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Esteri

La Turchia rischia di inguaiare l'Italia

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L'HuffPostlo aveva anticipato nei giorni scorsi da Istanbul: lo scoglio sul quale possono infrangersi le ambizioni di potenza del "Sultano" si chiama economia. Così è. Nelle ultime ventiquattr'ore il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha denunciato "campagne" internazionali volte a colpire il suo Paese e invitato i suoi cittadini a non farsi prendere dal panico per il crollo della lira sui mercati valutari. Il capo dello Stato, riferisce il quotidiano Hurriyet, è intervenuto ieri sera tardi da Rize, sua città natale: "Avranno pure i loro dollari, noi abbiamo il nostro popolo e Dio", ha scandito Erdogan. "Lavoreremo molto e ci sforzeremo per rendere il nostro Paese più moderno con tutte le sue 81 province, se Dio vorrà. Ma sappiate – ha aggiunto - che oggi stiamo meglio di ieri e che domani staremo meglio di oggi".

La lira turca ha perso oltre il 30% nei confronti del dollaro dalla fine del 2017, crisi aggravata negli ultimi tempi dalle tensioni con gli Usa. Per Erdogan si tratta di "una delle varie campagne" d'ordine contro la Turchia per indebolirla. "Ma non date loro importanza – ha affermato – e non dimenticate che avranno pure i loro dollari, noi abbiamo il nostro popolo e Dio". Voglio che siate pazienti e appassionati". Il governo turco "non perderà la guerra economica", ha insistito Erdogan parlando oggi durante una visita alla città settentrionale di Bayburt ad un gruppo di fedeli musulmani, dopo la tradizionale preghiera del venerdì, come riferiscono ancora Hurriyet e altri media. Fa leva sul patriottismo, il Sultano, con cui contrastare il presunto complotto delle lobby occidentali e delle agenzie di rating: "Chiunque abbia dollari o oro sotto il materasso li cambi in lire – 'consiglia' Erdogan -. Questa è la risposta del nostro popolo a chi ha dichiarato una guerra economica contro di noi".

Le banche italiane sono esposte per quasi 15 miliardi di euro (16,9 miliardi di dollari) verso la Turchia, e salgono a 16 se si includono le garanzie. E' quanto emerge dai dati della Banca dei regolamenti internazionali, che funge da "banca centrale delle banche centrali". Gli istituti di credito del nostro Paese vengono dopo la Spagna (71 miliardi di euro), la Francia (33 miliardi), la Gran Bretagna (16,5 miliardi) e gli Stati Uniti (15,6) oltre alla Germania (14,8 miliardi). In totale l'esposizione delle banche internazionali verso la Turchia è pari a 264,9 miliardi di dollari. Dalle banche alle infrastrutture, dalle auto alle autostrade: la Turchia è da anni un mercato importante per le imprese italiane, con un interscambio totale che sfiora i 20 miliardi di euro e investimenti notevoli di gruppi come Pirelli, Fiat e, da alcuni anni, Unicredit (che ieri ha perso il 4,7% a Piazza Affari). Un "mercato prioritario" per l'export italiano lo definisce la Sace, la società di assicurazioni degli esportatori.

Inevitabile dunque che si senta anche in Italia l'impatto della crisi finanziaria che colpisce il Paese. Unicredit è azionista di peso di Yapi Kredi, con una quota dell'81,9% detenuta attraverso la joint venture paritaria con Koc Group. Fca è presente da decenni con lo stabilimento di Bursa-Tofas (Instanbul), con decine di migliaia di veicoli prodotti. Da cinquant'anni è in Turchia anche Pirelli, che ha concentrato la produzione nello stabilimento di Izmit, a 100 chilometri da Istanbul, costato 170 milioni di euro di investimenti negli ultimi anni, la produzione di due milioni di pneumatici industriali l'anno destinati ai mercati di Europa, Medio Oriente e Africa. Cementir ha investito in Turchia dal 2001 oltre 530 milioni di dollari acquisendo Cimentas e Cimbeton. Anche Leonardo, tramite Alenia Aermacchi, è in qualche modo toccato dalla crisi turca in quanto contribuisce alla produzione dell'F-35 (che vede 30 ordini dalla Turchia con opzione per altri 70 velivoli) e partecipa a una commessa importante, 30 elicotteri da parte di Turkish Aerospace al Pakistan. Tanti i progetti italiani in Turchia, a partire dal comparto infrastrutture-costruzioni-logistica: come quelli di Salini Impregilo nella costruzione di due autostrade, la Kinali-Sakarya e la Tarsus-Adana-Gaziantep, in un impianto idroelettrico, nella linea ad alta velocità che collega Ankara ad Istanbul, nella depurazione delle acque a Istanbul. E poi c'è l'export dell'Italia, nel 2017 quinto partner commerciale con 19,8 miliardi di dollari di interscambio totale (+11,1% rispetto al 2016), di cui 11,3 miliardi di dollari in esportazioni e 8,5 miliardi di dollari in importazioni e una quota di mercato del 5,1%. Per i mercati è stato un venerdì di passione.

