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Economia

Il ritorno dello spread. Il contratto di governo affossa i mercati e i 5 Stelle evocano la congiura

Getty Images
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Lo spread è tornato. Come non succedeva da gennaio è schizzato sopra i 150 punti, fermandosi poco più in là, a 151. Un punto che pesa moltissimo perché sfonda una soglia, anche psicologica, preoccupante. In un solo giorno l'incremento è stato di 20 punti. Ma soprattutto lo spread ritorna a essere termometro della situazione politica italiana, come nel 2011, quando segnò la Caporetto del governo Berlusconi. Oggi piomba sulla complessa e travagliata trattativa tra la Lega e i 5 Stelle, trainato dalla bozza di contratto di governo, pubblicata in esclusiva da Huffpost.

Lo spread schizza in alto, i mercati sono in agitazione. Seduta disastrosa a Piazza Affari, con Milano che sprofonda a -2,3 per cento. La bozza pubblicata ieri crea panico, quel panico che fino ad ora non si era visto. La richiesta di un meccanismo per uscire dall'euro e la richiesta di cancellazione di 250 miliardi di debito alla Bce (poi cancellati o rivisti in profondità nella bozza successiva), ma anche la creazione di un fondo con 200 miliardi di immobili pubblici da cartolarizzare. Tutti elementi che hanno mandato in tilt gli investitori, intimoriti anche dal fatto che 5 Stelle e Lega vogliono tornare a una situazione pre-Maastricht, quando non esistevano forme di finanziamento del debito pubblico.

I segnali di inizio seduta hanno messo da subito in evidenza il cambio di passo dei mercati. Poi sono arrivate le parole destabilizzanti di Beppe Grillo sull'euro, anzi sui due euro, "uno per l'Europa settentrionale e uno per l'Europa meridionale". Altra scossa a Piazza Affari. Il conto degli interessi da pagare a chi investe sul debito si fa più elevato. La dinamica resta la stessa per l'intera seduta fino alla chiusura che certifica il rosso pesante. Soffre anche l'azionariato: tante aziende, e non solo, perdono terreno sul campo, come Mediaset, che crolla a -5,2 per cento.

Spread e politica. Nel 2011 e negli anni a seguire fu il differenziale tra Btp e Bund, che portò all'avvicendamento Berlusconi-Monti a palazzo Chigi, a fare da elemento portante alla narrazione di Forza Italia sulla congiura dello spread e dell'Europa.

Oggi sono i 5 Stelle a rievocare quella congiura. Lo fa Alessandro Di Battista, con un post su Facebook, dove scrive: "Sapete quel che penso di Berlusconi ma una cosa la voglio dire: l'ultimo governo Berlusconi, un governo per me pessimo, è stato l'ultimo governo nato da un voto popolare. E più che gli scandali di B. è stata la congiura dello spread ad averlo abbattuto". È in questa frase che le due fasi, cioè 2011 e oggi, si saldano: nella stessa visione, cioè, che la politica italiana - in questo caso il partito che governava allora (Forza Italia) o che potrebbe governare a presto (5 Stelle) - ha del peso dello spread e di Bruxelles sugli equilibri interni all'Italia.

Nel mirino dei 5 Stelle finisce lo spread e finiscono anche i mercati. Ancora Di Battista: "A quanto pare i 'fantomatici' mercati sono tornati a farsi sentire. Eppure non aprivano bocca quando si massacravano i lavoratori, si tagliavano le pensioni, si regalavano denari pubblici alle banche private o si smantellava, lentamente ma inesorabilmente, lo stato sociale nei paesi di mezza Europa". E poi Di Maio: "I mercati prendano atto del nostro lavoro a tempo di record".

Anche l'altra parte in causa, cioè la Lega, va all'attacco. "Più ci minacciano, più ho voglia di partire con questa sfida, qualcuno pensa di intimorirci ed è tornato il trucchetto del 'sale lo spread'", dice Matteo Salvini durante una diretta su Facebook, sottolineando che siamo di fronte "ai giochini a tavolino della grande finanza, ai salottini". E non è un caso se anche lui rievoca il 2011: "Così - incalza - è andato a casa l'ultimo governo Berlusconi, nei salottini se sono preoccupati, vuol dire che facciamo qualcosa di giusto".

Lo spread non è arrivato a quota 500, come nel 2011, ma è già un ospite indesiderato per chi oggi si trova a chiudere la partita più importante, quella del governo.

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