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Politica

Alberto Asor Rosa: "La sinistra non ha impedito l'inabissamento del 'popolo' nella 'massa' e ha operato così il suo suicidio"

ANSA
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Il compito della sinistra è sovrumano: "Consiste nel tentare di ricostituire e rimettere in piedi un 'popolo', sottraendolo alla dissoluzione nella 'massa'". Per affrontare questa prova immane, secondo Alberto Asor Rosa, occorre chiedersi e chiarire "perché la sinistra, in tutte le sue forme, non abbia impedito la retrocessione e l'inabissamento del 'popolo' nella 'massa', anzi abbia favorito il formarsi e l'emergere della 'massa' come elemento costitutivo fondamentale del nostro modo di pensare, progettare e fare politica, operando così il suo suicidio". Critico letterario, teorico dell'operaismo, intellettuale storico della sinistra, più di recente anche narratore, Asor Rosa sostiene che nel dibattito pubblico c'è un equivoco generato da una parola spesso usata a sproposito, la parola populismo: "È un termine-concetto inappropriato alla materia che pretenderebbe di descrivere. Poiché il popolo, come realtà politica e sociale attivamente presente sul piano storico, sta uscendo di scena da parecchi decenni in tutte le democrazie del mondo occidentale, ma sopratutto in Italia".

C'era ancora il popolo, eccome, quando nel 1965, a trentadue anni, Asor Rosa scrisse la sua opera più riconosciuta, Scrittori e popolo, un saggio che generò grandi polemiche e discussioni, esaltazioni e ferite ("Asor Rosa è l'uomo che mi ha fatto più male in vita mia" disse Pier Paolo Pasolini). In esso, contestava il populismo degli scrittori italiani, da Giovanni Pascoli a Carlo Levi, responsabili di avere rappresentato un popolo artefatto, idealizzato, trasfigurato.

Lei che rapporto ha avuto con il popolo?

Nel popolo sono nato. Mio padre lavorava nelle ferrovie dello stato, mia madre era casalinga. Tutta la mia prima, fondamentale educazione è stata un'educazione popolare.

Ha messo al centro della sua teoria la classe operaia, ma, vivendo a Roma, gli operai li ha conosciuti?

Li ho conosciuti andando nelle fabbriche romane, tutt'altro che marginali, e in quelle delle zone limitrofe, nelle Marche, nell'Umbria. Distribuendo volantini, e discutendo con loro, quando era possibile farlo.

La letteratura come l'ha scoperta?

Sono stato adolescente negli anni in cui finiva la seconda guerra mondiale, tra la resistenza e poi l'immediato dopoguerra. Leggere, sotto la guida di ottimi professori, mi ha aiutato a vivere nel mezzo dei colossali sconvolgimenti di quegli anni.

La politica, invece?

Era un dato permanente, quotidiano. Entrava nella vita da tutte le parti, non c'era alcun bisogno di andarla a cercare.

Cosa cercava allora?

Mia madre mi spingeva a farmi valere a scuola, a essere sempre il migliore. Per anni, non ho pensato che a questo. Solo quando arrivai all'Università smisi di gareggiare con i compagni e cominciai a instaurare rapporti molto forti, dal punto di vista umano, politico, culturale.

Prima non aveva avuto amici?

No, li avevo avuti anche al liceo: non passavo di certo tutto il tempo a studiare. Andavamo a ballare, uscivamo. Alcune volte frequentavamo anche qualche casa di tolleranza.

Se lo è mai rimproverato?

La prostituzione era chiaramente una forma schifosa di soddisfacimento del desiderio sessuale maschile. Tuttavia, le consuetudini della gioventù degli anni cinquanta non hanno nulla a che fare con la nostra consapevolezza di oggi.

Ha sempre contestato il potere, eppure l'ha anche esercitato (nell'università, per esempio). Come si può essere, allo stesso tempo, contro e dentro il potere?

Quello all'università è stato il mio lavoro, ciò che ho fatto per sopravvivere. È stato un lavoro di educazione, di formazione e anche di contestazione culturale. Infatti, se uno andasse a riesaminare con attenzione la mia presenza accademica, scoprirebbe che i momenti di conflitto sono stati di molto superiori a quelli del consenso e del baronaggio, inteso in senso tradizionale.

Nel 1977, scrisse Le due società: un saggio che denunciava la distinzione tra garantiti e non garantiti. Perché il tema è ancora attuale?

Dopo vent'anni di operaismo si poteva constatare che, per certi versi, ed entro certi limiti, anche la classe operaia faceva parte del mondo dei garantiti, mentre i non garantiti non erano rappresentati da nessuno.

Non la ascoltò nessuno?

I dirigenti comunisti di allora lo considerarono un discorso non dico eversivo, ma certamente scandaloso: fuoriusciva totalmente dalla loro dimensione culturale e intellettuale.

Il reddito di cittadinanza può essere un rimedio per chi non ha altre garanzie?

È molto semplice: non so rispondere a questa domanda. La valutazione degli ultimi fenomeni italiani mi sfugge completamente. Le confesso un limite.

Le sfugge fino al punto di non sapere se il Movimento 5 stelle abbia a che fare con la sinistra?

Escludo radicalmente che ci sia questo rapporto. I 5 stelle hanno un'altra cultura, altre ambizioni, un altro modo di dirigere.

Da operaista, che effetto le ha fatto vedere gli operai votare per Donald Trump negli Stati Uniti, oppure per la Lega in Italia?

Fa parte di quel ragionamento che facevamo all'inizio: le classi sociali si sono ormai dissolte ed è prevalso un atteggiamento di massa. Gli operai oggi non si sentono più individui lavoratori: si sentono parte di questo indistinto elemento sociale che è la massa. Scelgono in base a ciò che sembra loro favorevole in quel momento, prescindendo da ogni considerazione di carattere più generale.

Le manca il tempo in cui non era così, cioè il novecento?

Sarebbe come chiedermi se mi manca la giovinezza, l'età matura, gli amori. Non ritengo sia una domanda che è possibile porre. Guardo quello che succede e trovo dei motivi per gratificarmi.

In cosa li trova?

Nella letteratura, soprattutto. Che è, ancora più che in passato, uno stimolo e una motivazione a sopravvivere. Leggere un libro come si deve, fa pensare di essere al di sopra della mediocrità quotidiana, lontano dalla ripetizione costante degli stessi atti, delle stesse parole, delle stesse consuetudini. In questo senso, aiuta a vivere.

E l'altra sua grande passione, la politica?

Mi gratifica molto di meno, anche se guardo ciò che succede, valuto i comportamenti dei nostri politici contemporanei e, quando riesco, prendo posizione.

Se pensa alle battaglie pubbliche della sua vita, si sente un vincitore o un vinto?

Né l'uno, né l'altro. Ho combattuto le battaglie in cui ho creduto. I risultati prescindono dalla mia e dalla nostra volontà. Stanno lì: non procurano né gioia, né scontento.

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