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Esteri

In Medio Oriente è iniziata la "guerra diretta"

Ronen Zvulun / Reuters
Ronen Zvulun / Reuters 

La guerra diretta è iniziata. Campo di battaglia: la Siria. Paesi belligeranti: Israele e Iran. Quadro delle alleanze regionali: con Israele sono schierati, più o meno apertamente, l'Arabia Saudita, il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti. In funzione anti-iraniana, è entrato a far parte del fronte israelo-saudita anche il Marocco: lo scorso 2 maggio, il governo di Rabat ha ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con l'Iran. L'accusa nei confronti di Teheran è quella di armare, finanziare e addestrare i soldati del Fronte Polisario attraverso gli uomini del movimento sciita libanese Hezbollah. L'Iran può￲ invece contare sulle milizie sciite di Hezbollah, su quelle irachene, sugli Houthi yemeniti, oltre che sul sostegno, sia pure non capitalizzabile sul campo, del governo di Baghdad.

In posizione "neutra", o meglio di attesa, l'Egitto di al-Sisi, la Turchia di Erdogan e la Giordania di re Abdullah II. La guerra diretta ha una data d'inizio: la notte tra il 9 e il 10 maggio. Per la prima volta, c'è stata una reazione ai continui attacchi israeliani contro obbiettivi iraniani in territorio siriano, l'ultimo dei quali nella notte tra l'8 ed il 9 maggio aveva colpito una base ad Al Kiswa, a sud di Damasco. La reazione ha riguardato un fitto lancio di razzi e di colpi di artiglieria proveniente dalla Siria contro diverse postazioni israeliane sulle Alture del Golan. Tra gli obbiettivi vi sarebbero stati 3 centri di comando, 3 centri di trasmissioni e guerra elettronica, un posto di osservazione ed una pista per elicotteri. Alcuni dei razzi lanciati sarebbero stati intercettati dal sistema anti-razzo israeliano IRON DOME, e non si ha al momento notizia di danni rilevanti. La risposta delle IDF (Israele Defence Forces) è stata immediata e durissima. Dapprima è intervenuta l'artiglieria - presumibilmente con i semoventi da 155 mm M109 DOHER e i lanciarazzi campali da 227 mm M270 MENATETZ (questi ultimi dispiegati sul Golan nell'ultima settimana) - che ha battuto le posizioni dell'Esercito Siriano e delle NDF (National Defence Force) nel Governatorato di Quneitra, dopodiché è toccato all'Aviazione. Secondo le prime informazioni, i velivoli israeliani avrebbero attaccato in 2 ondate oltre 30 obbiettivi nel sud della Siria, nella provincia di Homs e nell'area di Damasco, appartenenti in larga parte ad Hezbollah e Guardiani della Rivoluzione iraniani, ma anche alla Guardia Repubblicana Siriana, colpendo depositi, postazioni radar e batterie antiaeree.

Almeno 4 aerei dell'Aeronautica Israeliana avrebbero violato lo spazio aereo libanese. La ricostruzione, dettagliata, offerta dalla Rivista italiana difesa (Rid), coincide con le notizie che giungono da Gerusalemme, verificate da HP. L'attacco ha colpito "quasi tutte le infrastrutture iraniane". Sono le parole con cui il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha tracciato il bilancio dei raid compiuti la scorsa notte dall'aviazione in Siria. Israele ha colpito decine di obiettivi militari in territorio siriano, dopo aver accusato la forza iraniana Al-Quds di avere lanciato circa 20 razzi dal Golan verso postazioni israeliane. I raid hanno ucciso almeno 23 persone, secondo quanto afferma l'Osservatorio nazionale per i diritti umani, ong che ha sede in Gran Bretagna. Secondo i militari si tratta di una delle più imponenti operazioni militari israeliane degli ultimi anni e del più grande attacco contro obiettivi iraniani. "Spero che questo capitolo sia chiuso e che ognuno abbia avuto il suo messaggio", ha sottolineato Lieberman, aggiungendo che "nessuno dei razzi di Teheran" è riuscito a colpire il territorio ebraico. "Quella della scorsa notte è stata la nostra operazione aerea maggiore negli ultimi anni", ha aggiunto il portavoce delle IDF Jonathan Conricus. "Il nostro intento non era di provocare vittime, ma di colpire infrastrutture". Secondo Conricus i danni inflitti "sono molto significativi" e all'Iran occorreranno mesi per ripararli.

