altre, c'era qualcuno nelle istituzioni che trattava con i vetrici e trasmetteva le richieste per far cessare la strategia stragista", continua Di Matteo. "E' un punto importante - ha spiegato - che può costituire un input per la riapertura anche delle indagini sulle stragi che probabilmente non furono opera solo di uomini di 'Cosa nostra'".

"La sentenza è precisa e ritiene che Dell'Utri abbia fatto da cinghia di trasmissione nella minaccia mafiosa al governo anche nel periodo successivo all'avvento alla Presidenza del Consiglio di Berlusconi. In questo c'è un elemento di novità. C'era una sentenza definitiva che condannava Dell'Utri per il suo ruolo di tramite tra la mafia e Berlusconi fino al '92. Ora questo verdetto sposta in avanti il ruolo di tramite esercitato da Dell'Utri tra 'Cosa nostra' e Berlusconi", ha detto Di Matteo.

"Dal processo viene fuori un quadro, c'era una parte dello Stato che ha preferito trattare con la mafia. Dell'Utri ha fatto da cinghia di trasmissione tra politica e mafia. Dovrebbe essere spunto di riflessione per ulteriori approfondimenti perché dopo il fallimento dell'attentato allo stadio Olimpico la mafia si fermò con le stragi, adottando una strategia di sommersione", ha aggiunto Di Matteo."Il reato contestato è minaccia a corpo politico dello Stato, i mafiosi hanno minacciato a suon di bombe e richieste. Uomini delle istituzione hanno concorso nel reato dei mafiosi facendo da tramite tra mafiosi e Governo. Ogni volta che è stato cercato il dialogo con la mafia si è rafforzato il prestigio di Cosa Nostra. Trattare con la mafia non è neutro ma rafforza la mafia".

"Quello che mi ha fatto più male è che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante e chi speravamo ci dovesse difendere è stato zitto. A partire dall'Anm e il Csm", ha detto il pm della Dna intervenendo alla trasmissione "1/2 ora in più". L'Associazione Nazionale Magistrati in serata ha replicato dicendo che "ha sempre difeso dagli attacchi l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati". Lo ha detto il presidente dell'Anm, Francesco Minisci, in una nota che pur non facendo diretto riferimento a Nino Di Matteo suona in realtà come una replica alle parole di oggi del pm della DNA e pm al processo di Palermo sulla trattativa Stato-Mafia. "Lo ha fatto - prosegue Minisci - a favore dei colleghi di Palermo e continuerà sempre a difendere tutti i magistrati attaccati, pur non entrando mai nel merito delle vicende giudiziarie".

Quanto ai suoi rapporti con M5S, "non mi devo difendere da niente. A Ivrea ho partecipato a un dibattito a organizzato da un'associazione legata ai 5 stelle, sarei andato ad altri dibattiti organizzati da altri partiti. Mio ingresso in politica? "Ho sempre detto che non vedo nulla di scandaloso se un magistrato con determinati paletti possa dismettere la toga e dare un suo contributo al Paese soprattutto nei settori che conosce sotto un'altra veste, partecipando alla vita politica e accettando incarichi di governo. Credo, però, debba essere regolata meglio la possibilità di tornare in magistratura". Il magistrato ha ribadito di non aver avuto alcuna richiesta da nessuna forza politica. "Se qualche forza politica manifesta stima per me non posso impedirlo, né me ne vergogno", ha detto a proposito degli apprezzamenti espressi nei suoi confronti dai 5 Stelle.

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione