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Politica

Un Pd meno partito, più movimento

ANSA
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A metà della conversazione, Maurizio Martina anticipa la sua proposta di riforma del Pd. Ospite nella redazione dell'Huffpost, il segretario dem illustra le linee guida del progetto di un nuovo Partito Democratico che parta dal basso, "un Pd utile". La sfida è realizzare "mille progetti di comunità" in un anno, promossi e coordinati dai circoli diffusi su tutto il territorio nazionale, per mettere il Pd "in mezzo positivamente fra i bisogni e i cittadini". Una mission sociale, prima che politica. Un Pd che sappia anche "trovare una sua idea di protagonismo sul web", un fronte su cui finora è risultato inadeguato.

Martina affronta anche i temi di più stretta attualità della politica, dalla consolidarsi del blocco sovranista nella maggioranza M5S-Lega che sostiene il Governo alla disgregazione del centrodestra, dalle contraddizioni nelle politiche del Governo all'emergenza razzismo nel Paese.

Maurizio Martina, la vostra posizione è chiara da giorni su tutta la vicenda Rai. La novità di oggi è la frattura che si è aperta nel centrodestra con la decisione di Silvio Berlusconi di votare contro Foa. È l'inizio di una nuova dinamica nel centrodestra?

Di sicuro la dinamica che si è aperta segna innanzitutto un punto di grande difficoltà per il Governo. È oggettivo che la forzatura fatta su questa ipotesi di presidenza è stata un clamoroso errore. Ed è oggettivo che siamo di fronte a una sconfitta per chi ha immaginato dal Governo di poter gestire i rapporti anche nel centrodestra sulla base di un tentativo di accordo sull'organigramma. Se Forza Italia confermerà la sua linea contraria insieme alle altre opposizioni sarà un passaggio rivelatore di una dinamica nuova che dobbiamo capire.

Ecco appunto, proviamo a capirla. È la fine del centrodestra come l'abbiamo conosciuto?

Secondo me non c'è più già da tempo, non c'era nemmeno prima del 4 marzo nonostante quella rappresentazione elettorale. La vicenda di queste ore segna un salto di qualità in questo ridisegno complessivo delle forze. Tutto quello che Salvini ha fatto in questi mesi porta oltre il centrodestra per come immaginato fin qui, penso che debbano rendersene tutti conto, in particolare Forza Italia.

Proviamo ad analizzarlo, ciò che c'è, o ciò che non c'è ancora.

Quello che abbiamo conosciuto, detta in estrema sintesi, era una dialettica cooperativa fra Lega e Forza Italia, sia prima del voto che nelle fasi iniziali della legislatura, quando hanno iniziato a trovare un punto di compromesso. Non regge più questo equilibrio, le traiettorie ora sono completamente diverse, lo strapotere e l'egemonia di Salvini su tutto quello che si muove dentro quell'orbita è talmente dirompente che non vedo spazio per la ricostruzione di un equilibrio. Poi ci sono i nodi di merito. Il decreto Di Maio, con il grido d'allarme dal Lombardo-Veneto, non fa altro che divaricare le posizioni, anche fra Lega e Forza Italia. Oggi Tajani prova a raccogliere questa istanza e si posiziona in maniera netta contro alcune scelte di quel provvedimento.

Si può dire che "socialmente" il centrodestra non c'è più perché non ci sono più i moderati? I moderati non ci sono. Il ceto medio piegato dalla crisi che ha votato Salvini è arrabbiato, non più moderato. E Salvini, per la prima volta, è egemone su Berlusconi.

Concordo. La categoria del moderatismo come l'abbiamo in testa noi e come l'abbiamo imparata in questi anni non esiste più. Due o tre mesi fa ho letto sul Resto del Carlino la storia di volontari di una parrocchia che da anni fanno volontariato e raccolgono vestiti per i rifugiati. Raccontavano al loro parroco, in piazza e al bar, perché hanno scelto la Lega alle elezioni. Attenzione. Secondo le nostre categorie, qui c'è una dissociazione: come si fa a fare volontariato in parrocchia per i migranti e poi scegliere la Lega? Evidentemente ci sono dinamiche che nessuno ha compreso. C'è una rilettura radicale del rapporto fra il cittadino, il suo consenso, la sua aspettativa politica e alcune categorie che non sono più attuali se prese così come le abbiamo imparate.

E se invece quello di Forza Italia sulla Rai non fosse un gesto di forza ma, al contrario, il singulto della morte?

Non lo so. C'è il rischio per loro che questo possa essere l'ultimo tempo. Dipenderà tantissimo dalla loro capacità di uscire da questa dinamica. Hanno anche atteso troppo. Ciò detto noi ci dobbiamo occupare della nostra prospettiva che è e rimane anche alternativa a loro.

Ma, al netto della Rai, a lei Forza Italia sembra un partito di opposizione e comunque un partito che ha ancora la forza di determinare le sorti del centrodestra?

Senza dubbio c'è un elemento di ambiguità nella nascita del governo e, ancora prima, ai tempi delle elezioni delle alte cariche quando immaginavano un altro percorso. In Parlamento devo dire che alcuni segnali di iniziativa di opposizione sono stati presi, ma il punto è che se non sciogli il nodo di fondo l'idrovora Salvini non guarda in faccia nessuno.

Ecco, Salvini. È chiaro quel che non c'è più, il centrodestra come l'abbiamo conosciuto finora ma come immagina che sarà la nuova destra? Cioè questo governo Salvini-Di Maio è solo un passaggio in vista di un bipolarismo Lega-Cinque stelle o si sta cementando un blocco politico comune?

Anche a me sembra questo il tema del futuro. Vedo una ragione sociale che li unisce, vedo un collante nazionalista, sovranista. L'idea che possano essere il tentativo, l'espressione insieme di una proposta sovranista, questo lo vedo. Quando Di Maio copre, come sta coprendo, il tema esploso con Daisy, la ragazza di Moncalieri e non problematizza la questione razzista facendo il copia incolla di Salvini, non c'è solo una difesa d'ufficio per l'operato del Governo, c'è una scelta che è anche politico culturale di stare in scia, di essere complice e partecipe. Questo può cementare un blocco, è abbastanza impressionante come Di Maio su un tema così importante non costruisca una dialettica per preservare anche una identità del Movimento differente dalla Lega, questo mi impressiona.

Se questa è l'analisi, il suo tentativo di fare il governo con i Cinque stelle risulta, ex post, velleitario.

Quella era una sfida ai 5 stelle. Quando si è trattato di ragionare in quel frangente, nessuno di noi ha pensato a una strada in discesa, sapevamo che le incognite erano tantissime e sapevamo che potevamo non farcela. Il Cinque stelle è un movimento composito che nel suo elettorato ha un pezzo di popolo che in passato ha votato la sinistra, ha diverse sensibilità al suo interno e lo vedremo quando esploderanno le contraddizioni. Quello che è successo in queste settimane, dalla sicurezza alle migrazioni fino al razzismo, ha spostato molto il Movimento a destra. Come dicevamo, ha coperto e basta la linea di Salvini, anche su questa evidente torsione razzista. Sono inconcepibili le dichiarazioni sia di Salvini che di Di Maio. È sconcertante Salvini che dice "Mi dispiace per Daisy, ma...". E che Di Maio non dica nulla.

Quando parla delle varie anime si riferisce all'anima di sinistra di Roberto Fico.

Per quello che dice, immagino la sua difficoltà di stare in una dinamica di maggioranza come questa. Inoltre oggi fa un mestiere super partes. credo però che tanti di loro abbiano un problema a riconoscersi dentro le scelte di questo Governo. Ma insisto, se vai anche più giù, lo stesso problema riguarda un pezzo dell'elettorato grillino che viene dal centrosinistra. Insomma, sono convintissimo che lo spazio dell'alternativa a Lega-M5S sia oggi più largo di quello che si vede, nella società. Magari Non si vede ancora, è anche difficile che si veda già. Poi certo non è automatico che uno dica allora vi volto le spalle e torno a votare il centrosinistra, ma dobbiamo prepararci.

Serve una proposta, che al momento non c'è ancora.

Il termine della nostra sfida non può essere quello dell'attesa, dobbiamo lavorare dentro le loro contraddizioni. Fare in modo che aumentino, esplodano, si rendano evidenti, dobbiamo essere soggetto attivo, provocare, infilarci negli spazi che abbiamo, sapendo che il lavoro che tocca fare non solo dentro la dinamica delle istituzioni, ma nella società.

Lei parla di contraddizioni. Quale è la principale contraddizione di questo governo?

La sfida si misura sull'interesse nazionale. Sarà presto chiaro che alcune scelte cruciali che questo Governo sta compiendo minano l'interesse nazionale: che si parli di dazi, o di riforme-controriforme del mercato del lavoro, o della collocazione dell'Italia nello scacchiere nazionale.

A proposito di interesse nazionale. La vicinanza di questo governo a Putin, cioè a un leader interessato a destabilizzare l'Europa, non è esattamente espressione dell'interesse nazionale. Voi siete pronti a una campagna sul tradimento dell'interesse nazionale da parte dei sovranisti?

Me la sento di fare una battaglia in cui pongo una questione politica: l'Italia non può esporsi in questo passaggio delicatissimo dell'Europa come il grimaldello che usano altri fuori dal contesto europeo per far deflagrare il progetto Ue.

Giochereste la carta del tradimento?

Sono pronto a misurare sul terreno dell'interesse nazionale le scelte di un governo. Per dire che alcune di esse rischiano di indebolire la nostra sovranità e comunque la capacità di questo paese di stare dentro il tempo in cui sta, soprattutto in Europa, nella dinamica che si è aperta. Ho trovato pericolose alcune posizioni, un posizionamento che tende a dire che l'Italia è sul mercato, penso che da questo punto divista dobbiamo essere preoccupati. Dopo di che la questione è se l'Italia sia un pezzo della soluzione o un pezzo del problema. Temo che con questo governo saremo un pezzo del problema. Siamo andati ai Consigli Ue e ne siamo usciti più deboli, non più forti, checché ne dicano Salvini e Conte.

C'è un problema però e non di poco conto. Lei dice che c'è al governo una forza razzista, xenofoba, che si deve alzare la guardia. Tutto bene. Però poi succede, e questa è la novità, che non scatta nel popolo della sinistra che è rimasto nemmeno l'evocazione del pericolo. E nelle zone rosse, in pieno governo gialloverde, perdi e nelle periferie dove era forte il Pci vince la Lega. È l'estinzione della sinistra?

Siamo davanti a un punto critico nuovo il rischio che corriamo è altissimo. Vorrei dare il senso della drammaticità del momento. E i tratti di questa novità dobbiamo riconoscerli. Rabbia, frustrazione, paura, solitudine...Nelle classifiche di quello che viene cercato nei motori di ricerca di questo paese ci sono i manuali sulla felicità. Significa molto. Per noi è fondamentale: come tornare a essere protagonisti dei legami sociali, della partecipazione consapevole, del fatto che la gente non si senta sola e rancorosa, che sfoghi questo in comunità e non in autonomia?

Come si fa?

Per fare questo devi fare innanzitutto promuovere un'idea del futuro del paese. Penso che anche per noi si apra una riflessione su come evolvere, anche nella forma. Approfitto di questa chiacchierata per annunciare che tra un po' presenteremo fra poco un progetto su questo, perché non siamo all'anno zero.

Di che si tratta?

Stiamo lavorando alla nostra rete nazionale dei progetti di comunità. La presenteremo fra poco. Il tentativo di mettere in rete esattamente questa idea: i circoli del Pd diventano soggetti di servizio ai bisogni attorno a due grandi assi: la cura della persona e la cura del territorio. Ci sono già ovunque circoli che fanno questo. Penso a Roma a Tor Bella Monaca dove due giovani avvocate fanno lo sportello gratuito per la compilazione della modulistica del Rei, o alla Sicilia dove ci sono circoli che fanno assistenza sociale. Non so se hanno perso meno elettoralmente per questo, ma non è solo una questione di misura del consenso, è il vero cambio di pelle del Pd. Stare vicino ai bisogni delle persone sul territorio. Aprirsi alle esperienze civiche di base, all'associazionismo. La sfida di qui a un anno è ripartire da mille progetti di comunità, dove i nostri si organizzano e organizzano risposte ai bisogni. Per fare rete sociale. A me interessa che il Pd sia soggetto protagonista, perché è il modo più intelligente, propositivo per fare militanza politica: mettiti di mezzo fra bisogni e cittadini e organizza un pezzo della risposta. Il 9 settembre a Ravenna, lanceremo la rete nazionale dei progetti di comunità in una grande assemblea dei circoli.

Sta annunciando una riforma del partito?

Il Pd non va sciolto o superato. Va riformato profondamente. Il "nuovo Pd" che voglio io parte dai mille progetti di comunità, parte dall'idea che nel territorio SI torni a essere un soggetto che risponde ai bisogni dei cittadini. Con l'azione. Un Pd che è più movimento, più orizzontale e meno verticale. I circoli devono fare non solo tessere, ma progetti di comunità. Se non fai così, qual è la ragione di un circolo oggi? C'è un radicamento statico di una sezione che sta lì, autoreferenziale, con discussioni sono interne, magari verticalissime. È invece possibile un radicamento orizzontale che porta gli iscritti del tuo partito di quella comunità a fare cose. Non so l'effetto elettorale, ma bisogna mettersi in movimento, riorganizzare una funzione muovendo le cose, aggregando persone.

Lei parla di rete dei circoli, ma parliamo anche di rete intesa come Internet. Il video di Di Maio sull'aereo ha avuto quattro milioni di visualizzazioni e oltre 100mila like. È vero che la rete è l'humus del grillismo ma è anche vero che i Cinque stelle sono sulla rete e voi no. Non crede che dovreste porvi il problema?

Sono numeri impressionanti, sono d'accordo. Bisogna capire intanto raggiunti come. Non nego comunque che si debba trovare una nostra idea di protagonismo nella rete che ancora non abbiamo. Sento tutta l'insufficienza delle lettura che noi diamo di come utilizziamo la rete. Lì si misura l'altra faccia della sfida di cambiamento del Pd, senza snaturarci. Se dovessimo solo scimmiottare quello che fanno gli altri avremmo già perso. Dobbiamo trovare il codice della nostra presenza sulla rete, per raggiungere i cittadini, che sia coerente e non ci snaturi. Le due facce del cambiamento sono da una parte un'idea più orizzontale, più aperta, più civica, che si misura con la sfida dei progetti di comunità e svolge un ruolo da protagonista attivo, la seconda faccia è questa. Organizzare la comunità, mettere insieme soggetti a fare delle cose insieme. La forza di Corbyn in Inghilterra non è solo nella sua capacità dialettica, ma in quello che c'è dietro un movimento che da anni fa questo tipo di politiche. Sia con Alexandria Ocasio Cortez a New York, sia nella storia di En Marche in Francia, ci sono i semi di questo lavoro. In Italia questa mossa di rinnovamento la deve fare il Pd. Il Congresso è questo, poi c'è anche la leadership, che è cruciale, ma se non facciamo prima questo lavoro, non riusciremo a ripartire.

Che differenza c'è tra questo modello e i meet up?

I meetup mi sembrano esperienza chiuse e spesso conflittuali al loro interno. Noi dobbiamo prendere esempio piuttosto dalle migliori pratiche anche in altri paesi, avere il coraggio di mettere il Pd al servizio. Penso davvero che questo sia lo spirito del Congresso. Se lo interpretiamo come una stagione di cambiamento, come sono i progetti di comunità, è il Pd orizzontale. Poi certo devi avere un segretario, un leader riconosciuto, forte. Sono consapevole che serva. Tutto questo sta in piedi se c'è un popolo e un leader. Non c'è il secondo senza il primo.

A proposito di Congresso: si farà prima delle Europee?

Sì, è quello che abbiamo deciso con l'assemblea nazionale.

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