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Esteri

Jibril Rajoub, possibile successore di Abu Mazen, fa campagna elettorale con la maglia di Messi. "Israele usa lo sport come spot"

JACK GUEZ via Getty Images
JACK GUEZ via Getty Images 

Come farsi campagna elettorale sulla "maglietta" di Leo Messi. E schizzare così nell'indice di popolarità tra i possibili successori dell'ottuagenario e malato presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas). Era sparito dai radar del potere in Palestina, il colonnello Jibril Rajoub, l'ex uomo forte di al Fatah (il movimento nazionalista palestinese fondato da Yasser Arafat di cui lo stesso Abbas è leader). Per lui si era trovato un posto un po' defilato: presidente della Federazione calcistica palestinese. Ebbene, Rajoub è riuscito a ottimizzare l'incarico, ottenendo una vittoria politica attraverso una partita annunciata e poi revocata: quella tra Argentina e Israele.

Niente amichevole in Israele per Messi e compagni, che adesso dovranno trovare in fretta e furia un altro avversario disponibile per preparare il debutto mondiale contro l'Islanda previsto il 16 giugno. Dopo giorni di proteste violente e il rischio di un incidente diplomatico, l'Afa ha mollato il colpo cedendo alle richieste delle autorità palestinesi, che consideravano la sfida in programma a Tel Aviv "un insulto per la Palestina". Di fatto la federazione argentina non ha fornito una motivazione ufficiale che giustifichi la cancellazione dell'amichevole prevista sabato, ma è chiaro che la causa risieda nelle pressioni e nelle minacce ripetutesi nell'ultima settimana, tanto in Argentina ad opera della comunità palestinese quanto a Barcellona (dove l'Albiceleste si trova in ritiro prima di partire per la Russia).

L'annuncio è arrivato dall'ambasciata israeliana a Buenos Aires, che "con profondo dispiacere" ha comunicato l'annullamento dell'amichevole "a causa delle deplorevoli minacce rivolte a Messi e ai giocatori argentini". A scatenare l'ira della comunità palestinese era stata la decisione di organizzare la partita nell'ambito delle celebrazioni per il 70° anniversario dello Stato d'Israele. "È come se noi giocassimo per festeggiare l'occupazione inglese delle Isole Malvinas", aveva lamentato nei giorni scorsi Husni Abdel Wahed, ambasciatore palestinese a Buenos Aires. "Se Messi andrà in Israele, bruceremo le sue maglie", avevano minacciato diverse organizzazioni palestinesi. Alle minacce sono anche seguiti i fatti, con un nutrito gruppo di tifosi palestinesi radunatisi fuori dall'hotel catalano in cui alloggia la Seleccion per protestare con slogan minacciosi e violenti atti dimostrativi (tra cui magliette insanguinate e date a fuoco).

A usare toni violenti, tra l'altro, era stato persino il presidente della federazione calcio palestinese, Jibril Rajoub per l'appunto, che aveva esortato apertamente i suoi connazionali "a dare alle fiamme le divise argentine e le maglie di Lionel Messi". E qui siamo in piena campagna elettorale. Chi scrive conosce personalmente Jibril Rajoub da almeno venti anni. Abbiamo conversato su tante cose, anche personali, ma mai è emersa una particolare passione per il calcio. Di certo, però, Rajoub - glielo riconoscono anche i suoi tanti avversari - è un uomo ambizioso e dalle mille risorse. Sa, ad esempio, che in Palestina, a Gaza come in Cisgiordania, i bambini palestinesi vanno pazzi per il calcio e hanno un idolo tra gli idoli: la "pulce" argentina, Leo Messi. A Gaza vanno a ruba le maglie (taroccate) di Leo, sia nella versione Barcellona che in quella della nazionale di Argentina. Il sogno di quei bambini è vedere giocare un giorno in Palestina il loro idolo. In Palestina, non Israele. Perché quello sì che sarebbe stato vissuto come un tradimento, non solo dai bambini, e anche dagli adulti, nei Territori ma nell'intero mondo arabo e musulmano. Questione di geopolitica e di interessi commerciali, tanti da giustificare l'annullamento dell'amichevole.

Per Rajoub è una vittoria personale. Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu una sconfitta. Basta e avanza per fare del colonnello Rajoub l'uomo del giorno in Palestina. "Leo è un simbolo di pace e amore, gli chiediamo di non partecipare ai crimini dell'occupazione israeliana", aveva dichiarato nei giorni scorsi il presidente della Federazione palestinese

"Il governo israeliano sta cercando di dare una portata politica ad un evento sportivo insistendo sul fatto che si giocherà a Gerusalemme. Lanciamo una campagna contro la Federcalcio argentina, Messi ha molti milioni di fan nei Paesi arabi e musulmani: se scenderà in campo contro Israele, chiediamo a tutti di bruciare le sue magliette e i suoi poster", aveva continuato Rajoub. Secondo quanto riportato dal presidente della Federazione palestinese in Sud America, Rafael Araya Nasri, è stato proprio Lionel Messi in persona a fare pressioni per far saltare l'amichevole. Sulla stessa linea si sono schierati, insieme alla star del calcio argentino, più volte Pallone d'oro, anche il compagno di squadra Javier Mascherano e l'allenatore della squadra Jorge Sampaoli. "Non lo dimenticheremo mai, sono campioni di umanità", ha commentato Nasri.

