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Politica

Matteo Salvini prende tempo sulle nomine

Tony Gentile / Reuters
Tony Gentile / Reuters 

C'è un motivo se alle ore 18.00, termine per presentare i nomi per le commissioni di "garanzia", nell'elenco della Lega, consegnato agli uffici del Senato, mancano i nomi dei suoi "componenti" per la commissione di Vigilanza. È la mossa. Che potrebbe anche far slittare la votazione prevista per mercoledì. E posticiparla, questo il punto, a dopo che il Parlamento (sempre mercoledì) voterà il nuovo consiglio di amministrazione Rai, dove la maggioranza ha i numeri, come si dice in gergo, per "fare cappotto".

Potrebbe, perché comunque c'è ancora tutta la giornata di martedì per trattare e 24 ore sono un'eternità in questi casi: "Chiederemo una capigruppo – fanno sapere da Forza Italia – e andremo a un chiarimento vero, perché non possiamo accettare che si votino le altre commissioni di garanzia, Copasir e giunte per le autorizzazioni, tenendo fuori la Vigilanza". Perché un accordo di massima, sulle altre, c'è. Sull'organo di controllo dell'operato dei servizi segreti il nome è quello di Lorenzo Guerini. Mentre la giunta per le autorizzazioni della Camera dovrebbe andare a Fratelli d'Italia.

È una mossa quella di Salvini, diciamo così, su due livelli. Che riguarda, innanzitutto, la sua strategia complessiva sul giro di nomine che ridisegna gli equilibri del potere italiano: "Vuole avere un quadro complessivo – spiegano fonti dentro la trattativa – sull'intero pacchetto di nomine che riguardano Rai e Cdp che non a caso slitterà anche mercoledì. E non procedere nome dopo nome o casella dopo casella. Per questo tiene aperta fino alla fine la questione Rai". Di questo negoziato, e questo è il secondo livello, è parte integrante il rapporto che la maggioranza, nel suo complesso, ha con Silvio Berlusconi a cui spetta la commissione di Vigilanza. Proseguono le stesse fonti: "Il punto è che Forza Italia, se vuole la presidenza della Vigilanza deve rinunciare a un componente del cda Rai. Poi c'è la questione del nome, perché Maurizio Gasparri non passa".

L'ex ministro di Berlusconi, padre della legge che Ciampi rimandò alle Camere, uno dei principali titolari del dossier televisivo dell'era berlusconiana, è figura complicata da digerire per i Cinque stelle che hanno già fatto sapere che "non lo reggono". Un po' come accade con Paolo Romani alla presidenza del Senato. Per carità, è anomalo che sulla presidenza di una commissione di garanzia che spetta all'opposizione, sia la maggioranza a dire "questo sì, questo no". Però la fotografia della situazione è questa, e tanto assomiglia (nella logica e nella dinamica) al remake di quanto già visto con l'elezione della presidenza del Senato, con Lega e Cinque Stelle favorevoli a un altro esponente di Forza Italia che non fosse Romani, anche in quel caso sostenuto da un bel pezzo di nomenklatura azzurra. In questo caso, il nome che incontra meno ostacoli è quello di Alberto Barachini, ex giornalista Mediaset e stretto collaboratore di Silvio Berlusconi. A parità di "garanzie" per il Cavaliere (sempre del partito Mediaset si tratta) comunicativamente è "più sostenibile", per i Cinque stelle (e dunque meno problematico da gestire per la maggioranza gialloverde) perché giovane, meno associabile al berlusconismo di governo e ai suoi provvedimenti più divisivi.

Come allora c'è tutto un pezzo della corte berlusconiana che, da giorni, massaggia l'orgoglio del vecchio leader contro un alleato che, al momento del bisogno, "non ti supporta mai", invitandolo trasformare questa battaglia in una irrinunciabile linea del Piave perché "non possiamo far scegliere agli altri chi dei nostri va bene e chi no". Il problema, realisticamente, sono i numeri, insufficienti in commissione (sommando Pd e Forza Italia) senza un accordo di massima con gli altri.

Pesa la confusione di una trattativa polifonica, con la voce dell'azienda schierata con l'ex ministro, quella di Berlusconi più aperta ad altre soluzioni di rinnovamento e alla ricerca di un accordo, l'avvocato Ghedini che vuole inserire nel pacchetto anche i giudici di Consulta e i laici del Csm che si voteranno in settimana. In questo quadro, Salvini ha preso tempo in attesa che il concerto di opinioni si trasformi in una voce. Perché questo ha delle ricadute: "Se Forza Italia rinuncia, in nome della Vigilanza, al consigliere Rai, è un conto. Se invece sul cda fa l'accordo col Pd è altro". Detta in modo un po' brutale: se c'è un accordo complessivo con Forza Italia e Fratelli d'Italia, è possibile per la maggioranza anche eleggerne quattro su quattro. Col Pd fuori (appunto come accade sulla presidenza del Senato).

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