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Politica

Il Monte nevoso era una zona di confine

Moro
Moro 

Fu proprio il 9 maggio 1978, il giorno del suo assassinio quarant'anni fa, che - in Jugoslavia - si svolse l'estremo tentativo di liberare Moro.

L'ammiraglio Fulvio Martini (che nel 1978 era numero due del Sismi) ha confermato alla Commissione Stragi, il 6 ottobre 1999, quello di cui aveva brevemente riferito nella sua autobiografia, "Nome in codice Ulisse", un libro significativamente dedicato al colonnello del Sismi Stefano Giovannone, capocentro a Beirut. E cioè che la mattina del 9 maggio del 1978 si era recato in missione in Jugoslavia per interrogare gli esponenti della RAF ( Rote Armee Fraktion ) che erano detenuti nelle carceri del maresciallo Tito, in paese che poteva fare da "cerniera" tra Est e Ovest, mentre era noto che all'epoca la Jugoslavia costituiva un punto di passaggio di molti gruppi terroristici.

I detenuti della RAF detenuti in Jugoslavia avevano affermato di aver avuto rapporti con le Br a Milano, e dovevano essere scambiati proprio il 9 maggio.

I rapporti tra Br e la RAF sono stati per quarant'anni "un mistero nel mistero" del sequestro Moro, cioè quella che Valerio Morucci ha ribattezzato "Operazione Fritz".

Oggi invece sappiamo - dopo i lavori della Commissione Moro2 e la decisiva testimonianza di alcuni cittadini che mai sono stati interrogati negli anni passati e tanto meno nell'immediatezza del sequestro in via Fani:

1) che almeno due terroristi della cosiddetta Baader Meinhof furono presenti in via Fani, facendo parte del commando.

2) che ben otto tedeschi furono visti risalire la penisola verso la Germania il 21 marzo 1978, 5 giorni dopo il sequestro di Moro ,su un' auto ed un pulmino.

3) che la targa di questo pulmino - è stato accertato- ha ricondotto ad una terrorista della Baader Meinhof , che aveva presso di sé una carta d'identità italiana dello stesso stock di altre rubate e ritrovate nel covo di via Gradoli e nell'appartamento di viale Giulio Cesare dove furono arrestati Valerio Morucci ed Adriana Faranda.

4) che in via Gradoli - vera cabina di regia del sequestro Moro e dove Moro non ha mai messo piede secondo le nuove analisi del DNA eseguite dal RIS dei Carabinieri- ha alloggiato per un certo periodo una coppia misteriosa che si proteggeva alla vista dei condomini uscendo e rientrando fino in casa indossando un casco e un giovane dai tratti somatici nord europei "dagli occhi di ghiaccio", che evitava con cura di scambiare anche solo un saluto con altri condomini.

5) che il bar Olivetti , all'incrocio tra via Stresa e via Fani, non solo era al centro di un vasto traffico d'armi anche in favore della RAF, ma il suo proprietario era stato coinvolto in Germania in una storia di riciclaggio di 8 miliardi di marchi.

Come mai allora e per tanti anni c'è stato tanto mistero sulla collaborazione tra Br e RAF, nonostante fosse nota fin dai primi anni Settanta la loro collaborazione nell'internazionale del terrore? E nonostante il sequestro Moro abbia ricalcato - anche nelle modalità di gestione mediatica (le foto polaroid del prigioniero) - quello messo a segno - sei mesi prima - dalla RAF contro il leader degli industriali tedeschi Hanns-Martin Schleyer, con lo stesso esito tragico?

Dopo quattro anni di lavoro della Commissione Moro-2 forse emerge la risposta a questa domanda. Gli investigatori impegnati sul caso Moro fin dall'inizio hanno ammesso con onestà davanti alla Commissione Moro-2 che a quei tempi si concentrarono su aspetti del caso immediatamente produttivi per le indagini. Resta il fatto che l'esclusione del coinvolgimento della RAF nel sequestro Moro, dei rapporti tra palestinesi e RAF, e servizi segreti tedesco-orientali, ha fatto parte di quella costruzione (avvenuta nell'arco di un decennio ) di una verità "accettabile" sul caso Moro, sia per gli apparti dello Stato italiano sia per gli stessi brigatisti condensata nella narrativa fin qui prevalente, e che solo adesso comincia a sgretolarsi.

