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Esteri

Papa Francesco e la sindrome cilena

Alessandro Bianchi / Reuters
Alessandro Bianchi / Reuters 

Papa Francesco incontrerà individualmente, uno per uno, nel fine settimana, le tre principali vittime di abusi sessuali da parte di padre Fernando Karadima in Cile. Sono passati tre mesi dopo lo scoppio del "caso Barros", dopo che le accuse di "copertura" al vescovo di Osorno, Juan Barros - uno degli allievi di Karadima - hanno funestato la visita apostolica del Pontefice in Cile. Dopo che il Papa si è trovato costretto a chiedere scusa per alcune sue valutazioni e a ordinare un'inchiesta sul campo, chiamando a Roma a metà maggio tutti i vescovi del Cile.

Le tre vittime (Juan Carlos Cruz, Andrés Murillo e James Hamilton) sono a Roma già da sabato scorso, ospiti della Casa Santa Marta, accolti nella stessa residenza del papa, come gli ospiti di riguardo, dopo che per anni erano stati accusati dalla stessa gerarchia cilena di rappresentare un male per la Chiesa.

Una dichiarazione del portavoce della Sala Stampa vaticana, Greg Burke, ha reso noto stamattina che il Papa li "ringrazia per aver accettato l'invito". Poi, la nota spiega con precisione lo spirito dell'iniziativa: Francesco "desidera chiedere loro perdono, condividere il loro dolore e la Sua vergogna per quanto hanno sofferto e, soprattutto, ascoltare tutti i loro suggerimenti al fine di evitare che si ripetano tali fatti riprovevoli. Il Papa riceverà le vittime individualmente, lasciando parlare ciascuno di loro tutto il tempo necessario".

La Dichiarazione si conclude con il pensiero del Papa rivolto al suo previsto incontro con i 32 vescovi dell'Episcopato cileno tra il 14 e il 17 maggio prossimo: "Il Santo Padre chiede preghiere per la Chiesa in Cile in questo momento doloroso, auspicando che questi incontri possano svolgersi in un clima di serena fiducia ed essere un passo fondamentale per rimediare ed evitare per sempre gli abusi di coscienza, di potere e, in particolare, sessuali all'interno della Chiesa". E qui la Nota ribadisce i concetti chiave contenuti nella lettera del Papa ai vescovi cileni dell'8 aprile, e cioè, che bisogna lavorare per sanare e guarire le ferite del corpo ecclesiale e della società causate da "gli abusi di coscienza, di potere e sessuali".

Tutto a posto, dunque? Non esattamente.

Perché la contemporanea presenza a Roma per i lavori del cosiddetto Consiglio della corona di Francesco, il cosiddetto C9 dei cardinali che lo aiutano nel governo della Chiesa universale, riunito per continuare i lavori sulla riforma della Curia, ha fatto sì che sia in Vaticano in queste stessi giorni anche il cardinale Francisco Javier Errázuriz, indicato dalle vittime di Karadima come uno dei principali "insabbiatori" del caso Barros. Accuse pubblicamente avanzate fin dal maggio 2014 davanti al Comitato contro la Tortura dell'Onu di Ginevra anche dallo Snap, l'associazione americana delle vittime sessuali dei preti.

Secondo quanto riportato dal maggiore organo di informazione cileno "La Tercera", Cruz addirittura avrebbe avuto un incontro casuale con il cardinale nei pressi dell'Ambasciata del Cile, dove tutti e due si stavano recando. Cruz racconta di un incontro piuttosto teso. "È furioso - racconta Cruz - Sta facendo pressioni, sta facendo lobby, è disperato, l'uomo non sa più cosa fare, perché sta venendo tutto giù". In ogni caso Cruz confida che qualche cosa di buono derivi dall'incontro con il Papa. Lo vedrà domenica pomeriggio, quando Francesco ha liberato completamente la sua agenda per poterci parlare. Probabilmente ci sarà un incontro con tutte e tre le vittime insieme lunedì. Ma Cruz dichiara alla Reuters: "Buone e belle parole non taglieranno via tutto questo. Bisogna agire concretamente. Non c'è più tempo, i vescovi che hanno "intossicato" l'informazione che è stata data al Papa devono essere messi da parte. Gli ho detto: Santo Padre, non voglio essere usato come uno strumento di pubbliche relazioni".

A nessuno sfugge infatti che questi incontri con le vittime cilene avverranno poche ore prima di un altro appuntamento caldo: in Australia, il magistrato di Melbourne, il 1 maggio prossimo, dirà se un altro membro del C9 di Francesco, il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria dell'Economia, dovrà andare processo per abusi sessuali che avrebbe personalmente commesso nel passato. Accuse che Pell ha veementemente negato.

Facendo un parallelo con la "sindrome cinese" (titolo del famoso film che faceva riferimento ad una teoria secondo la quale in caso di un incidente a una centrale nucleare, con fusione del nocciolo del reattore, questo fonderebbe perforando la crosta terrestre, fino dall'altra parte della Terra, fino alla Cina), si potrebbe dire che la "sindrome cilena", potrebbe innescare una reazione a catena nella Chiesa cattolica.

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