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Esteri

Un'altra scossa per Macron. Lascia Hulot, il ministro più popolare: "Stanco di piccoli passi sull'ambiente"

Stephane Mahe / Reuters
Stephane Mahe / Reuters 

Una nuova tegola per il presidente Macron, arrivata all'improvviso, proprio quando il governo sembrava essersi lasciato alle spalle lo scandalo Benalla. Con l'annuncio delle sue dimissioni fatto questa mattina ai microfoni della radio France Inter, il ministro della Transizione ecologica e solidale, Nicolas Hulot, ha spiazzato tutti agendo come suo solito in controtempo. Macron si ritrova così a dover affrontare una nuova crisi interna che potrebbe colpire direttamente la sua già debole immagine, in un momento in cui si comincia a preparare il campo alle prossime elezioni europee, previste nel maggio del 2018. Con la sua rinuncia, Hulot ha gettato l'esecutivo nel panico, costringendolo a trovare al più presto un sostituto, con una manovra che potrebbe portare ad un più ampio rimpasto di governo.

"Prendo la decisione di lasciare il governo" ha affermato Hulot con voce grave, lasciando di sasso i due speaker che erano in studio. Una scelta, a detta dell'ormai ex ministro, "presa da solo", senza consultare il presidente, il premier Edouard Philippe o il suo entourage. Hulot si è detto stanco di avanzare a "piccoli passi" in un percorso ancora troppo lungo, nel quale la Francia ha indubbiamente fatto dei progressi, ma ancora tanto resta da fare e le prospettive non sembrano essere delle migliori.

Un fulmine a ciel sereno per il capo di Stato francese, che da Copenaghen, dove è in visita diplomatica, ha definito "personale" la mossa del ministro. "Se ho scelto Nicolas Hulot quindici mesi fa è perché è un uomo libero e quindi rispetto la sua libertà" ha commentato Macron, che si è detto fiducioso sul fatto di poter ancora "contare sull'impegno" dell'ex ministro in futuro.

Eppure, la possibile rinuncia era nell'aria già da diversi mesi. A maggio Hulot aveva dichiarato che avrebbe riflettuto nel corso dell'estate in merito alla sua permanenza all'interno della squadra di governo. Troppi i ritardi, i compromessi e i ripensamenti con cui si è dovuto confrontare durante il suo incarico. Tra questi, l'impossibilità di ridurre entro il 2025 la quota del nucleare al 50% nel mix elettrico, le scarse garanzie ambientali legate al Ceta, il trattato di libero scambio tra Canada e Ue, e i tentennamenti sul divieto si utilizzare il glifosato nelle coltivazioni. Una lunga lista di promesse mancate che ha provocato le ire del mondo ambientalista, secondo il quale Hulot non è stato capace di mantenere gli impegni presi.

Ma la goccia che ha fatto traboccare un vaso ricolmo di tensioni e ostilità è arrivata ieri sera, durante una riunione tenutasi all'Eliseo con i rappresentanti della Federazione dei cacciatori. Nel corso dell'incontro, al quale era presente anche il ministro dell'Ambiente, è stata concessa una riduzione dei costi necessari per ottenere il permesso di caccia, insieme a una revisione della lista delle specie animali da cacciare. Troppo per il ministro ambientalista, che ha denunciato un "regalo" fatto a un'influente lobby. "È un problema di democrazia. Ci ha il potere? Chi governa?" si è chiesto questa mattina Hulot in maniera retorica.

Con l'uscita di scena di Hulot, Macron perde un personaggio chiave del suo governo, che nei primi mesi del mandato è risultato essere il più apprezzato dall'elettorato francese. La nomina a capo del Ministero della Transizione ecologica rappresentò un primo successo per il capo di Stato francese all'indomani della sua vittoria alle presidenziali dello scorso anno. Proveniente dalla società civile, da sempre militante attivo nelle questioni ambientali senza essere mai stato iscritto a nessun partito: il profilo di questo 63enne originario di Lille combaciava perfettamente ai canoni del macronismo allora nascente. In questo modo Hulot è diventato l'alfiere della transizione ambientale promossa dalla Francia durante la COP 21, la conferenza internazionale sul clima tenutasi a Parigi nel 2015.

