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Esteri

"Trump resta a casa": i palestinesi preparano l'accoglienza al presidente Usa

Getty Images
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È bastato ventilare la possibilità per accendere la miccia che potrebbe trasformare quella inaugurazione nell'inizio di una nuova Intifada. "Potrei partecipare all'inaugurazione" ha ventilato ieri Donald Trump nel corso della conferenza stampa congiunta alla con la cancelliera tedesca Angela Merkel. A quel che risulta ad HuffPost, la presenza del presidente Usa il 14 maggio prossimo all'inaugurazione dell'ambasciata statunitense a Gerusalemme è più che una ipotesi, è una quasi certezza. A confidarlo sono fonti governative dello Stato ebraico. I contatti, rivelano, si sono fatti sempre più serrati e a perorare la presenza di Trump il 14 maggio, sono gli uomini dell'amministrazione Usa più vicini a Israele, a cominciare dal consigliere presidenziale alla Sicurezza nazionale, John Bolton. Un altro deciso sostenitore della presenza di The Donald il 14 maggio a Gerusalemme è il consigliere - e genero - del presidente Usa, Jared Kushner (ebreo ortodosso).

Dell'importanza della presenza di Trump all'inaugurazione ha parlato anche il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, negli incontri da lui avuti con Bolton e il segretario alla Difesa americano, il generale James Mattis. Nella conferenza stampa di ieri, dicendo che gli è stato presentato un progetto per l'immobile da oltre un miliardo di dollari, Trump ha spiegato di avere reagito affermando: "Di che parlate?", come a dire che la cifra era astronomica. Spiegando di aver a quel punto chiamato l'ambasciatore in Israele, "un grande avvocato che ama Israele", il leader Usa ha aggiunto che il diplomatico gli ha promesso di poter costruire un'ambasciata per 150.000 dollari. "Abbiamo già un edificio, abbiamo un terreno. Posso prendere una parte dell'edificio, sistemarla, renderla bellissima e aprirla in tre mesi anziché in 10 anni", ha aggiunto Trump dicendo che la spesa finale dovrebbe essere tra i 300-400.000 dollari. "Potrei andare", ha detto l'inquilino della Casa Bianca, in riferimento all'inaugurazione. "Sarà bellissima. Sarà temporanea ma potrebbe essere per molti anni a venire", ha aggiunto Trump.

Dalle indiscrezioni raccolte da HP negli ambienti governativi a Gerusalemme, i problemi legati alla presenza di Trump non dipenderebbero tanto da problematiche politiche quanto alle misure di sicurezza, imponenti, che dovrebbero fare di Gerusalemme, non solo il 14 maggio ma diversi giorni prima, una città super blindata. Di certo, per Benjamin Netanyahu, primo ministro d'Israele, la presenza dell'"amico Donald" sarebbe una vittoria politica e personale come poche altre in passato; una vittoria che riporterebbe alle stesse un indice di gradimento interno fortemente intaccato negli ultimi mesi dalle inchieste giudiziarie aperte nei suoi confronti. Di segno opposto è la reazione palestinese. "La presenza di Trump sarebbe una sfida al popolo palestinese e al mondo arabo e musulmano che non accetterà mai l'israelizzazione fi Gerusalemme – dice ad HP Hanan Ashrawi, più volte ministra palestinese, oggi esponente di primo piano dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) -. Con la scelta su Gerusalemme – aggiunge Ashrawi, raggiunta telefonicamente nel suo ufficio a Ramallah – Trump ha dato un colpo mortale ad un accordo di pace fondato sulla soluzione a due Stati".

Le lancette del tempo tornano indietro, a quel 28 settembre 2000, giorno in cui l'allora candidato del Likud a primo ministro, Ariel Sharon, decise di sfidare i palestinesi con la passeggiata alla Spianata delle moschee, terzo luogo sacro dell'Islam dopo Mecca e Medina. Scortato da un migliaio di poliziotti in assetto di guerra, Sharon voleva con quell'atto lanciare un messaggio interno ed esterno: Gerusalemme, tutta Gerusalemme, non è materia negoziabile né oggi né mai. Quella passeggiata innescò la seconda Intifada, aprendo una stagione di sangue e di terrore – tra scontri e attentati, persero la vita 1726 palestinesi e 628 israeliani - che segnò la fine della speranza suscitata dagli accordi di Washington. La presenza di Trump a Gerusalemme, il giorno dell'inaugurazione dell'ambasciata avrebbe un impatto devastante sui palestinesi e nel mondo arabo e musulmano – avverte Saeb Erekat, storico capo negoziatore palestinese e oggi segretario generale dell'Olp - . Il clima è già infuocato, per i palestinesi il 15 maggio è il giorno della Nakba (Catastrofe, ndr) e con la sua presenza, il giorno prima, il presidente Usa rischia di far esplodere la rabbia e scatenare violenze. E' bene saperlo, prima che sia troppo tardi". Violenze che segnano i venerdì della rabbia nella Striscia. Scontri, vittime e feriti lungo la barriera tra la Striscia di Gaza e Israele, hanno caratterizzato il quinto venerdì di protesta sotto lo slogan della "Grande Marcia del Ritorno" voluta da Hamas.

Secondo il ministero della Salute di Gaza, sono almeno quattro i palestinesi rimasti uccisi e almeno 883 i feriti colpiti dal fuoco israeliano. Da parte sua l'esercito israeliano ha affermato che "decine di facinorosi armati di ordigni, bombe a mano e bottiglie incendiare" sono quasi riusciti ad aprire una breccia nel valico di Karni e sono stati bloccati in extremis. Dal 30 marzo sono morti 45 palestinesi nelle proteste indette per rivendicare il "diritto al ritorno". L'Alto commissario per i diritti umani dell'Onu e Amnesty International sono tornati separatamente ad accusare i militari israeliani di aver fatto "un uso sproporzionato della forza nei confronti di dimostranti disarmati". Il Centro di informazione sull'intelligence e il terrorismo (Iitc) di Tel Aviv, invece, ha pubblicato un'analisi secondo cui l'80 per cento dei primi 40 palestinesi uccisi sul confine erano "membri attivi o fiancheggiatori di gruppi terroristici".

Le proteste andranno avanti ogni venerdì fino al 15 maggio, giorno in cui i palestinesi ricordano la "Nakba", la "Catastrofe" della nascita dello stato di Israele. I leader di Hamas hanno spiegato che questi confronti settimanali sono solo una fase preliminare in vista della forte esplosione di collera popolare fissata proprio per il 15 maggio, 70esimo anniversario della nascita di Israele. Una esplosione che potrebbe deflagrare già il giorno prima, se Donald Trump presenzierà all'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme. "Con la sua presenza, Trump farebbe il regalo più gradito ai falchi dei due campi", si lascia andare un diplomatico occidentale di stanza a Gerusalemme. Nel frattempo, le forze israeliane hanno iniziato i lavori di preparazione per la costruzione di un nuovo quartiere di insediamenti su terra palestinese nella città di Sur Baher, a ridosso di Gerusalemme Est, secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz. Il giornale ha rivelato che il quartiere sarà costruito su lotti di terra palestinese confiscati negli anni '70 e sarà assegnato ai soldati israeliani in congedo. Le forze israeliane hanno iniziato a sradicare alberi di ulivo, piantati dai palestinesi nell'area, poiché stanno pianificando di stabilire 180 unità di insediamento facenti parte della prima fase del progetto.

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