L'Intelligence militare israeliana è convinta che l'attacco con razzi sul Golan sia stato ordinato dallo stesso comandante delle forze speciali dei Pasdaran, generale Qassem Suleimani, che coordina anche tutte le milizie sciite alleate dell'Iran dall'Iraq, alla Siria, al Libano. "Eravamo preparati - ha spiegato l'altro portavoce delle forze armate israeliane Ronen Manelis - e Al-Quds, le forze speciali iraniane, hanno pagato un prezzo molto alto". Il portavoce ha aggiunto che Israele "non cerca l'escalation" ma è preparata "a ogni scenario: abbiamo colpito infrastrutture che l'Iran sta costruendo da oltre un anno, tutti i bersagli sono stati distrutti". Israele, aggiunge il portavoce delle IDF, ha avvertito i comandi russi delle operazioni attuate. A quanto risulta ad HP, alcune delle basi colpite erano tra i target indicati da Israele al Pentagono per la rappresaglia militare anglo-franco-americana contro il regime siriano per l'uso di armi chimiche contro la popolazione civile, scattata nella notte tra il 13 e il 14 aprile. La guerra diretta sul campo s'intreccia con quella mediatica. Netanyahu ha accusato l'Iran di voler dispiegare "armi molto pericolose" in Siria, per distruggere Israele. "Il regime iraniano cerca adesso di dispiegare armi molto pericolose in Siria con l'obiettivo di distruggerci", afferma Netanyahu al termine di un summit trilaterale a Nicosia con il presidente cipriota Nicos Anastasiades e il premier greco Alexis Tsipras (per comuni interessi di sfruttamento di giacimenti petroliferi e di gas nel Mediterraneo, anche Cipro e Grecia rientrano nel sistema di alleanze a guida israelo-saudita). Accusando l'Iran di voler "impiantare delle basi navali militari" e dei sottomarini nel Mediterraneo, Netanyahu ribadisce: "Questa è una minaccia palpabile per tutti noi". Dall'America è arrivata puntuale la condanna della mossa iraniana. La portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders, ha dichiarato che l'attacco di stanotte "è l'ulteriore dimostrazione che del regime iraniano non ci si pu￲ò fidare ed un altro buon promemoria che il presidente ha preso la decisione giusta a uscire dall'accordo nucleare con l'Iran".

Da un lato all'altro della barricata. Secondo il ministero della Difesa di Mosca, alleata di Teheran, le IDF hanno lanciato circa 70 missili. "Nell'attacco sono stati usati 28 jet israeliani F15 e F16, che hanno lanciato contro diverse zone della Siria circa 60 missili aria-terra, inoltre - sempre secondo il Cremlino - dal territorio israeliano sono stati lanciati oltre dieci missili tattici terra-terra". I raid - ha proseguito il ministero della Difesa russo - hanno preso di mira luoghi dove sono dislocate truppe iraniane nonché posizioni con mezzi di difesa antiaerea della Siria vicino Damasco. "Le unit¢ siriane di difesa aerea hanno abbattuto più della metà dei missili", ha fatto sapere Mosca. L'esercito di Damasco ha annunciato di aver respinto un'"aggressione" al territorio siriano, intercettando "decine di missili" lanciati da Israele, riporta l'agenzia di stampa ufficiale siriana Sana, citando una fonte delle forze armate di Damasco. La fonte siriana ha spiegato che le forze di difesa aerea hanno impedito alla maggior parte dei missili di raggiungere gli obiettivi, ma ha ammesso che sono stati colpiti battaglioni di difesa aerea, radar e un deposito di munizioni. Secondo Sana, l'attacco è stato sferrato con aerei militari dai "territori occupati", ovvero dalla zona del Golan. L'esercito libanese ha reso noto che quattro jet militari israeliani hanno violato lo spazio aereo del paese dei Cedri nelle stesse ore in cui │ avvenuto l'attacco in Siria. A parlare è anche il rais di Damasco.

