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Politica

Dopo il soccorso, arriva la ramanzina dei vescovi. Cei all'Italia: "Non si può far politica sulla pelle dei poveri"

Catania, via libera per i migranti della Diciotti: scendono i 137 rimasti a bordo

Il giorno dopo il soccorso, arriva la predica. "Da una parte il governo ha usato queste persone per forzare l'Europa a una risposta. La risposta si è rivelata alquanto parziale e debole, da Albania e Irlanda. Sappiamo che non si può far politica sulla pelle dei poveri, quindi il rischio di strumentalizzare i poveri, anche dove giustamente si chiede una risposta corale e condivisa, rimane veramente alto".

Così a Sky tg24 monsignor Ivan Maffeis, direttore dell'ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei, commentando la vicenda della nave Diciotti, risolto proprio con l'intervento del Vaticano che ha annunciato l'accoglienza nelle sue strutture di un centinaio di profughi. Un soccorso umanitario - "fatto per porre fine alle loro sofferenze" aveva chiarito già ieri il portavoce dei vescovi - per cui avevano ringraziato prima Matteo Salvini e poi Giuseppe Conte.

A Tv2000 Maffeis aggiunge che l'intervento della Cei è stato deciso per sbloccare "una situazione di stallo che era ormai diventata insostenibile per tutti. Vedere queste persone su una nave italiana attraccata sulle nostre coste e impossibilitate a scendere era una situazione intollerabile anche dal punto di vista umanitario". Ma la vera partita da giocare, prosegue, "è quella culturale e politica. Perchè non possiamo semplicemente affrontare il tema dei migranti e questo esodo di popoli con delle soluzioni emergenziali che non devono essere sopravvalutate".

Sulle pagine di Avvenire, anche il vice presidente per il Sud della Cei, Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, aveva avvertito sui rischi di "strumentalizzare la vita umana" e aveva chiesto responsabilità ai governi, per evitare divisioni. "Sono persone che provengono o attraversano Paesi polveriera, come sono la Libia, il Niger, il Sudan e altri. Senza guardare alla globalità della questione, temo che finiremo per peggiorare le cose".

Monsignor Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina, ha affermato che "più tardi mi sentirò con i rappresentanti delle istituzioni Italiane e decideremo insieme in quali centri della Curia trasferirli. La Chiesa è sempre pronta in queste occasioni ad intervenire e fare quanto nelle nostre disponibilità per dare ristoro e aiuto a chi soffre. Credo che anche i media abbiano importanti responsabilità nel riportare notizie su questo argomento rappresentando nel modo corretto la situazione reale delle condizioni di queste persone e nell'evidenziare le dichiarazioni di esponenti delle istituzioni che, pur avendo le loro ragioni - ha concluso l'arcivescovo di Messina - devono considerare che non stiamo parlando di pacchi ma di esseri umani".

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