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Politica

Nicola Zingaretti non esclude di cambiare nome al Pd. Gentiloni scettico, muro dei renziani

NurPhoto via Getty Images
NurPhoto via Getty Images 

Cambiare nome al Pd? "A soggetto politico corrisponde un nome politico. Non lo escludo, ma solo alla conclusione di un percorso in cui vedremo cosa siamo diventati. Se questo percorso porterà a una identità diversa, vedremo anche se sarà da cambiare il nome al Pd". Lo ha detto Nicola Zingaretti parlando sul palco della Versiliana a Marina di Pietrasanta (Lucca) alla festa del Fatto commentando l'ipotesi di un cambio di nome del Pd.

L'idea di cambiare nome al Pd, lanciata già da Carlo Calenda, non piace a Paolo Gentiloni, intervenuto a Cortona per l'incontro di AreaDem. "Calenda è stato tra i migliori ministri, é uno in gamba, ma non mi convince l'idea di cambiare nome al Pd. Va cambiato il partito, ma non archiviato. E' un problema di marketing? Rifacciamo il simbolo? Non confondiamo l'idea che debba cambiare con l'idea che abbia esaurito la sua funzione dopo 10 anni. Non è così. Teniamocelo stretto, anche guardando alle forze progressiste in Europa". [...] "Abbiamo coltivato una sorta di revanscismo contro gli elettori: non ci avete votato e beccatevi Salvini. Questa cosa qui deve finire. Il congresso va fatto al più presto e forse andava convocato già alcune settimane fa durante un'assemblea del Pd".

Carlo Calenda su Twitter chiarisce di non aver proposto di cambiare "semplicemente nome al Pd", perché sarebbe una "operazione cosmetica", ma piuttosto di "fondare un partito progressista più ampio, non paralizzato dalle correnti e dai rancori, e aperto alla partecipazione di persone nuove che rappresentano parti della società".

Il nuovo progetto di Nicola Zingaretti, annunciato su Huffpost la scorsa settimana, "parte il 13 e 14 ottobre a Roma in un grande appuntamento che si chiama 'Piazza grande'". Secondo il governatore del Lazio, "sono vecchi quelli della 'ditta' e sono vecchi quelli che si sono autoproclamati nuovi. Vorrò chiamare l'Italia a ricostruire un pensiero democratico". A Matteo Renzi si rivolge direttamente: "Caro Matteo, è andata così, ma adesso, in una posizione diversa, prova a dare una mano".

La convinzione è che non sia solo una questione di leadership. "Magari il problema fosse solo quello di cambiare leader e poi si ricomincia a vincere. Il tema è molto più complesso. Vogliamo costruire un partito che deve andare ben oltre l'esistenza o meno di un leader. O la democrazia è fatta di partiti democratici o la democrazia si impoverisce e qui c'è la degenerazione per cui di volta in volta ci si mette nelle mani di un leader, anzi di un capo". Per Zingaretti "la sfida culturale è di riaprire la discussione con decine di migliaia e migliaia di persone".

I renziani respingono la corsa alla segreteria Pd di Zingaretti: "Non mi sembra un tema all'ordine del Giorno. Inutile parlare di nomi - sostiene Ettore Rosato alla Dire - si fissi quanto prima la data del Congresso, si facciano le candidature e poi si decida". Il dem non commenta neppure la proposta di Carlo Calenda di cambiare nome al partito: "non mi sembra una priorità e agli italiani di queste cose non importano. Mi auguro - chiosa - si possa rapidamente celebrare il Congresso".

Quanto al dialogo con i 5 Stelle, il candidato alla segreteria del Pd spiega che va "aperto un confronto con il M5S non per accordicchi di potere, ma per una sfida culturale. Una nuova sfida politica deve servire anche a parlare a una parte di quell'elettorato". Invece sul dialogo con En Marche di Emmanuel Macron Zingaretti dice che "alle Europee il Pd dovrà presentare un nuovo europeismo, costruendo un'alleanza contutte le forze europeiste, anche con Macron. Ma noi siamo diversi da Macron: quindi sì difendere l'Europa con Macron ma non fare diventare il Pd quella cosa lì".

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