Una figura talmente carismatica e qualificata da aver suscitato l'interesse degli ultimi presidenti, che da Chirac in poi hanno sempre cercato di attirarlo nell'agone politico offrendogli un posto al ministero dell'Ambiente. Ma Hulot ha sempre resistito alle sirene dell'Eliseo, almeno fino a quando non sono arrivate quelle dell'inquilino Macron, che lo ha convinto puntando su quel "superamento tra destra e sinistra" diventato ormai il marchio di fabbrica di En Marche!

La luna di miele tra il ministro e il presidente francese, però, è durata poco. In questi quindici mesi Hulot si è ritrovato solo nel portare avanti i suoi progetti, senza il sostegno del governo, che al contrario si è mostrato poco collaborativo su alcune battaglie fondamentali. "Mi dicono 'Aspetta, sii paziente'. Ma sono trent'anni che sono paziente!" ha affermato Hulot, lamentando il fatto di essere stato abbandonato. La partenza di una figura così influente potrebbe avere un duro contraccolpo per Macron, il cui indice di gradimento ad agosto è sceso al 34%, cinque punti in meno rispetto al mese precedente. L'abbandono di un elemento chiave come il ministro dell'Ambiente alimenterà l'immagine di un presidente autoritario e incapace di ascoltare i collaboratori per servire gli interessi delle lobby nazionali.

La rinuncia da parte di un profilo così particolare pone inoltre il governo in una situazione scomoda, visto che sarà necessario trovare al più presto un sostituto capace di essere all'altezza del predecessore. Philippe ha fatto sapere che nei prossimi giorni farà "delle proposte" al presidente in merito alla futura "composizione" dell'esecutivo. Parole che lasciano intendere un possibile rimpasto, anche se, secondo fonti vicine alla presidenza, l'annuncio non dovrebbe arrivare prima di giovedì sera.

Ovviamente l'opposizione ha subito cavalcato l'episodio, attaccando direttamente l'atteggiamento del governo. Secondo la presidente del Rassemblement National (ex Front National), Marine le Pen, le dimissioni di Hulot hanno provato "la sottomissione del governo ai criteri di Maastricht, all'economia finanziaria, a modello economico-liberale". Il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ha invece definito la scelta del ministro come "un voto di censura", mentre secondo il numero uno dei Repubblicani, Laurent Wauquiez, Hulot si è sentito "tradito" dall'esecutivo.

Una pioggia di critiche arrivata mentre Macron si appresta a lanciare la sua campagna per le elezioni europee del prossimo anno, primo vero test elettorale dall'inizio del mandato. Proprio oggi il presidente ha cominciato una mini-tournée di tre giorni in Danimarca e in Finlandia, a cui seguirà una visita in Lussemburgo il prossimo 6 settembre e un incontro a Parigi con la cancelliera Merkel il giorno seguente. Indebolito sul piano europeo, il capo di Stato francese punta a rafforzare i legami con il maggior numero di paesi, in modo da guadagnarsi quel sostegno necessario per promuovere la riforma della zona euro annunciata durante il discorso tenuto all'università della Sorbona nel settembre dello scorso anno. La strategia punterà essenzialmente sulla contrapposizione tra progressismo e populismo per cercare di combattere l'avanzata dei partiti euroscettici. Il discorso tenuto ieri davanti agli ambasciatori francesi è stato un assaggio della tattica prevista da Macron. Il presidente ha evocato una maggiore autonomia dell'Europa nei confronti degli Stati Uniti, il rafforzamento della sicurezza comune, la collaborazione con la Russia di Putin in Siria e l'aumento dei fondi per gestire l'immigrazione.

Temi che saranno al centro del programma di En Marche, anche se adesso sarà più urgente trovare un rimpiazzo capace di far dimenticare colui che verrà ricordato come uno dei ministri più apprezzati dell'era Macron.

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