Passione turca. Piazza Affari va in rosso fino al -3% e alla fine recupera un poco al -2,5%, ma resta la più pesante d'Europa. Parigi perde l'1,59%, Londra lo 0,97% e Francoforte l'1,99%. Istanbul ha oscillato fortemente contenendo alla fine il passivo al -2,3%. Quando terminano gli scambi in Europa, a Wall Street domina il rosso con il Dow che cede lo 0,65% e il Nasdaq lo 0,4% Anche lo spread tra il Btp italiano e il Bund tedesco risente delle fibrillazioni sui mercati sui mercati e sale ai massimi da due mesi a 267 punti base, con il rendimento del decennale a un passo dal 3% Le aziende turche che si sono indebitate in dollari stanno lottando per ripagare i loro debiti. L'inflazione sta andando fuori controllo e viaggia intorno al 16%. Il Governatore Murat Cetinkaya ha già alzato di 500 punti base i tassi quest'anno per sostenere la lira. Ma ha sorpreso gli investitori il mese scorso decidendo che non erano necessari ulteriori aumenti. La ragione è politica: perché a guidare la Turchia, è un presidente dai poteri assoluti, nemico dichiarato dell'aumento dei tassi d'interesse.

La lira turca ha toccato un nuovo minimo storico e in avvio ha perso fino al 13,5% sul dollaro. Sul reddito fisso il bond governativo a dieci anni tocca il massimo storico, con il rendimento schizzato al 22,82% rispetto al precedente 18,85%. La discesa della moneta turca è continuata nella notte sulla scia delle crescenti tensioni tra Ankara e Washington, ma anche delle preoccupazioni per un'eccessiva esposizione dei creditori della zona dell'Ue, rivelate dal Financial Times. Dopo un pesante calo giovedì, che ha visto la valuta turca arrivare a 5,4 per un dollaro (e 6,3 lire per un euro), i cambi overnight hanno fatto segnare un ulteriore scivolamento del 5%. Il mercato dei cambi penalizza la lira dopo la visita di una delegazione turca a Washington, guidata dal viceministro degli Esteri Sedat Onal: il governo turco sperava che sarebbe servita ad avvicinare le parti su una serie di questioni, inclusa la detenzione del pastore americano Andrew Brunson e relative sanzioni. Ma la missione ha avuto esito negativo. Arrestato nel 2016 durante le purghe seguite all'attacco ai palazzi del potere di Ankara, il 52enne Brunson è accusato di essere una "spia gülenista" (l'imam Fetullah Gülen, residente da anni negli Usa ritenuto da Erdogan l'architetto, per conto della Cia del fallito golpe del luglio 2016), mascherata da pastore anglicano, al servizio, "con i curdi, dei cospiratori". Erdogan sarebbe stato disposto a liberarlo in cambio dell'estradizione (mancata) di Gülen e allora la magistratura turca ne ha disposto il trasferimento ai domiciliari, ma non il rilascio. Brunson è "vittima di una detenzione ingiusta" secondo il governo Usa.

Così, l'amministrazione di Donald Trump ha disposto il blocco dei beni di proprietà dei due ministri turchi che sono sotto la giurisdizione statunitense. Oltre a questo, è scattato il divieto ai cittadini americani di avviare transazioni con i due ministri. Il governo turco ha definito le sanzioni inaccettabili.

La bufera monetaria delle ultime settimane non ha precedenti quanto a potenza e intensità. Tanto da travolgere pure il mercato obbligazionario, con i rendimenti sui bond decennali schizzati sopra al 20% e i credit default-swap (le polizze anti-default) volati a 400 punti base, ai massimi dal 2009. La caduta della lira oggi "testimonia che gli investitori sono estremamente preoccupati di una imminente crisi monetaria totale", sottolinea in una nota David Cheetham, analista capo di XTB, quarto maggior Broker di Forex e CFD nel mondo. "Gli investitori vedono la crisi monetaria in Turchia come un problema locale. Tuttavia, sembrerebbe che la rapidità della caduta (della lira) rafforzi l'inquietudine per una possibile esposizione delle banche europee nel sistema bancario turco", rimarca Michael Hewson, analista de CMC Markets. Con la sua ultima uscita, Erdogan ha "spiazzato gli operatori visto che ha accuratamente evitato di parlare di misure straordinarie nel campo della politica monetaria preferendo cavalcare tematiche più etiche", annotano gli analisti di Mps Capital Services.

Diversi grandi gruppi industriali hanno già chiesto di ristrutturare il debito per decine di miliardi di dollari, spingendo le banche a elaborare un nuovo regolamento per richieste simili in futuro. Le banche turche hanno circa 100 miliardi di dollari di debito estero in scadenza nei prossimi 12 mesi. E le cose potrebbero peggiorare ulteriormente, visti i segnali che giungono da Washington. Segnali di guerra (commerciale).

Il timore di queste ora ad Ankara, è che, sull'onda del'"affaire Brunson", l'amministrazione Trump decida di imporre dazi all'import turco. Timori subito confermati dall'annuncio via twitter da Trump di avere "appena autorizzato il raddoppio dei dazi su acciaio e alluminio della Turchia mentre la sua valuta, la lira turca, scivola rapidamente contro il nostro dollaro molto forte!". Le tariffe passano così al 20% sull'alluminio e al 50% sull'acciaio. Basta e avanza per far scattare l'allarme rosso. Ad Ankara, e non solo.

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