Le varie sigle palestinesi, ed in particolare il FPLP, avevano infatti rapporti preferenziali e molto stretti con la RAF. Le segnalazioni di pericolo di un grave attentato in Italia pervenute al Sismi già nel febbraio 1978 e la trattativa che si cercò￲ di intavolare per la liberazione di Moro, con Abu Sharif e Wadi Haddad (che risiedeva a Berlino Est ), risultarono, secondo le conclusioni della Commissione Moro 2, "fortemente condizionate da questa dimensione di rapporti internazionali con le formazioni estremiste arabe. Dimensione così sensibile che fu sempre pubblicamente negata o ridimensionata".

Tra i documenti consegnati all'Archivio centrale dello Stato in seguito alla cosiddetta "direttiva Renzi" del 2014, che ha continuato nell'opera di desecretazione di documenti di intelligence utili per ricostruire gli anni delle stragi e del terrorismo, e che qui riproduciamo, uno reca l'intestazione "Ufficio R, reparto D, 1626 segreto".

E' datato 17 febbraio 1978 e proviene da Beirut, "fonte 2000". E' così importante che il giorno dopo, il 18 febbraio, viene nuovamente diramato con piccolissime varianti e identico contenuto.

Vi si legge:

Vicedirettore informato ALT. Mio abituale interlocutore rappresentante "FPLP" [Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, N.d.R. ] Habbash incontrato stamattina habet vivamente consigliatomi non allontanarmi Beirut, in considerazione eventualità dovermi urgentemente contattare per informazioni riguardanti operazione terroristica di notevole portata programmata asseritamente da terroristi europei che potrebbe coinvolgere nostro Paese se dovesse essere definito progetto congiunto discusso giorni scorsi in Europa da rappresentanti organizzazioni estremiste ALT. At mie reiterate insistenze per avere maggiori dettagli interlocutore habet assicuratomi che "FPLP" opererà in attuazione confermati impegni miranti escludere nostro Paese da piani terroristici genere, soggiungendo che mi fornirà soltanto se necessario elementi per eventuale adozione adeguate misure da parte nostra autorità. ALT.

Fine. Da non diramare ai servizi collegati OLP Roma".

Non c'è│ nessuna firma, ma a inviarlo è il capocentro a Beirut del Sismi, colonnello Stefano Giovannone, il "Lawrence d'Arabia" italiano, come era stato soprannominato. Giovannone era amico di Aldo Moro e ne rappresentava sul campo in qualche modo "la politica mediorientale". Giovannone fu infatti l'artefice del cosiddetto "Lodo Moro", il patto segreto stretto tra la nostra intelligence militare e i servizi segreti palestinesi per tenere indenne l'Italia da attacchi sul suo territorio, e di cui c'è il riferimento nelle ultime righe del telex che era rimasto finora segreto. Fu attraverso i suoi contatti a Beirut che Giovannone apprese, ben un mese prima dell'agguato di via Fani, della possibilità di "operazione terrorista" in Italia definita "di notevole portata".

Ancora oggi non sappiamo se furono condotte indagini per accertare quale fosse l'obiettivo dell'operazione, chi fossero i "terroristi europei" intenzionati ad attuare il "progetto congiunto", in quale sede quest'ultimo fosse stato "discusso in Europa da rappresentanti organizzazioni estremiste" e se l'informativa sia mai stata messa in relazione, da parte dei nostri apparati di intelligence, con il caso Moro.

Sicuramente si tratta di un documento di cui nella sua integralità la magistratura fu sempre tenuta all'oscuro, mai acquisito dalla Procura di Roma, fino al 16 marzo 2018 . Di certo c'è che adesso è stato consegnato nella sua versione integrale all'Archivio di Stato e alla Commissione Moro 2 .

