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Cultura

Tim Cook: "A mio nipote non farei usare i social. Il bisogno compulsivo di controllare è like è diventato un problema"

Stephen Lam / Reuters
Stephen Lam / Reuters 

Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, dalla Silicon Valley è iniziata la corsa a prendere le distanza dal'approccio "Facebook" al trattamento dei dati personali dei consumatori. La Apple è stata tra le prime a farlo, attraverso la voce del suo ceo, Tim Cook. Vanity Fair lo ha incontrato nella futuristica sede del quartier generale di Cupertino, in California, e sulle pagine della rivista ha lanciato l'ennesima stoccata al social network:

Cook sostiene che "bisogna preoccuparsi" dell'impatto sulla salute mentale, soprattutto dei bambini, dell'abitudine di trascorrere così tante ore davanti a uno schermo. Ma dice di "non aver mai sentito dire" che sono gli strumenti Apple stessi a dare dipendenza". Sono le app create da altre aziende che lo "preoccupano molto". Il problema vero, secondo Cook, è il "bisogno compulsivo di controllare l'ultimo post" o "contare quanti like ho avuto". Prosegue: "Siamo in una posizione abbastanza unica, perché non misuriamo il nostro successo in termini di ore in cui i nostri prodotti vengono usati. Si devono fare altre cose nella vita, no?". "Se hai un modello basato solo sulla pubblicità digitale, puoi imboccare una china in cui l'utente non è più utente. Diventa il prodotto. Il cliente è l'inserzionista e lo scopo è avere più click possibili". Si acciglia: "In tutto questo si perde l'utente. E l'umanità".

I social in generale non li vede di buon occhio: "Non ho figli, ma ho un nipote, e impongo limiti. Ci sono cose che io non gli permetterei, per esempio usare i social".

Maniaco del fitness, Cook è solito alzarsi alle 4 del mattino per allenarsi e controllare le email. Della sua vita privata non si sa molto, ma nel 2014 ha deciso di rivelare la sua omosessualità, diventando il più famoso businessman a fare coming-out.

"Il fatto è che essere diversi ti cambia, o perlomeno è successo a me e, penso, a molte altre persone: io non so cosa significa essere afroamericano. Non lo so e non lo saprò mai. Ma so cosa vuol dire essere in una minoranza, una minoranza molto piccola, e so che ti fa sentire in un'isola sperduta. Per questo mi è sempre stato chiaro che il mondo sarebbe un posto davvero migliore se solo ci trattassimo a vicenda con dignità e rispetto".

Risponde infine alla polemica sulle batterie dei vecchi iPhone, accusate di aver volontariamente causato il rallentamento dei dispositivi, per convincere i consumatori a comprare una versione aggiornata del prodotto. È convinto che un singolo errore non comprometterà il rapporto con i loro clienti.

"Siamo un'azienda enorme e ci saranno sempre accuse di ogni genere. Dobbiamo esser chiari su come vediamo le cose. Ci sarà qualcuno che dirà "La tecnologia è il male, e io ricordo quelle due storie che lo dimostrano"? Sì, certo, qualcuno lo dirà. Abbiamo un rapporto così significativo con gli utenti che non penso un'accusa possa cancellare tutto. Voglio dire, è come quando hai una discussione con il tuo partner. Non è che divorzi, giusto? Io la vedo così. Ma credo sia importante non mettere mai la testa nella sabbia e sperare che passi. Bisogna essere molto diretti".

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