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Politica

Martina segretario, Gentiloni candidato premier: accordo di massima nel Pd ma resta il nodo liste

Simona Granati - Corbis via Getty Images
Simona Granati - Corbis via Getty Images 

Maurizio Martina segretario, Paolo Gentiloni candidato premier. E' l'intesa di massima raggiunta nel Pd in vista dell'assemblea nazionale convocata a Roma il 19 maggio. D'accordo anche Matteo Renzi. Tutto tranquillo? No, resta il nodo delle liste: il segretario dimissionario chiede che, in caso di voto anticipato a luglio, le liste presentate il 4 marzo rimangano pressoché immutate, ammessi solo cambiamenti minimi. Il leader della minoranza interna Andrea Orlando invece chiede che vengano totalmente azzerate. In mezzo: il tempo. O meglio la mancanza di tempo, se davvero il governo del presidente non riceverà la fiducia del Parlamento e se si andrà al voto a luglio.

Proprio la possibilità che non ci sia il tempo per rimescolare le liste, infonde speranze al Nazareno. Cioè la speranza di trovare un'intesa da qui al 19 maggio. Ad ogni modo, su queste considerazioni ha fatto affidamento la riunione di tutto lo stato maggiore del Pd stamattina alla sede nazionale. Presenti il reggente Martina, Lorenzo Guerini, i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci, i ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini, Gianni Cuperlo, Marco Minniti, Piero Fassino, Roberto Giachetti e il vicepresidente della Camera Ettore Rosato.

Una 'riunione col botto', si potrebbe dire. Non per gli scontri interni (pare che oggi si sia respirato un clima di tregua rispetto alla infuocatissima direzione nazionale della scorsa settimana). Piuttosto perché proprio mentre erano riuniti, in via del Tritone, a due passi dal Nazareno, si è verificata l'esplosione che ha incendiato un bus del servizio di trasporto pubblico romano, bloccato il centro della capitale per ore e in qualche modo disturbato il vertice Dem. Perché al 'boom' tutti hanno pensato al peggio, si sono affrettati sulla terrazza per vedere meglio. Marcucci ha subito preso lo smartphone per girare un breve video. Il ministro dell'Interno Minniti, che era già in procinto di lasciare la riunione per altri impegni, si è precipitato sul luogo dell'incidente.

Non era terrorismo, per dare un nome al timore di tutti. Il vertice è andato avanti, sulla traccia che porterebbe all'elezione di Martina segretario all'assemblea del 19 maggio con Gentiloni che, libero dal governo, diventerebbe il frontman, il candidato premier del Pd per la campagna elettorale, se questa sarà la strada da percorrere. Da qui al 19 ci sarà da sbrigare l'affare liste. Obiettivo: trovare una mediazione tra Renzi che, per far posto ai nuovi, sacrificherebbe volentieri chi ha già tre o più mandati parlamentari alle spalle, e la vecchia guardia Pd che non vorrebbero sacrificare il posto appena conquistato in Parlamento. E poi le singole aree, come quella di Orlando, che vorrebbe un azzeramento delle liste presentate il 4 marzo, memori dei malumori che accompagnarono le candidature Pd decise da Renzi a febbraio.

E poi c'è il fattore alleanze. Anche qui un'idea di massima sulla quale acconsentirebbe anche Renzi, anche se il ragionamento è molto prematuro: costruire un'alleanza che vada da Leu al centro, con scampoli di ciò che arriverà dal centro o da Forza Italia. Insomma, un centrosinistra, capitanato da Gentiloni e – a guardare i sondaggi – con magre chance di vittoria.

Di necessità, virtù: è il tentativo in atto in un Pd che ieri, all'affacciarsi del fantasma del voto anticipato a luglio, è entrato nel panico. Certo, c'è chi non perde le speranze: al Pd risulta che l'incarico presidenziale verrà affidato a Elisabetta Belloni, direttore generale della Farnesina, con buoni rapporti con il M5s. Arriverebbe in Parlamento con un programma secco di tre punti: legge di bilancio, scongiurare l'aumento dell'Iva e alcune misure europee care a cinquestelle e Lega. Insomma un impianto cui è difficile dire di no. Basterà per evitare il voto anticipato? "E' ridicolo non far nascere un governo del presidente, da incoscienti, è mancanza di sensibilità istituzionale: significa scegliere il vuoto", attacca il capogruppo Delrio in Transatlantico proponendo "un'altra commissione speciale per far lavorare il Parlamento: comunque vada non si può continuare a non fare nulla, servono misure per il paese".

Ma i Dem non si fanno illusioni: la corsa al voto è dietro l'angolo.

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