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Esteri

Dimissioni di David Davis e Boris Johnson sulla Brexit. Due colpi da K.O. per Theresa May

Barcroft Media via Getty Images
Barcroft Media via Getty Images 

Colpi da ko per il governo conservatore britannico di Theresa May: si sono dimessi due esponenti importantissimi della corrente euroscettica nell'esecutivo, il negoziatore per la Brexit David Davis e il ministro degli Esteri Boris Johnson. Un terremoto politico in piena regola, di fronte al quale May prova ancora una volta a resistere, rattoppando la sua compagine e dichiarandosi pronta ad affrontare il voto in Oarlamento su una possibile mozione di sfiducia: per chiederla servono le firme di 48 deputati del gruppo Tory, già depositate a quanto pare nero su bianco. Il governo è comunque scosso alle fondamenta nei suoi fragili equilibri.

Prima il negoziatore David Davis, contrario alle eccessive aperture all'Europa contenute nel piano Brexit di Theresa May. Il più manierato dei 'brexiteer', molla il timone del dicastero chiave assieme a uno dei suoi vice, Steve Baker. Theresa May rimpiazza Davis col 'giovane leone' Dominic Raab, 44 anni ex viceministro della Giustizia e poi dell'Edilizia, anche lui 'brexiteer'.

A stretto giro, però, arriva l'addio di Boris Johnson. Una presa di distanza dalla svolta soft del Governo di Londra nei confronti dell'Europa. Dimissioni motivate da Boris Johnson con una frase a effetto: "Il sogno della Brexit sta morendo". "La Brexit dovrebbe essere un'opportunità anche per massimizzare i particolari vantaggi del Regno Unito come un'aperta economia globale", e tuttavia "abbiamo posposto le decisioni cruciali", prosegue Johnson nel duro atto d'accusa contro la May, "con il risultato che ci stiamo dirigendo verso una semi-Brexit, con larga parte della nostra economia bloccata nel sistema Ue, ma senza nessun controllo da parte nostra su quel sistema". Nella lettera di dimissioni inviata al primo ministro, Boris Johnson ricorda che sono stati i cittadini britannici due anni fa con il loro voto a scegliere di uscire dall'Ue e che la Brexit dovrebbe rappresentare opportunità e speranza. Dovrebbe essere la possibilità di fare le cose in maniera diversa, di essere più veloci e dinamici e di massimizzare i particolari vantaggi di una gran bretagna quale economia aperta e proiettata all'esterno". Però per Johnson "questo sogno sta morendo, soffocato da superflue incertezze".

Theresa May difende in Parlamento le nuove proposte negoziali per una Brexit più soft delineate dal suo governo come la "via migliore" per assicurare gli interessi nazionali. La premier - più volte contestata dall'aula- assicura che questa piattaforma garantirà l'uscita del Regno Unito dall'Ue, dal mercato unico e dall'unione doganale, ma pone anche le condizioni per una nuova partnership doganale con Bruxelles, per un libero commercio sui beni industriali e agricoli e confini aperti in Irlanda. La nuova linea negoziale, ha detto, "rispetta il risultato del referendum" del 2016, intende garantire "una Brexit giusta", con "il recupero del controllo dei confini" da parte del Regno Unito, la fine della libertà di movimento delle persone e della giurisdizione della Corte europea di giustizia in Gran Bretagna, ma nello stesso tempo anche "una partnership profonda e speciale" con l'Ue sul fronte del libero commercio dei beni e della "sicurezza comune". Pur riconoscendo le difficoltà e il disaccordo dentro il Governo che ha portato alle dimissioni di Davis e Johnson, May ha reso omaggio al loro contributo.

Il Governo May è "una nave che affonda": parola del leader laburista Jeremy Corbyn, secondo cui l'esecutivo è sprofondato "nel caos" sulla Brexit, è "incapace di raggiungere un accordo" con l'Ue e deve "cedere il passo a chi è capace" ha affermato il leader dell'opposizione laburista, evocando un cambio della guardia a favore del Labour. Corbyn ridicolizza la nuova piattaforma sulla Brexit di May, sostenendo che non fa chiarezza su nessuno dei punti chiave, non garantisce un confine aperto in Irlanda e lascia il Paese "prigioniero della guerra civile Tory", come confermano le dimissioni di queste ore.

"I politici vanno e vengono ma i problemi che hanno creato alla gente rimangono" e "il caos creato dalla Brexit è il più grande nella storia delle relazioni tra Unione Europea e Regno Unito ed è lungi dall'essere risolto". Questo il primo commento del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, alle notizie che arrivano da Londra. "Posso solo dispiacermi che l'idea di Brexit non se ne sia andata con Davis e Johnson", ha aggiunto Tusk, augurandosi che i britannici cambino idea sull'uscita dall'Ue. Ironico il commento del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, secondo cui le dimissioni di Boris Johnson "dimostrano chiaramente che c'era grande unità di vedute nel governo britannico".

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