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Esteri

Macron riceve Lavrov: un patto francorusso per risalire la china dall'affaire Benalla

Getty
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Sei in difficoltà interna? Gli scandali rischiano di travolgerti o comunque indebolire fortemente la tua credibilità agli occhi dell'opinione pubblica? E ancora? Non sai come uscire dal "pantano siriano", ovvero provi a rafforzare la tua presa sulla Libia? Nessun problema. Rivolgersi al Cremlino, e al "Garante" russo: Vladimir Putin. Vale per Donald Trump e oggi anche per Emmanuel Macron. Il presidente francese ha incontrato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un meeting a sorpresa in cui si è discusso della Siria. A renderlo noto è l'Eliseo. Lavrov era accompagnato dal capo dell'esercito russo Valery Gerasimov, e Macron dal ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian. L'incontro ha avuto luogo all'Eliseo poche ore dopo che i due rappresentanti di Mosca avevano incontrato la cancelliera Angela Merkel e il suo ministro degli Esteri Heiko Maas a Berlino. La riunione è stata organizzata su richiesta del presidente russo Vladimir Putin che aveva parlato con Macron la scorsa settimana, ha precisato la presidenza francese. Mosca, in questa occasione, ha fatto presente il tema del "rientro dei rifugiati" dal Libano, dalla Giordania e dalla Turchia, come anche dalla Germania. Secondo l'Eliseo nella riunione si è discusso anche di Ucraina. Cambiano gli interlocutori ma il dominus resta lo stesso: lo "zar Vladimir".

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il suo omologo russo discuteranno domani, a margine del summit dei Brics, dell'offensiva del regime di Damasco a Deraa, condotta con il sostegno di Mosca. "Discuteremo della questione di Deraa, uno dei temi più spinosi", anticipa il presidente turco in conferenza stampa prima di salire sull'aereo diretto in Sudafrica. Erdogan ha aggiunto che metterà sul tavolo anche la questione di Idlib. Sui due fronti, avverte, "può succedere di tutto in qualsiasi momento".

Una cosa, di portata strategica, è già successa: ora sono i leader occidentali a bussare alla porta del Cremlino per ricevere sostegno, per una sorta di rilegittimazione internazionale utile per riconquistare prestigio e consenso interni. È quello che sta accadendo a Macron. L'iperattivismo su scala planetaria dell'inquilino dell'Eliseo e dei suoi ministri più fidati, in primis il capo del Quai d'Orsay, Le Drian, s'intrecciano, non solo temporalmente, con l'affaire Benalla: "Ciò che è accaduto il primo maggio è stato un tradimento - ha detto Macron in proposito, parlando con i deputati della République en Marche a Parigi - "se cercano un responsabile, l'unico e solo responsabile sono io. Ciò che è accaduto il primo maggio è grave, serio. È stata per me una delusione, un tradimento. Nessuno, nessuno, tra i miei collaboratori o nel mio gabinetto è stato mai protetto o sottratto alle regole, alle leggi della Repubblica, al diritto di tutti i cittadini". Il presidente francese, secondo il virgolettato riportato da Le Monde online, è pronto a prendersi le sue responsabilità: "Sono io ad aver avuto fiducia in Alexandre Benalla. Sono io ad aver confermato la sanzione. Non è la Repubblica dei fusibili, la Repubblica dell'odio. Non puoi essere capo solo quando c'è bel tempo. Se vogliono un responsabile, eccolo qui, davanti a voi, che vengano a cercarlo. Rispondo al popolo francese".

L'ammissione giunge al termine di un'altra giornata infuocata di accuse sulle responsabilità dell'Eliseo, mentre l'80% dei francesi - secondo un sondaggio diffuso da BFM-TV - si diceva "scioccato" per la vicenda, e il 75% invocava una dichiarazione pubblica del capo dello Stato, rimasto da giorni in un imbarazzato silenzio. Attraverso il suo legale, l'ex uomo della sicurezza di Macron indagato per violenze denuncia "l'isteria collettiva" e fa sapere che presto si "esprimerà pubblicamente". Ma l'opposizione insorge. I deputati dei Républicains presenteranno una mozione di censura, ovvero di sfiducia, contro il governo, una prima assoluta dall'inizio dell'era Macron. "Il governo ha fallito", tuona il capogruppo neogollista Christian Jacob. Anche se le chance che la mozione venga approvata appaiono pressoché nulle, si assiste ad alleanze impensabili sino a pochi giorni fa, con il gruppo de "La France Insoumise" del leader della gauche alternativa Jean-Luc Mélenchon che si schiera insieme alla destra. Intanto, nel barometro dell'Ipsos, Macron perde 4 punti di popolarità, record negativo da settembre. "L'affaire Benalla – rimarca su Internazionale Edwy Plenel, saggista e direttore del giornale online indipendente francese Mediapart - è molto più di un incidente di percorso di un collaboratore dell'Eliseo. È un campanello d'allarme per la deriva di questa presidenza verso un potere ancor meno condiviso del capo di stato, sempre più autoritario, con continui colpi di mano, e diretto verso un presidenzialismo rafforzato della quinta repubblica, che ignora i contropoteri, cancella il primo ministro e tiene in scacco il parlamento, umiliando gli oppositori e disprezzando la società".

