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Politica

Migranti, contropiano di Salvini: entro l'estate via la protezione umanitaria, Cie uno per regione

Stefano Rellandini / Reuters
Stefano Rellandini / Reuters 

"Se vogliono dare soldi a qualcun altro lo facciano, l'Italia non ha bisogno di elemosina". Matteo Salvini boccia la proposta della Commissione Europea sull'immigrazione (6mila euro per ogni migrante accolto) e prepara il suo 'contropiano'. E' un decreto, al Viminale i tecnici ci stanno lavorando e sperano di sfornarlo per l'estate. Due i punti cardine: via la protezione umanitaria istituita dal primo governo Prodi nel '98 e istituire centri di identificazione ed espulsione (Cie), uno per ogni regione.

"L'ipotesi non esiste. L'Italia non chiede l'elemosina, anche perché nel corso del tempo ogni richiedente asilo costa tra i 40mila e i 50mila euro", continua Salvini sulla proposta della Commissione Europea che ha l'obiettivo di rendere operative le intese firmate nell'ultimo Consiglio europeo a fine giugno. Si tratta delle intese che lo stesso ministro dell'Interno esaltò, quantificando la vittoria italiana al vertice europeo con un grasso "70 per cento". Anche il premier Giuseppe Conte si disse soddisfatto, addirittura "all'80 per cento", proprio mentre tutto intorno le intese erano già belle e naufragate: nate su base volontaria, in poche ore si ritrovarono abbattute dagli Stati che ritiravano la propria disponibilità a ospitare i nuovi 'centri controllati' per migranti. Ora su queste intese scritte sulla sabbia si cimenta la Commissione Ue per cercare qualcosa di concreto per il 30 luglio, giorno dell'incontro Ue con Unhcr e Oim a Ginevra.

Domani a Bruxelles ne discuteranno gli ambasciatori dei paesi europei riuniti nel Coreper (il Comitato dei Rappresentanti Permanenti presso l'Ue). Per fare una sintesi, la Commissione propone centri controllati nei paesi europei, gestiti dagli Stati che li ospitano su base volontaria e non dall'Ue come previsto in partenza. Servirebbero per smistare coloro che hanno diritto all'asilo da coloro che invece devono essere rimpatriati. I paesi che accettano i rifugiati trasferiti da questi centri hanno diritto a 6mila euro per migranti. In più, la Commissione propone accordi regionali per gli sbarchi con i paesi africani, esclusa la Libia che resta paese non sicuro per rimpatriare i migranti.

Ma a Roma pare non ci credano più. A metà estate, dopo un Consiglio europeo tanto denso di parole quanto povero di fatti, dopo un vertice dei ministri degli Interni a Innsbruck altrettanto fumoso e anzi ricco delle ovvie contraddizioni tra alleati sovranisti, dopo ben due lettere del premier Giuseppe Conte a Juncker e Tusk solo la settimana scorsa, il governo gialloverde ha deciso di non scommettere più sull'aiuto europeo. Anche Conte, che si è esposto in prima persona nelle richieste di sostegno europeo, oggi non si dice entusiasta della proposta della Commissione. "Non è una questione di soldi", commenta, alludendo ai 6mila euro.

Ed è in questo vuoto che scatta la mossa del Viminale. Dovrebbe essere un decreto che dispone una vecchia proposta del centrodestra: l'abolizione della protezione umanitaria per chi non ha diritto all'asilo politico o alla protezione sussidiaria, ma non può essere rimpatriato perché ha gravi problemi di salute oppure perché il suo paese d'origine è interessato a catastrofi naturali. La protezione umanitaria fu uno degli ultimi atti del primo governo Prodi, che la istituì nel luglio del '98 con il decreto n.286. Serviva a comprendere tutti i casi esclusi dal diritto allo status di rifugiato (stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 1951, riguarda i perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinione politica) oppure esclusi dalla protezione sussidiaria (riconosciuta a chi andrebbe incontro a danno grave, come la pena di morte, la tortura o altri trattamenti inumani o degradanti, qualora tornasse nel paese d'origine).

Già il 4 luglio scorso Salvini ha diramato una circolare ai prefetti, alla commissione per il diritto d'asilo e ai presidenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. La richiesta: ridurre le protezioni umanitarie. Nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale: il 52 per cento delle richieste è stato respinto, nel 25 per cento dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, l'8 per cento dei richiedenti ha ottenuto lo status di rifugiato, un altro 8 per cento la protezione sussidiaria, il restante 7 per cento è rientrato in altri tipi di protezione. Ma la circolare non ha soddisfatto il ministro. Del resto, se non cambia la legge, gli uffici competenti possono ben poco.

E allora ecco Salvini all'opera per cambiare la legge. Appena nato il governo gialloverde, fu uno dei suoi fedelissimi, Massimiliano Fedriga, neoeletto governatore del Friuli, ad accendere i riflettori sulla protezione umanitaria retaggio dell'era Prodi: "La prima cosa è togliere la protezione umanitaria perché esiste solo in Italia". Ora Salvini ha chiesto ai tecnici del Viminale di studiare il dossier.

Oltre all'eliminazione della protezione umanitaria, il decreto prevede anche l'istituzione di nuovi Cie, uno per ogni regione. Punto di difficile attuazione perché si fonda sulla disponibilità dei governatori nonché dei sindaci a ospitarli: complesso. I centri di identificazione ed espulsione erano stati aboliti, perché in pratica si erano trasformati in carceri di migranti in attesa di risposte sul loro destino in Italia. Già l'ex ministro Marco Minniti li aveva riaperti, riuscendo però istituirne solo 6. Riuscirà Salvini a convincere le regioni?

Di certo, i trionfalismi sbandierati agli ultimi vertici europei si stanno rivelando vuoti: era chiaro fin da subito eppure il governo gialloverde cantò vittoria. Ora Salvini cerca di affondare. Dopo aver chiuso i porti alle ong, dopo aver accusato anche la Guardia costiera, ora va all'attacco del diritto: quello che finora ha disegnato un approccio solidaristico da parte dell'Italia nei confronti di chi arriva, connotati propri del Belpaese da ben 20 anni che nessun governo finora aveva pensato di cambiare.

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