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Cultura

Stefano Massini: "Aspettando il deus ex machina"

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Per gli applausi o i fischi, bisogna attendere il finale: "Poche volte, però, abbiamo avuto nella formazione di un governo un tale numero di entrate, uscite, battute a effetto, colpi di scena, elementi che rendono la creazione dell'esecutivo 5 stelle-Lega una vicenda altamente teatrale". Sarà un dramma, un'opera buffa, un gioco di equivoci, una messinscena dell'assurdo, uno scherzo a lieto fine: "Lo scopriremo quando tutti i nodi della narrazione si saranno sciolti. Come nelle rappresentazioni classiche: era l'ingresso in scena del deus ex machina ciò che districava l'intreccio critico della trama".

Facendo salire sul proscenio la storia, Stefano Massini è diventato l'autore teatrale italiano più rappresentato nel mondo. Ha scritto della famiglia Lehman e della crisi finanziaria, della giornalista russa Anna Politkovskaja, dell'omicidio di Ilaria Alpi, della pena di morte, di Giacomo Savonarola, ha fatto un processo a Dio, e, da pochi giorni, è in libreria con 55 giorni. L'Italia senza Moro (Mulino): un libro che non parla del rapimento e dell'uccisione del segretario della Democrazia Cristiana, ma dell'Italia che assisteva alla tragedia, ascoltando Gianna di Rino Gaetano, guardando in televisione Raffaella Carràe una sintomatica pubblicità del tonno all'olio d'oliva che assicurava al pubblico che nulla gli sarebbe stato più celato, grazie alla nuova confezione in vetro: "È un aspetto che mi colpisce molto, poiché pure le Brigate Rosse scrivevano in un loro comunicato che 'niente deve essere nascosto al popolo'. Evidentemente il paese percepiva un bisogno di verità, un'insofferenza verso l'ipocrisia".

Ha rubato a Sigmund Freud un metodo utile per scorgere nei residui della realtà l'immagine del tutto: "Vengo dalla scrittura de L'interpretatore dei sogni e ho imparato dallo studio del padre della psicoanalisi che sono le esperienze apparentemente più insignificanti che facciamo durante la giornata quelle che, quando dormiamo, utilizziamo come elementi per elaborare le nostre visioni oniriche. Allo stesso modo, è dei materiali di scarto della realtà che io mi servo per cercare di comprendere l'atmosfera e il senso di un periodo storico".

"Il programma dei sogni" di Lega e 5 stelle quale residui del reale utilizza?

In campagna elettorale, entrambi hanno attinto alla medesima fonte: la collera delle persone. E quando si ragiona in termini di rabbia, contribuendo forse anche a stimolarla e alimentarla, è quasi immediato che si giunga alla figurazione di una panacea che risolva tutti i problemi.

Può essere pericoloso?

In tutto il mondo occidentale stiamo assistendo alla crisi dei partiti tradizionali e alla fine delle dialettiche che, nel Novecento, hanno contrapposto visioni differenti del mondo. Se non altro, i 5 stelle e la Lega sono riusciti a incanalare la rabbia dentro il perimetro parlamentare, mantenendola all'interno delle forme della democrazia.

Cos'altro avrebbero potuto fare?

Per esempio in Grecia, con Alba Dorata, questo non è successo: la rabbia ha assunto una forma puramente squadristica.

Il suo libro, a volte, fa pensare che il populismo sia nato negli anni di piombo. È così?

In quei giorni, ci furono dei momenti nevralgici di avvicinamento della gente comune al cosiddetto potere. Aldo Moro fu messo in condizione di supplicare la propria liberazione, come avrebbe fatto qualsiasi altro cittadino. E poi, proprio nel 1978, fece la sua irruzione la televisione a colori.

Cosa cambiò?

Contribuì a far sentire gli spettatori testimoni diretti della cronaca. Era come se, improvvisamente, l'estremo realismo dei telegiornali li trasportasse direttamente dentro la storia.

Non erano già diventati protagonisti della tv?

Fu Portobello di Enzo Tortora a portare sullo schermo le storie delle persone normali. Con Rischiatutto o Lascia o raddoppia?, erano solo concorrenti di un gioco. Poi, diventarono protagonisti, con il loro lavoro, le loro emozioni, i loro sentimenti.

Fu l'embrione dell'uno vale uno?

No, perché le loro storie passavano ancora attraverso un filtro, il filtro del racconto della grande televisione. Sono stati, invece, i reality show a prendere le persone normali, chiuderle in una casa e spiarle per tutto il giorno. Senza raccontarle, guardandole e basta.

Con quali conseguenze?

Che nessuno avverte più l'esigenza di una diaframma tra se stesso e la realtà. Vale anche per la politica. Se un sms mi avvisa quando un ladro mi entra in casa, e un altro sms mi avverte quando un camion guidato da un terrorista islamico travolge le persone che camminano sulle strade di Nizza, il mio privato e il pubblico diventano per me letteralmente equivalenti, come se fossero la stessa cosa. E ciò li rende equivocabili.

Ovvero?

Lascia pensare che il privato cittadino possa gestire, da solo, ciò che per molto tempo è stato gestito dalla collettività. Pensi alla giustizia, all'idea di farsi giustizia da solo, evitando la mediazione del processo, della condanna, della pena prescritta.

Perché ha fatto accenno alla politica?

Perché la velocità della tecnica può far pensare al cittadino medio che sia un'inutile lungaggine sottoporre una legge alla discussione in aula, all'approvazione degli emendamenti, al rito del voto nei due rami del parlamento. Perché non far approvare subito il testo online? C'è il pericolo è che le nostre democrazie si trasformino in qualcosa di simile a ciò che avveniva nell'antico far west.

Non apprezza la democrazia diretta?

No, so che la democrazia rappresentativa ha delle regole. Quando i 5 stelle e la Lega sottopongono il programma che hanno concordato ai loro elettori, forzano il principio della delega, affermando un criterio antitetico a quello della democrazia liberale. L'elettore vota il proprio rappresentate. Dovrebbe essere lui ad assumersi la responsabilità delle scelte.

È una farsa o un dramma?

Molto spesso, in Italia, è successo che l'estrema tragedia sia diventata limitrofa alla farsa. È successo nel caso Moro. È successo tante altre volte. È nell'animo degli italiani non riuscire a essere mai completamente seri. Perfino nell'Inferno, dove si puniscono i dannati, tra "pianti e stridore di denti", il racconto di Dante sconfina nel farsesco.

È per forza un vizio?

Noi italiani cantiamo "chi ha dato, ha dato, ha dato; chi ha avuto, ha avuto, ha avuto; scurdámmoce 'o ppassato". È la sciagura del nostro paese. E, insieme, rappresenta la nostra capacità di reagire, ogni volta, a tutto.

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