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Politica

La rossa Bologna inizia a guardare il giallo delle stelle

Roberto Serra - Iguana Press via Getty Images
Roberto Serra - Iguana Press via Getty Images 

Il "rosso" dell'Emilia Romagna oggi è un colore sbiadito. La regione "a tinta unita", un tempo cuore pulsante della sinistra italiana, non è più un monolite. Il rosso si è mescolato al verde della Lega e soprattutto al giallo del Movimento 5 Stelle, primo partito anche in Emilia alle ultime elezioni politiche. Il centrodestra è stato la prima coalizione, ma i grillini hanno staccato il Pd di un punto percentuale. Nel Pd emiliano si è aperta una riflessione sul da farsi, su come comportarsi di fronte all'offerta grillina di andare al governo insieme. Il Pd emiliano conta 42 mila iscritti, di cui circa 15 mila nella sola provincia di Bologna, tra le maggiori federazioni d'Italia. Un peso specifico considerevole nelle scelte del partito, che nella direzione del prossimo 3 maggio deciderà se sedersi al tavolo con Luigi Di Maio. L'ala "dialogante" in questi giorni si sta allargando.

Al livello locale, quasi tutto lo stato maggiore del partito ufficialmente tace. L'unico a esporsi è stato il sindaco di Bologna, Virginio Merola, che due anni fa ha toccato con mano l'indebolimento della sinistra nella sua città. Merola è stato rieletto al ballottaggio sconfiggendo la leghista Lucia Borgonzoni, fedelissima di Matteo Salvini e oggi senatrice. Durante le celebrazioni per il 25 aprile, il primo cittadino si è espresso in modo chiaro. Bisogna confrontarsi con i Cinque stelle "sui programmi e sulle cose da fare per il Paese mettendo da parte i nomi". Una linea opposta rispetto a quella enunciata subito dopo il voto, quando Merola aveva detto no a ipotetiche alleanze con i grillini.

A Bologna città c'è una contrapposizione di vecchia data tra il vertice del partito e il sindaco. Il numero uno del Pd è il deputato Francesco Critelli, che al congresso nazionale aveva sostenuto Andrea Orlando e oggi si è avvicinato a Renzi. Sarebbe stato proprio l'ex segretario dem a chiedergli di candidarsi. Critelli non si è ancora pronunciato sull'ipotesi di scendere a patti con i grillini, ma chi conosce il Pd bolognese ritiene improbabile che Critelli si discosti dall'"Aventino" indicato da Renzi. La componente renziana si è però spaccata subito dopo il voto. Un esempio è l'ex senatrice Francesca Puglisi, in rotta con il segretario dimissionario dopo le polemiche sull'eccessiva presenza di uomini nelle liste: "I programmi sono senz'altro distanti, ma il Pd ha il dovere di andare a verificare se ci sono cose utili da fare per il Paese". A Bologna si è schierata per l'apertura anche la prodiana Sandra Zampa, mentre la linea dell'opposizione è stata finora difesa dal deputato Andrea De Maria. Molti militanti non si sono ancora fatti un'opinione: "Si dice sì o no sulla base di proposte concrete e chiare, in questo momento manca la chiarezza sul da farsi", spiega la presidente della direzione cittadina, Giuliana Sabattini.

Il presidente della Regione Stefano Bonaccini non commenta l'ipotesi di alleanza con i Cinque Stelle. Ma in viale Aldo Moro, sede della Regione, si sussurra che l'amministrazione stia dando segnali di "scongelamento". La vice presidente Elisabetta Gualmini, tra le prime a sostenere la linea del dialogo, ha ripetuto che "a determinate condizioni" il dialogo con i grillini è possibile". I partiti rappresentati in consiglio regionale hanno letto con interesse le dichiarazioni rilasciate oggi da Raffaele Donini, già numero uno del Pd a Bologna e oggi assessore ai Trasporti. Donini, considerato un fedelissimo di Bonaccini, fa parte dell'area vicina a Maurizio Martina. L'assessore ha sottolineato le forti contrapposizioni tra M5S e Pd, ma poi ha aggiunto: "Un governo al Paese bisognerà pur darlo perché l'alternativa a questo scenario sono le elezioni anticipate, che potrebbero di nuovo non risolvere i problemi". Il segretario regionale del Pd è Paolo Calvano, che proviene dal gruppo legato a Dario Franceschini, ferrarese. Calvano ha affidato il suo pensiero a Facebook, ammettendo che il partito è combattuto sul da farsi. L'apertura, seppur timida, però arriva: "Siamo consapevoli che il nostro 18 per cento ci consentirebbe di condizionare ogni azione di governo che volesse portare l'Italia fuori dall'Europa, o che volesse riportare indietro le lancette sui vaccini, o che volesse inventare un reddito di cittadinanza", anziché rafforzare gli strumenti di sostegno già esistenti.

Nelle altre città sono in pochi a esporsi. A Reggio Emilia, città di Delrio, governa il Pd con Luca Vecchi, e nessuno scommette sul fatto che il sindaco si discosterà dalla linea renziana. A Rimini e a Ravenna governano rispettivamente Andrea Gnassi e Michele De Pascale. Entrambi sono considerati vicini al presidente Bonaccini. De Pascale nell'ultimo periodo ha però criticato il modo in cui Renzi ha gestito il Pd. Il sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, è invece considerato piuttosto estraneo alla logica delle correnti. Oggi ha aperto al dialogo con i grillini, per evitare guai peggiori: "Prima dei calcoli di partito viene l'interesse del Paese. Non credo che un governo M5S-Lega sarebbe nell'interesse dell'Italia e nemmeno le elezioni anticipate". Sugli amministratori pesa anche il timore che un accordo tra leghisti e grillini possa pesare sulle prossime elezioni nei Comuni. In Emilia la maggiore città al voto è Imola: "Qui stiamo costruendo una coalizione di centrosinistra completamente alternativa rispetto al Movimento", dice l'ex sindaco Daniele Manca, oggi senatore. Se eventuali trattative non saranno precedute da una seria discussione politica, aggiunge Manca, "si rischia di non tornare nelle nostre città, dove ci hanno votato per non far governare i 5 Stelle".

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