Il timore per la sicurezza dei giocatori è scattato quando le minacce hanno oltrepassato i confini mediorientali e sono arrivate fino a Barcellona, dove si sta allenando l'albiceleste. Un gruppo di tifosi si è presentato a bordo campo con bandiere e maglie della nazionale macchiate di sangue. Maglie, neanche a dirlo, numero 10, quelle del capitano Messi. La conferma è arrivata dalla ministra dello Sport israeliana Miri Regev: l'amichevole, ha detto, è stata annullata per via di "minacce terroristiche". "Da quando hanno annunciato che avrebbero giocato in Israele - ha spiegato la ministra - gruppi terroristici hanno inoltrato ai giocatori della nazionale argentina e ai loro congiunti messaggi e lettere, includendo chiare minacce che avrebbero colpito loro e le loro famiglie". Hanno anche associato "immagini video di bambini morti".

Già in passato, peraltro, si era assistito al braccio di ferro tra la Federcalcio palestinese (Pfa) e quella israeliana (Ifa). La prima accusa la seconda di gravi violazioni della legge internazionale, di impedire lo sviluppo del settore sportivo in Cisgiordania e a Gaza e ne ha richiesto la sospensione dall'associazione del calcio mondiale. "Il calcio israeliano fa parte dell'oppressiva occupazione israeliana e quindi complice nelle politiche razziste e di Apartheid", aveva tuonato Rajoub. "Gioco a calcio a Gaza da quando ero un bambino. Sono cresciuto giocando nelle strade polverose del campo rifugiati di Bureij", ha scritto sul New York Times Iyad Abu Gharqoud, giocatore di serie A della Cisgiordania e della Nazionale palestinese. "Lo sport mi dà una grande gioia e giocare da professionista è un lavoro che amo. Ma lo sport mi ha anche costretto a confrontarmi con una realtà durissima. Poiché i palestinesi non hanno uno stato, è la polizia israeliana che decide se io e i miei compagni di squadra possiamo spostarci da Gaza alla Cisgiordania per allenarci e andare all'estero per partecipare alle partite internazionali".

Alla vigilia del Congresso della Fifa (giugno 2015) la Federazione Calcistica Palestinese inoltra la richiesta di sospendere Israele dalla Fifa. Tra le ragioni della richiesta, avanzata dall'iper attivo Rajoub, gli ostacoli imposti ai giocatori palestinesi dalla limitatissima possibilità di movimento che rende difficile allenarsi, partecipare ai tornei e alle partite all'estero (richiesta supportata dalla testimonianza del giocatore Abu Gharqoud). In vista del Congresso e prima degli scandali, l'allora presidente Joseph Blatter si era recato in Israele e sui territori palestinesi, proprio per cercare di evitare il voto. Una richiesta simile infatti era già stata avanzata in passato ma si era sempre riusciti a raggiungere il compromesso. Questa volta però la Federazione Calcistica Palestinese sembra decisa ad andare avanti. Poco dopo la visita di Blatter infatti le autorità israeliane avevano arrestato uno dei giocatori della nazionale palestinese, mentre la squadra stava passando un checkpoint per partecipare ad un torneo all'estero. L'accusa, aver riportato soldi e informazioni da parte di Hamas, al ritorno da un viaggio precedente. Alla BBC Jibril Rajoub dichiara: "Metterò fine alle sofferenze e all'umiliazione dei calciatori palestinesi. È un nostro diritto".

Oggi Rajoub incassa il successo "sportivo", declinandolo in chiave politica (e personale): "I valori, l'etica e il messaggio dello sport hanno vinto oggi, mostrando ad Israele il cartellino rosso", ha detto il presidente della Federazione calcio palestinese. "La cancellazione - ha aggiunto, citato dalla Wafa - è un colpo al governo di Israele". Rajoub ha poi denunciato il "messaggio politico" che Israele voleva dare alla partita sostenendo con il mondo "grazie alla presenza di Messi" che "le cose sono normali". Rajoub ha spiegato che se la partita amichevole si fosse giocata a Haifa, come era programmato in un primo momento, - come Federazione palestinese "non ci saremmo opposti affatto". La campagna contro il match - ha aggiunto - è cominciata solo quando il ministro della Cultura Miri Rgev ha deciso di spostare l'incontro a Gerusalemme trasformandolo "in un evento politico". Dopo aver ricordato che da quel momento la Federazione ha fatto appello alle istituzioni internazionali per bloccare la partita, Rajoub ha sottolineato che i palestinesi "non hanno nulla contro i giochi di Israele o partite contro Israele. È vero invece il contrario". "Oggi - ha ribadito - è una vittoria per lo sport".

Dopo innumerevoli tentativi, riusciamo a raggiungere telefonicamente "Jibril il vincitore". "La verità – dice Rajoub all'HuffPost – è che il governo israeliano voleva fare della partita con l'Argentina, ciò che ha fatto con il giro d'Italia: dimostrare che anche il mondo dello sport, come l'America di Trump, ha accettato di considerare Gerusalemme capitale 'unica e indivisibile' dello Stato ebraico, calpestando le risoluzioni Onu e la legalità internazionale. Stavolta, però, il gioco non gli è riuscito, e i falchi che governano Israele non potranno farsi, come è successo nella tappa di apertura del Giro d'Italia, dei selfie propagandistici con Messi e gli altri calciatori dell'Argentina". All'HuffPost, Rajoub consegna anche un invito alla Nazionale italiana del neo tecnico Roberto Mancini: "Sarebbe bello che si giocasse un'amichevole in Palestina, magari con Balotelli capitano".

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