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Esteri

Stupore e rabbia a Tunisi per le accuse di Salvini: "Una ferita che non sarà facile da ricucire"

Pozzallo, Salvini: "La Tunisia spesso esporta galeotti"

"Quell'accusa pesantissima, pronunciata peraltro nel giorno di una tragedia in mare dove sono morte decine di persone, tra cui donne e bambini, sono una ferita che non sarà facile ricucire". Le parole di un'autorevole fonte governativa a Tunisi, raccolte da HuffPost, danno conto di come le autorità tunisine abbiano registrato le affermazioni del neo ministro dell'Interno Matteo Salvini. Il governo di Tunisi ha convocato l'ambasciatore italiano per chiedere spiegazioni esprimendo stupore, appunto. Una nota che il ministero degli Esteri tunisino ha oggi messo su Fb. Le dichiarazioni di Matteo Salvini - si legge nella nota - "non riflettono la cooperazione tra i due paesi nel campo della gestione dell'immigrazione e indicano una conoscenza incompleta dei vari meccanismi di coordinamento esistenti tra i servizi tunisini e italiani per affrontare questo fenomeno". Salvini, consapevole di un primo scivolone diplomatico, ha risposto pacifico: "Saremo ben contenti di organizzare un incontro nel più breve tempo possibile con il collega ministro dell'Interno tunisino per rafforzare e rinsaldare i rapporti sul fronte immigrazione".

Nel tour governativo-elettorale di ieri in Sicilia, il titolare del Viminale ha usato parole durissime nei confronti della Tunisia: "È un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini, ma che spesso e volentieri esporta galeotti". Di qui l'annuncio di un imminente incontro con la controparte tunisina e anche con il magistrato che più ha seguito con le sue inchieste il lavoro delle organizzazioni non governative, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Preoccupato da una questione agghiacciante, Salvini intende approfondire il tema di un possibile traffico di bambini: "Nessuno mi toglie dalla testa che c'è un business sui piccoli che poi muoiono".

Salvini: "Incontrerò il pm Zuccaro, stop al business dei migranti" (VIDEO)

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L'imbarazzo a Tunisi è pari alla rabbia per accuse che, afferma la fonte, "non meritiamo. La Tunisia è sotto attacco dell'Isis e dei trafficanti di esseri umani, e all'amica Italia chiediamo maggiore cooperazione e non sparate di questo genere". Quella frase, "esportatore di galeotti", non va giù a Tunisi. "Ci piacerebbe sapere cosa ne pensa il primo ministro Conte e il ministro degli Esteri Moavero di certe uscite", si lascia andare la fonte di Tunisi, che conferma l'ipotesi di un incontro a livello di ministri dell'Interno, ma aggiunge, "la data non è stata ancora fissata così come l'agenda dei temi da trattare. La nostra disponibilità a cooperare con l'Italia per contrastare l'immigrazione clandestina è totale, come l'impegno della nostra Guardia costiera. Una cosa però deve essere chiara: noi non ci sentiamo sul banco degli imputati".

Posizione esplicitata da Imen Ben Mohamed, giovane e combattiva deputata del partito islamista "Ennahda" che governa la Tunisia con l'aggregazione laica "Nidaa Tounes": "La lotta contro il traffico di esseri umani – dice all'HufPost la parlamentare tunisina, eletta nella circoscrizione estera in Italia – è una delle nostre priorità. Non è facile, perché le organizzazioni criminali sono potenti, hanno mezzi e denaro per reclutare giovani senza lavoro. Con l'Italia, la vostra Ambasciata, gli imprenditori che hanno investito nel mio Paese, le ong che lavorano per aiutarci a migliorare le condizioni di vita del popolo tunisino, c'è un rapporto fattivo, uno spirito straordinario di cooperazione che spero non venga rimesso in discussione dal nuovo governo italiano".

Duro è anche il commento di Hamma Hammami, leader del Fronte Popolare (Fp), il maggiore partito di sinistra all'opposizione: "Al ministro italiano che dice che esportiamo galeotti vorrei chiedere se sia sua intenzione impiantare o finanziare anche in Tunisia lager dove detenere le persone chiamate migranti", afferma il capo del Fp.

La Tunisia è sotto shock per la tragedia in mare di ieri. Sono almeno 48 i corpi recuperati dai soccorritori al largo delle coste tunisine, ma il bilancio, in base alla testimonianza di un superstite, è destinato a salire. Un sopravvissuto al naufragio, che si è verificato al largo delle isole di Kerkennah, ha dichiarato alla radio locale Mosaique Fm che a bordo dell'imbarcazione colata a picco, la cui capacità massima era di una settantina di persone, ce ne erano almeno 180. L'imbarcazione - ha spiegato - era salpata sabato sera intorno alle 20.30 e aveva quasi subito iniziato a imbarcare acqua, fino a inabissarsi. Secondo il testimone il numero di morti supera di gran lunga quello dei corpi finora ripescati. Il Ministero dell'Interno di Tunisi ha, intanto, precisato che 68 persone sono state tratte in salvo, delle quali 61 di nazionalità tunisina, 2 marocchini, 1 libico e 4 di altri Paesi africani. All'ospedale Habib Bourguiba di Sfax sono ancora in corso le operazioni di identificazione dei cadaveri. Mancherebbero all'appello decine di persone.