Il FPLP, guidato da George Habbash , era l'organizzazione palestinese filomarxista che operava come snodo nel rapporto, talora conflittuale, della dirigenza palestinese con gli Stati dell'Europa orientale, da un lato, e con i movimenti estremistici finanziati da Libia e Iraq dall'altro, come quello di Wadi Haddad e poi Abu Nidal.

Secondo la testimonianza di Sharif in Commissione Moro-2 , (luglio 2017) fu Habbash che firm￲ il Lodo Moro.

Significativa la raccomandazione di tenere esclusi dall'informativa del 18 febbraio 1978 i servizi segreti "collegati OLP Roma".

I nuovi documenti evidenziano una costante interlocuzione tra i servizi italiani e quelli dell'OLP e, in parte, del FPLP, sia in relazione alla vigilanza su arabi e palestinesi ritenuti attivi in formazioni terroristiche, sia in relazione all'acquisizione di informazioni e notizie. Agli atti del Servizio militare, risultano ulteriori segnalazioni sul rapporto con i palestinesi anche per il periodo 1976-1977.

Di particolare interesse è una segnalazione di un servizio segreto collegato a quelli italiani, cioè un servizio segreto occidentale, del febbraio 1977, secondo la quale all'esponente del cosiddetto "Fronte del Rifiuto", Wadi Haddad - secondo notizie da confermare - "farebbe capo un vasto traffico [di] armamenti i cui intermediari apparterrebbero al gruppo terroristico (B)ader Mahinof [Baader-Meinhof] et Brigate Rosse italiane". La RAF era anche nota come banda Baader- Meinhof dal nome dei suoi fondatori.

Tra la documentazione, recentemente derubricata, c'è una nota del 3 maggio 1978 (mentre stava per chiudersi drammaticamente il sequestro

di Aldo Moro) che riferiva le confidenze della fonte "Ferraro " a proposito di un viaggio a Cuba di George Habbash, finalizzato a progettare un'azione a sostegno dei terroristi tedeschi, viaggio di cui "sarebbero al corrente esponenti dell'ultrasinistra italiana gravitanti nell'area dell'Autonomia Operaia italiana". Anche questo episodio, insomma, evidenzia ancora una volta l'esistenza di un'area, brigatista o erede di Potere Operaio, in stretti rapporti con le formazioni marxiste della galassia palestinese.

In ogni caso, un documento del 27 maggio 1978 segnalava che Hammad aveva riferito che le organizzazioni palestinesi più pericolose "erano quelle che facevano capo ad Abu Nidal e a Wadi Haddad, recentemente deceduto per malattia".

Quest'ultima organizzazione era "senz'altro da ritenere la più pericolosa, in campo operativo internazionale, in quanto è quella che mantiene i contatti, intesi nel senso più ampio, con le similari organizzazioni terroristiche non solo europee (IRA - Br ecc. ecc.) ma anche di altri Paesi extraeuropei tipo l'Armata Rossa Giapponese".

L'indicazione, peraltro, era stata confermata anche dalla fonte del SISMI "Damiano" che aveva raccontato che nel corso di una visita da poco resa da George Habbash, a Cuba, (la vicenda era già nota al SID proveniente dalla fonte "Ferraro") a Fidel Castro, quest'ultimo avrebbe espresso il suo vivo apprezzamento per gli ideali che ispirano la lotta politica delle Br, invitando i palestinesi a fraternizzare con i brigatisti rossi nel nome dei comuni ideali antimperialisti da cui traggono alimento le lotte sostenute da entrambi i movimenti.

