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Politica

L'Iva non aumenta. I timori per il tradimento del Contratto e una flat tax annacquata dietro il no di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Giovanni Tria prende atto dello stop

Remo Casilli / Reuters
Remo Casilli / Reuters 

Non che lo stesso ministro dell'Economia Giovanni Tria - come raccontano fonti vicine al dossier - ne stesse facendo la panacea di tutti i mali della manovra, ma era pur sempre un modo per smuovere le acque di una caccia alle coperture che ad oggi ha raccolto pochissimo. Non solo: l'ipotesi di alzare l'Iva in modo selettivo per tagliare l'Irpef sarebbe andata incontro all'esigenza, più volte sollecitata da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, di dare un segnale concreto in termini di riduzione delle tasse. Tempi al passato e al condizionale perchè la proposta viene archiviata in mezza giornata dai due leader, a cui poco importano questi ragionamenti: la rotta proposta è sbagliata. Chiusura totale nei confronti del Tesoro, con un nuovo segnale di peso che si inserisce nei già tormentati rapporti interni al governo gialloverde. Alla fine Tria ne prende atto: "Abbiamo detto fin dal primo discorso in Parlamento che bloccheremo l'aumento dell'Iva".

Anche sull'impianto generale della legge di bilancio le distanze restano intatte. Perchè Tria non è disposto a cambiare linea sul deficit, nonostante le pressioni di Di Maio e, con accenti diversi, della Lega. Il ministro l'ha ribadito davanti al Parlamento, nel corso del question time al Senato: "L'obiettivo del governo - ha sottolineato - è quello di assicurare alla graduale realizzazione degli interventi di politica economica contenuti nel contratto di governo, compatibilmente con le esigenze di garantire l'equilibrio dei saldi strutturali di finanza pubblica". Avanti piano, quindi, con una platea per il reddito di cittadinanza che infatti . ha spiegato - è ancora da definire. Nessun numero, nessuna cifra sulle coperture. La legge di bilancio è ancora un cantiere apertissimo.

La proposta di Tria non è nuova. Il Tesoro è al lavoro da settimane per la messa a punto di un piano che punta a ridurre l'imposta sulle persone fisiche. È in questo contesto che si inserisce il favore di Tria, esternato negli scorsi giorni, verso l'idea che fa parte del piano e che per qualche giorno aveva quantomeno stuzzicato anche Di Maio e Salvini, cioè abbassare di un punto percentuale l'aliquota del primo scaglione, portandola dal 23 al 22 per cento.

Secondo quanto apprende Huffpost, questa proposta doveva arrivare sul tavolo del supervertice che si è tenuto lunedì a palazzo Chigi, ma era ancora in fase di elaborazione e soprattutto si voleva sondare prima il clima interno. È rispuntata fuori subito dopo, quando dentro il governo si è preso consapevolezza del fatto che di soldi ce ne sono pochi e soprattutto con Tria che si è trovato messo all'angolo.

Nello specifico, come spiega Repubblica, la proposta prevederrebbe di far scattare l'aumento dell'Iva, previsto dal primo gennaio 2019, per alcuni beni, quelli tassati attualmente al 4% o al 10%, calmierando invece l'imposta che grava su luce, acqua e gas. L'impatto sull'Irpef sarebbe quello di un recupero di 6-8 miliardi con l'obiettivo di tagliare la prima aliquota e accorpare due aliquote intermedie. Tutto ancora in fase di studio, ma l'orientamento politico è chiaro. Tra l'altro, riavvolgendo il nastro a prima dell'uscita del Contratto di governo, dove c'è scritto che l'aumento dell'Iva va fermato, e prima ancora che potesse essere in lizza per diventare ministro, lo stesso Tria aveva ragionato pubblicamente sulla possibilità di far scattare l'aumento dell'Iva in cambio di benefici sul fronte Irpef. Le idee sono rimaste le stesse e il dossier sullo scambio Iva-Irpef lo attesta in modo inequivocabile.

La reazione di Di Maio e Salvini è stata però perentoria. L'aumento dell'Iva "è una fake news, non è assolutamente vero perché in questo governo non si permetterà ai soldi di uscire dalla porta e entrare dalla finestra, non vogliamo fare il gioco delle tre carte", ha assicurato il vicepremier 5 Stelle dalla Cina. "L'Iva non aumenta, certamente", ha aggiunto a stretto giro il leader del Carroccio. Anche il premier Giuseppe Conte si è allineato a questa posizione: "Non abbiamo mai contemplato l'ipotesi di aggravare le posizioni dei contribuenti, dei cittadini, e quindi di rimodulare gli oneri economici in termini così significativi. Non è di attualità".

Al di là delle dichiarazioni di natura politica, la questione che solleva l'ipotesi di Tria impatta su ragioni che per Lega e 5 Stelle sono irrinunciabili. Sondando gli umori tra chi sta lavorando alla manovra in casa Lega viene fuori una convinzione: le perplessità sono legate al fatto che alzare l'Iva, seppure solo per alcuni prodotti, sarebbe comunque un autogol visto che nel Contratto di governo l'indicazione è nettamente opposta. C'è poi un universo di riferimento da tutelare, cioè quello dei commercianti e degli artigiani, ma soprattutto c'è un grande timore ovvero l'allontamento della flat tax strutturale che si vuole portare a compimento il prossimo anno. L'intervento sull'Irpef, in altre parole, rischia di dare vita a un nuovo sistema di aliquote che complica, anzichè, facilitare l'approdo verso la doppia tassazione (al 15% e al 20%) che quest'anno si vuole concretizzare per 1,5 milioni di partite Iva, ma che nel 2020 si vuole estendere a tutti i redditi dei contribuenti tassati con l'Irpef.

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