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Politica

M5s operazione rebranding: da forza di governo a di nuovo sulle barricate, per ottenere il voto subito. Ma serpeggia qualche malumore

Simona Granati - Corbis via Getty Images
Simona Granati - Corbis via Getty Images 

È il giorno della ristrutturazione del marchio. Dopo quasi due mesi di tentativi anche fortemente criticati (da avversari politici come da una fronda interna) di arrivare alla composizione di un governo, il Movimento 5 stelle ha rispolverato i panni barricaderi e scelto di andare alla lotta. Il mirino è fissato con decisione sul ritorno alle urne. Perché le speranze che il forno con la Lega torni a cucinare il suo pane sono ormai ridotte al lumicino. E Matteo Renzi ha seccamente affossato qualsivoglia ipotesi di accordo con il Pd.

La prospettiva è piuttosto oscura. Un governo benedetto dal Quirinale, magari solo per rifare la legge elettorale. O magari un'intesa tra centrodestra e Pd con un accordo su qualche punto specifico, o con un appoggio esterno. Prospettive che comunque vedrebbero Luigi Di Maio e i suoi confinati all'opposizione. Con il vecchio mantra politicista, ripetuto senza sosta dai vertici stellati, che a un inizio certo non corrisponderebbe fine altrettanto certa. Un onorevole di lungo corso fa un salto indietro nel tempo: "Vi ricordate di quando partì Enrico Letta? Tutti dicevano sarebbe durato un anno o due, e abbiamo visto come è andata a finire".

Se il successore di Paolo Gentiloni scavallasse l'anno o, peggio, le prossime elezioni europee, per il Movimento 5 stelle si porrebbe un problema non di poco conto. Intanto disperderebbe un enorme capitale di consenso confinandosi (o venendo confinato, a seconda delle versioni) ancora una volta all'opposizione. E sarebbe una pietra tombale per il capo politico e un pezzo consistente di classe dirigente, impossibilitata a quel punto a derogare alla regola del limite dei due mandati.

Dunque si punta alle urne. Più che mai il leader M5s ha sparato a palle incatenate in direzione del tanto corteggiato Matteo Salvini: "Non vuole andare a votare perché la Lega non ha soldi perché ha i conti bloccati – ha attaccato durante Porta a Porta - E ho anche il serio sospetto che ci sia legalmente un rapporto dove nel passato Berlusconi è intervenuto per aiutare economicamente la Lega". Parole pesantissime. Che hanno scatenato la reazione del leader del Carroccio: Chiunque parli di soldi, prestiti, fideiussioni, regali e ricatti inesistenti a me e alla Lega se finora è stato ignorato, da domani sarà querelato".

C'è un sospetto che si è inoculato come un virus nella dirigenza del Movimento: "Salvini ha contattato Matteo Renzi per assicurargli che non si tornerà al voto a breve". Ecco quindi il senso della denuncia pubblica di Di Maio: "In questi 55 giorni Renzi e Berlusconi si sono sempre sentiti, e anche Renzi e Salvini: l'unico obiettivo è non mandare al governo il Movimento cinque stelle. Vogliono fare un governo dell'ammucchiata Pd-Forza Italia-Lega". Ce n'è anche per il Pd, al quale rivendica una sofferta apertura e il successivo "sabotaggio" dell'ex segretario. C'è tutto l'armamentario anti-sistema delle grandi occasioni.

"Non si può votare a giugno, ma votiamo il prima possibile", ha spiegato il leader. E senza passare per una riforma della legge elettorale che potrebbe dare fiato alle trombe di un qualsivoglia esecutivo. Il nuovo voto "sarà il vero ballottaggio", perché "il sistema si è bipolarizzato". Una decisione che non è stata accolta plebiscitariamente nel Movimento. C'è una piccola fronda, ancora non organizzata. Composta da un lato da alcuni eletti, soprattutto all'uninominale, che vedono seriamente messa in discussione la possibilità di venire rieletti. E dall'altra da una per ora esigua componente di onorevoli di lungo corso che si sono sentiti tagliati fuori dalla gestione del post-elezioni. E che stanno cogliendo la palla al balzo per far passare la svolta di Di Maio come la certificazione del suo fallimento nel tentativo di raggiungere Palazzo Chigi. Ancora nulla rispetto al vero e proprio subbuglio scatenato dalla possibile intesa con il Pd. Ma è un seme che, se non sterilizzato, rischia di piantare radici più solide del previsto nel campo stellato.

Ma il dado è stato tratto. E cadendo dal bussolotto ha segnato il numero che corrisponde alle urne. Da ottenere il prima possibile, meglio se entro l'anno. Per evitare di essere marginalizzati. Per evitare che il sogno di tanti di entrare nella stanza dei bottoni si infranga su una regola voluta fortemente da Gianroberto Casaleggio. O che, cambiandola, si incrini una diga con effetti potenzialmente dirompenti.

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