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Politica

La costruzione della constituency. Di Maio portato in trionfo da Confcommercio

Di Maio: "Siete tutti onesti, lo Stato dimostri il contrario"

La costruzione della constituency del ministro Luigi Di Maio parte dall'auditorium dove viene messo il scena il bellissimo Giudizio Universale di Marco Balich. Quello della Confcommercio non sarà così definitivo, ma certo è che l'associazione delle imprese tributa un'accoglienza che rasenta il trionfale al capo politico del Movimento 5 stelle. Esplodendo quando arriva la promessa: "Non aumenteremo l'Iva".

"È andata benissimo", sorride Mattia Fantinati, da ormai cinque anni una sorta di ufficiale di collegamento tra il M5s e il mondo delle imprese. Sotto a un soffitto su cui vengono proiettate scaglie di luce blu, quasi si volesse rimanere in tema stilizzando la volta stellata originariamente affrescata nella Cappella Sistina, il presidente Carlo Sangalli traccia i desiderata nei confronti del nuovo governo. Cita il contratto, e mette in fila Iva, voucher da ripristinare, lotta all'evasione, spending review, local e web tax. Un tripudio fra i suoi, con un drappello di veri e propri groupie le cui magliette disegnano la scritta "Sangalli siamo con te".

Un momento di imbarazzo sulle infrastrutture. La Confcommercio le vuole, fortissimamente, l'esecutivo Conte ci va decisamente più cauto. Il passaggio di Sangalli che le richiama è contrappuntato sul maxischermo da un tweet, in cui si nomina il neo ministro Danilo Toninelli, e vi si legge: "Prendere nota, prego, ed evitare di fare gli struzzi".

Di Maio glissa, sale sul palco e viene accolto da un'ovazione. "Qui gli scorsi anni era davvero ostica", spiega Fantinati, quasi sorpreso dal debutto tutto in discesa di questo nuovo Movimento in grisaglia. Davanti alla presidente del Senato Elisabetta Casellati, a Giorgia Meloni a Claudio Borghi e a Graziano Delrio, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo incassa quindici applausi in poco più di venti minuti di discorso. Padrone unico della platea. Il collega vicepremier Matteo Salvini era arrivato con qualche minuto di anticipo. Strette di mani e selfie nel retropalco, tre minuti di ascolto della relazione sangalliana in maniche di camicia, e poi via verso Como, direzione comizio elettorale.

Al peronismo dell'alleato Di Maio contrappone il solito abito blu notte, cravatta inappuntabile e un discorso che parte dal padre, imprenditore e insieme dipendente di una piccolissima azienda. "Io lo amo sto Luigi", grida una signora con badge e maglietta dal loggione. Parla completamente a braccio, crea da subito empatia nonostante il tono consueto, misurato e dosato nei cambi di tono. Piazza subito la mossa win-win: "La ricetta per far decollare le imprese è lasciarle in pace, alleggerirle dalle leggi". Abbatte verbalmente spesometro, redditometro, studi di settore. Promette il disinnesco delle clausole di salvaguardia sull'Iva.

La seconda ovazione scatta sull'evasione fiscale, rispetto alla quale assicura che il governo invertirà l'onere della prova: "Fino a prova contraria siete tutti onesti". Quasi viene giù la sala. Applausi anche sull'Europa, che "non può scaricare solo su di noi l'onere dell'accoglienza" e dalla quale "pretendiamo solo di essere trattati come tutti gli altri".

Un vento freddo nella sala che ben presto si imbomba dell'afa di inizio giugno solo sul reddito di cittadinanza. Sangalli spiega di riconoscere l'utilità degli strumenti "che mitigano la povertà assoluta". Ma specifica: "Per noi, comunque, la via maestra resta il reddito che viene dal lavoro. Lavoro dignitoso e salario giusto". Di Maio risponde che "ci sono tutta una serie di lavori che sono fuori dalla contrattazione collettiva per i quali va garantito un salario minimo finché non ci sarà la contrattazione". I sindacati sbuffano, quando è ormai è lontano il leader stellato precisa: "Dove vige il contratto collettivo ci sono i soggetti che stabiliscono il salario, per chi è fuori va garantito un salario minimo finche' non si arriva ad una contrattazione".

La partita sarà lunga, ma il feeling è stabilito. A bordo campo c'è Vincenzo Boccia. Il presidente di Confindustria sparge parole al miele: "Questo è un governo che vuole cambiare in meglio il paese e noi cercheremo di contribuire perché il cambiamento sia migliorativo e non peggiorativo. Hanno fatto grandi aperture, che generano grandi aspettative, lasciamoli lavorare". Parole che pesano, ancora più della standing ovation finale e della corsa, letterale, alla ricerca di un selfie.

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