Nel febbraio 2017, il Direttore del DIS (organismo di coordinamento dei servizi segreti italiani), prefetto Alessandro Pansa, ha tramesso alla Commissione parlamentare una nota che l'11 agosto 1978 il vicedirettore del Sisde, Silvano Russomanno, invi￲ al Segretario generale del CESIS. Russomanno riferiva che "secondo notizie provenienti da fonte estera attendibile esiste un piano di stretta collaborazione fra le Brigate Rosse e Giugno Nero al punto che i capi di questa ultima organizzazione - i quali sembra fossero già al corrente del piano relativo al rapimento dell'on. Moro - sarebbero stati informati dalle Br"

Il fatto che la RAF fosse gestita dalla STASI (il potente servizio segreto della Germania Orientale) è stato sostenuto dallo stesso suo capo Markus Wolf - e non si comprende perché non dovremmo credergli -, nel suo libro edito da Rizzoli nel 1997 dal titolo "L'Uomo senza volto".

"Mi riferisco - scrive Wolf - all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina e al sicario e terrorista free lance Illic Ramirez Sanchez (il cui primo nome, paradossalmente era un omaggio a Lenin) meglio noto come Carlos lo Sciacallo e al gruppo tedesco occidentale chiamato Rote Armee Fraktion (Frazione dell'Armata Rossa), o RAF, o ancora dai cognomi dei fondatori, banda Baader Meinhof. L'entusiasmo della HVA [cio│ il già citato Dipartimento azioni estere della Stasi, N.d.A. ] - continua il libro di Wolf - per queste forme di collaborazione variava da caso a caso, più di quanto a quel tempo mi fosse consentito esprimere. Nel 1969 il nostro residente al Cairo si mise in contatto con Yasser Arafat e con George Habbash, capo del più radicale Fronte per la Liberazione della Palestina.Ancora: "Nel 1972 Arafat si recò￲ in visita da Honecker e la Stasi ricevette l'ordine di iniziare una stabile collaborazione con l'OLP".

Il giudice Ferdinando Imposimato ha raccontato nel suo libro "I 55 giorni che hanno cambiato l'Italia" (2013) : "Markus Wolf mi aveva detto del leader palestinese (Habbash): "Costui negli anni '70 viveva a Berlino Est ed era gestito dalla Stasi. La figlia di Habbash era iscritta all'Università di Dresda"".

A quarant'anni dal sequestro, il "buco informativo" in cui finirono i nostri servizi informativi durante il sequestro Moro, nonostante i loro eccellenti contatti con i palestinesi , e lo stesso Giovannone (di cui non pu￲ essere messa in alcun dubbio la volontà di liberare il suo amico Aldo Moro), era dovuto all'azione dell' "Uomo senza volto", Wolf, il Lupo?

Fu la Stasi che esercit￲ò quell'influenza che "disattivò" l'operatività degli accordi tra i nostri servizi segreti e quelli palestinesi, proprio nel momento di maggiore bisogno, cioè nel corso del sequestro di Moro? Grazie ai rapporti esistenti tra Br e RAF, Wolf potè trovare il modo di agire per far "saltare" ogni forma di trattativa. Un' Italia con il PCI nell'area di governo sarebbe stata estremamente destabilizzante anche per il blocco orientale, come testimoniano i documenti raccolti negli archivi di Berlino da uno studioso italiano, Gianluca Falanga .

Il Monte Nevoso, la cima più alta del Carso, tra i due dopoguerra (dal 1920 al 1947) segnava il confine tra l'Italia e la Jugoslavia. Il Monte Nevoso per￲ò si si rivelò￲, ancora molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, durante i 55 giorni del rapimento Moro, una zona di confine. Come abbiamo visto fu fatto in Jugoslavia, il 9 maggio, l'estremo tentativo di salvare la vita al prigioniero Aldo Moro.

E per una coincidenza della Storia, in via Monte Nevoso, a Milano, il generale Dalla Chiesa, sei mesi dopo, il 1 ottobre 1978, scoprì che dossier scottanti della NATO erano finiti in mano alle Br.

(i tre articoli da "Moro, il caso non è chiuso", LINDAU, che sarà presentato al Salone del Libro di Torino il 10 maggio alle 17, SALA ROSSA)

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