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Politica

Prove tecniche di rottura. Salvini forza su Foa e Forza Italia non lo vota

Alessandro Bianchi / Reuters
Alessandro Bianchi / Reuters 

Tutto racconta di un salto di qualità nel livello dello scontro. Non solo quello "politico" annunciato nel centrodestra, a meno di tanto clamorose quanto improbabili novità. Ma di una crisi dai contorni non definiti. Col consiglio di amministrazione della Rai che vota Marcello Foa pur sapendo che i numeri in commissione Vigilanza non ci sono. Il che prefigura uno scenario inedito. Di contrapposizione tra cda e Vigilanza, ovvero tra l'organo di autogoverno del servizio pubblico e l'organo di garanzia e controllo.

Ecco, la rottura nel centrodestra tracima nel circuito "istituzionale". Non è un incidente frutto di una situazione sfuggita di mano. È la pagina finale di una storia o, se preferite, la fine dell'ipocrisia di un centrodestra che, neanche alle elezioni, si è presentato come una credibile coalizione politiche ma come una coalizione dei separati in casa. La foto di giornata dice tutto.

Matteo Salvini, il "barbaro" è a Milano Marittima, in vacanza col figlio, tra un calcio al pallone, un bagno e una birra ghiacciata, con l'atteggiamento di chi "se ne frega" delle convulsioni degli alleati, vecchi e nuovi e delle mediazioni possibili. Non tratta, neanche dopo l'intervista in cui Silvio Berlusconi dichiara che non voterà mai Marcello Foa, perché è una scelta non condivisa. La risposta è la forzatura del voto in cda Rai. Il Cavaliere, ancora al San Raffaele per qualche controllo, resta fermo sulle sue posizioni, per orgoglio, convinzione, ma anche per logica politica perché a questo punto tornare indietro equivale a dichiarare la propria irrilevanza.

Per tutto il giorno si rincorrono voci di una possibile telefonata di Matteo Salvini, nella convinzione che, in fondo, possa bastare il gesto di "riconoscimento" politico nei confronti del Cavaliere per ammorbidirlo e farlo passare dalla posizione della contrarietà senza se e senza ma a una "astensione" che consentirebbe a Foa di passare e al Cavaliere di distinguersi, tenendo al tempo stesso aperta una trattativa "sostanziale" sulle future nomine Rai. In serata trapela che la telefonata ci sarebbe stata, ma che è servita non ad aprire una negoziato ma a certificarne l'impossibilità. E, con essa, la fine della coalizione.

Perché questo è il punto: "Il no di Berlusconi – racconta chi è riuscito a parlare col leader leghista – equivale alla fine del centrodestra". Un processo che sembra essere già in atto. Da entrambe le parti. Con Salvini che, proprio sul dossier televisivo, mette fine alla prassi delle "consultazioni" con Berlusconi, ponendosi come il "nuovo" che rifiuta il negoziato e forza su un nome "sovranista" estraneo, come ha detto il lo stesso Foa dopo il cda, alle "logiche spartitorie e partitocratiche". E Forza Italia che, dopo aver porto l'altra guancia in una infinità di occasioni sin dall'inizio della legislatura, ha iniziato per la prima volta a fare opposizione sul serio. Bastava ascoltare in Aula gli interventi sul decreto dignità, di insolita durezza, per capire che qualcosa è cambiato.

Al momento la decisione, sul voto in Vigilanza previsto per mercoledì mattina, è di non entrare in commissione per votare il presidente, per evitare, in tal modo, di esporsi alla critica dell'"avete votato assieme al Pd". Una tattica politio-parlamentare che non muta la sostanza, perché senza Forza Italia a Foa mancano tre voti per essere eletto. È un'incidente che crea una situazione davvero inedita e complicata. Tecnicamente, dopo la bocciatura, le strade sono due: o Foa si dimette e spetta al Tesoro la nomina di un nuovo presidente che deve sempre avere i due terzi della Vigilanza; oppure non si dimette e si sceglie il presidente tra gli altri componenti del cda. È molto circolata nei Palazzi l'ipotesi di Giampaolo Rossi, il consigliere in quota Fratelli d'Italia, un altro turbo-sovranista perché per Salvini sarebbe complicato dire di no dopo che la Meloni ha votato Foa. Ipotesi, suggestioni, ragionamenti probabilmente destinati a essere travolti dal voto della Vigilanza. Perché se il punto è la scelta di un presidente di "garanzia" è complicato per Berlusconi accettare uno dei nomi dell'attuale cda, peraltro con lo stesso tasso di sovranismo.

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