Il tratto di mare antistante le isole Kerkennah fu il teatro l'8 ottobre 2017 di un altro naufragio, definito "tragedia nazionale" dal premier Youssef Chahed, nel quale 38 migranti tunisini persero la vita e altri 38 vennero soccorsi. In quell'occasione un barcone di migranti diretti in Italia, venne speronato da una nave della marina tunisina. Per quei fatti la magistratura militare tunisina ha recentemente rinviato a giudizio per omicidio colposo e lesioni per "l'imprudenza, negligenza e inosservanza delle norme" il "comandante" del barcone e quello della nave militare, con l'accusa aggiuntiva per il primo di non aver evitato la collisione e di non essersi conformato ad un ordine dell'autorità in acque territoriali nazionali mentre per il secondo è scattata anche l'accusa di violazione delle regole militari.

Secondo le stime dell'Oim, nel 2018 sono arrivate in Europa 36.940 persone, di cui 32.080 via mare, mentre 660 sono morte nel mar Mediterraneo. Nel 2017, le persone arrivate erano state 186.768, e i morti in mare 3.116. "Tra gli immigrati in Libia sta iniziando a circolare la voce. Sanno che la Guardia Costiera e le milizie impediscono le partenze dalla costa e così puntano alla Tunisia" spiega Reem Bouarrouj, responsabile immigrazione di Ftdes, una Ong tunisina che si occupa dei diritti economici e sociali. Annota Paolo Howard in un documentato report su Affari Italiani: "Considerare la rotta tunisina quale mera alternativa a quella libica appare riduttivo. Sono i migranti tunisini a imbarcarsi dai porti di Sfax e Kerkenna, raramente gli stranieri (secondo il Forum tunisino dei diritti economici e sociali, tra il 2011 e il 2016 il 74,6% delle persone che hanno lasciato il Parse sono cittadini tunisini). Sebbene negli ultimi mesi il flusso di migranti subsahariani lungo il confine tunisino-libico sia cresciuto (migranti che vengono in Tunisia per trovare lavoro e raccogliere i soldi per pagare i passeur), ad oggi i protagonisti della rotta restano i giovani tunisini che, stretti nella morsa di una economia impoverita e di un clima politico asfissiante, fuggono a bordo dei social media prima ancora che delle imbarcazioni di fortuna".

Sono diversi i numeri che indicano la fragilità economica della Tunisia, costringendo la popolazione a condizioni di vita non più sostenibili. A esasperare inoltre gli animi sono le nuove politiche finanziarie messe in campo per il 2018 che prevedono un pesante aumento di prezzi, dettato dall'aumento dell'Iva, e l'introduzione di nuove tasse. Nell'ultimo anno il Pil è cresciuto meno dell'1 per cento, la disoccupazione è schizzata invece al 15 per cento (anche se secondo chi protesta la percentuale è almeno il doppio). I disoccupati sono oltre 600 mila, di cui più di un terzo in possesso di diploma di istruzione superiore. Le conquiste democratiche, avviate dopo la fuga dell'ex presidente Zine El Abidine Ben Ali, il 14 gennaio 2011, non sono state accompagnate da una crescita economica in cui tutti speravano. Secondo l'ex ministro dell'Economia, Houcine Dimassi, "tutti i numeri indicano un netto peggioramento della situazione economica rispetto al 2010-2011", quando Tunisi registrava un aumento del Pil tra il 4 e il 5 per cento. Una crisi economica drammatica, che non risparmia i beni primari: tutto è caro, la carne rossa costa 25 dinari al chilo, in tavola arriva se va bene una volta al mese. Senza contare che bisogna pagare l'affitto, le bollette, l'assistenza sanitaria, che non è più gratuita per nessuno, neanche per chi ne avrebbe diritto.

Nulla è stato fatto per dare speranza ai giovani che languono in condizioni di povertà, disoccupazione e frustrazione. "La grande maggioranza del popolo tunisino sostiene il processo democratico – dice ad HuffPost Abdessatar Ben Moussa, avvocato, presidente della Lega per i diritti umani, Premio Nobel per la Pace 2015 - Si tratta di un patrimonio di credibilità che non va disperso. Ma i rischi sono tanti, legati soprattutto alla situazione socio-economica. La difesa dei diritti umani è importante ma lo è altrettanto il rafforzamento dei diritti sociali. La democrazia si rafforza se si coniuga alla crescita economica, alla giustizia sociale, a realizzare prospettive di lavoro per i giovani. Non è un caso che i terroristi dell'Isis abbiano puntato a colpire il turismo, una delle fonti di entrata più importanti per la Tunisia. Oggi i terroristi reclutano giovani emarginati non offrendo loro il miraggio del "Califfato" ma un salario per combattere la Jihad. Per questo è fondamentale che l'Europa investa nella cooperazione con la Tunisia e più in generale con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Per l'Europa, per l'Italia, non sarebbe un atto di generosità ma un investimento a rendere sul piano della stabilità e della sicurezza. Un investimento sul futuro".

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