Ecco allora che per recuperare un po' della "grandeur" personale perduta, il presidente francese gioca la carta della "grandeur" della Francia nel mondo. In verità, ricordano con un po' di veleno, gli analisti politici a Parigi, anche il predecessore di Macron all'Eliseo, Francois Hollande, sull'onda dello shock che attanagliò la Francia e il suo popolo dopo le stragi di Parigi ad opera dell'Isis, provò a risalire la china di disastrosi sondaggi di popolarità, ordinando ai caccia francesi di bombardare l'allora "capitale" siriana del Califfato islamico: Raqqa. Come andarono le cose, è ormai nella storia: travolto da insuccessi economici e da scandali privati, Hollande si chiamò fuori dalla corsa all'Eliseo, trascinando con sé nel baratro elettorale i Socialisti francesi spianando la strada al trionfo elettorale dell'ex pupillo: Emmanuel Macron.

Il tempo, molto ravvicinato, dirà se il giovane Macron avrà sorte migliore del suo più stagionato predecessore. Resta il fatto che, al di là delle ricadute interne, l'attivismo in politica estera del Presidente mira a fare della Francia uno dei protagonisti di una "Jalta mediorientale". A fianco di Putin. Vale per lo scenario siriano, come per quello libico. Ed è proprio in Libia e sulla Libia che Macron cerca il sostegno di Putin per rafforzare la cabina di regia francese nel Paese nordafricano. A danno dell'Italia. In Libia, Russia e Francia sostengono l'uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, mentre l'Italia continua a puntare su Fayez al-Sarraj, primo ministro del governo di accordo nazionale insediato a Tripoli. Alla base di tutto c'è la spartizione della miliardaria "torta petrolifera".

È soprattutto la "diplomazia del gas" a cementare il patto Putin-Macron, via Gazprom e Total. Venticinque maggio 2018: il presidente francese la mano alla Russia e si impegna ad agire per avvicinare ed ancorare Mosca all'Europa e superare così "25 anni di incomprensioni". L'inquilino dell'Eliseo lo afferma al Forum economico di San Pietroburgo, un anno dopo il suo primo incontro, a Varsailles, con Putin. "Sono profondamente convinto che la storia della Russia e il suo destino siano legati all'Europa. Saluterei con favore un impegno russo nel Consiglio europeo, e vorrei che sulle questioni economiche, strategiche e di difesa il nostro dialogo, aperto da decenni, possa ricevere un nuovo impulso". Dal canto suo, il presidente russo dà prova di realismo, parlando della Francia come di un partner tradizionale, ma senza nascondere le divergenze su alcuni dei principali dossier internazionali: "Ci sono molti problemi all'orizzonte, ma siamo nelle condizioni di compiere un dialogo dettagliato e multidirezionale, che crediamo sia da tempo in ritardo. I punti che stiamo discutendo ora, sui problemi di Corea del Nord e Iran, non ci stanno avvicinando, ma dobbiamo continuare a discutere". E così è stato.

A San Pietroburgo, oltre di politica, Macron e Putin hanno parlato d'affari. Parlato e realizzato, Nei due giorni del Forum, la Francia ha sottoscritto oltre 50 fra accordi commerciali e trattati alcuni davvero strategici. Come quello siglato da Total e Novatek: l'azienda russa venderà ai transalpini il 10% delle azioni del progetto Arctic Lng-2. Si tratta del secondo stabilimento di gas liquefatto di Novatek, che sarà lanciato nel 2023 con una capacità di oltre 18 milioni di tonnellate l'anno. Quanto a Putin, di una cosa si dice certo: se l'Europa vuole essere competitiva non ha altra scelta che comprare il gas russo: "Su certe distanze non può esistere competizione con i nostri gasdotti – aveva sostenuto il presidente russo durante il vertice bilaterale con l'omologo francese - Il nostro gas costa il 30% in meno di quello liquefatto Usa". La prova del nove, per il leader del Cremlino, è che i rigassificatori in Ue lavorano "al 20% della capacità". Messaggio recepito da Macron. Non solo per avere un posto a capotavola nella "Jalta mediorientale", ma anche per la bolletta energetica francese, il "Garante" a cui affidarsi non è a Washington. È a Mosca.

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