Bashar al-Assad ha escluso che in Medio Oriente possa scoppiare una terza guerra mondiale, alla luce dell'inasprimento dello scontro tra Iran e Israele e della tensione crescente tra Stati Uniti e Russia. "Non siamo in un contesto di guerra fredda", ha dichiarato il presidente al giornale greco Ekathimerini. "La presidenza americana cerca di provocare conflitti ma la saggezza della leadership russa ha evitato uno scontro su larga scala". Cerca di buttare acqua sul fuoco, Assad, ma poche ore dopo i raid aerei israeliani, il registro cambia. Il governo di Damasco accusa Israele di aver iniziato una nuova fase di aggressione contro la Siria. I raid di questa notte dimostrano come "l'aggressione israeliana" sia "entrata in una nuova fase", con "l'ingresso diretto del nemico nel confitto e senza più doversi nascondere dietro gruppi terroristici", recita il comunicato letto dalla tv di Stato siriana. E in una nuova dimensione geopolitica, visto che in coincidenza con l'attacco israeliano in Siria, i caccia con la Stella di David violavano di nuovo lo spazio aereo libanese. Fonti del ministero della Difesa di Tel Aviv confidano ad HP di ritenere "altamente probabile" che l'Iran intenda far pressioni su Hezbollah perché torni a infiammarsi anche la frontiera israelo-libanese, laddove, è bene ricordarlo al nascente governo italiano, sono dislocati i caschi blu dell'Onu, nella missione Unifil 2 a guida italiana. Secondo gli analisti israeliani, Hezbollah e gli sponsor iraniani vogliono combattere la prossima guerra con attacchi a saturazione, una moltitudine di missili lanciati assieme dalla Siria e dal Libano verso bersagli dentro Israele in quantità così elevata da sopraffare le contromisure missilistiche. Secondo una notizia apparsa sul sito francese Intelligence Online a luglio, Hezbollah ha anche due fabbriche militari in Libano, una nella Beqaa libanese per produrre il razzo al Fatah 110 e l'altra per produrre munizioni tra Tiro e Sidone.

Il problema è che prima Hezbollah aveva a disposizione soltanto il sud del Libano per fare la guerra, ora ha quasi tutta la Siria. Prima il terreno di gioco era quel pezzo di Libano a sud che s'incunea verso Israele, ora è tutta la linea di confine del Golan. La guerra diretta rende ancor più dirimente il tema delle alleanze. Nel "risiko" mediorientale, lo Stato ebraico sa di poter contare sul sostegno, non solo politico ma di intelligence, del Regno Saud. Il passo indietro di Donald Trump sull'accordo sul nucleare riapre diversi scenari. Uno fra tutti, il possibile riavvio del programma atomico iraniano che impensierisce l'Arabia Saudita. Adel al-Jubayr, ministro degli esteri di Riyadh, durante un'intervista alla Cnn ha messo le mani avanti e mostrato i muscoli: "Siamo pronti a costruire armi nucleari". Secondo Al-Jubeir l'accordo sul programma nucleare iraniano, dal quale Trump ha annunciato il ritiro, è "difettoso" perché "non si occupa del programma di missili balistici iraniani, né si occupa del sostegno dell'Iran al terrorismo". Dunque spiega il ministro: "Faremo tutto il necessario per proteggere il nostro popolo. Abbiamo chiarito che se l'Iran acquisirà una capacità nucleare faremo il possibile per ottenere lo stesso risultato", ha dichiarato al-Jubeir. Alla domanda se il regno lavorerà per acquisire una propria capacità nucleare, il capo della diplomazia saudita ha risposto: "Questo è quello che intendiamo fare". E cos↓ il "risiko" mediorientale" diventa atomico.

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