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Politica

Tutti in Italia. A Salisburgo Conte si piega alla proposta Merkel-Juncker: chi non accoglie i migranti, paga

Migranti, Conte: "Caso Diciotti ci vede tutti perdenti, Europa riveda Dublino"

Chi non accoglie i migranti, paga. Un principio che i partner europei hanno sempre cercato di infilare nelle discussioni con l'Italia. Finora non era passato, ieri sera invece a Salisburgo il premier Giuseppe Conte lo ha accettato. L'approccio italiano cambia e non è roba da poco: offre una via d'uscita ai tanti che non ne vogliono sapere di accogliere i migranti, non si vogliono caricare addosso i 'casi Diciotti' scatenati da Matteo Salvini che blocca le navi nei porti. Insomma, la tavola europea è apparecchiata per chi dice no e potenzialmente i migranti che sbarcano possono restare tutti in Italia. Il cambio è scattato ieri sera alla cena di Conte con gli altri leader Ue, nella grande sala concerti della città di Mozart, più di quattro ore di discussione principalmente sul dossier migranti.

Conte insomma apre alla proposta accennata da Jean Claude Juncker ieri prima dell'inizio di questo vertice informale, apre le porte dell'Italia ad un principio che da sempre Bruxelles tenta di farci accettare, sulla spinta dei partner dell'est. Non è roba da poco. E' una lancia spezzata a favore dei paesi che hanno ostacolato il piano di ridistribuzione dei migranti elaborato dalla Commissione Juncker nel 2015: il blocco di Visegrad, gli alleati sovranisti di Matteo Salvini, quell'area politica che oggi vola nei sondaggi di tutta Europa preoccupando tutti gli altri partiti e anche i cinquestelle italiani.

Ma vediamo con ordine. Ieri sera la proposta Juncker è stata presentata anche da Angela Merkel, naturalmente. E adesso, raccontano ad Huffpost fonti della delegazione italiana, sarà lei a stilare un elenco di paesi che dicano sì all'accoglienza dei migranti che sbarcano in Italia. Vale a dire paesi che in automatico poi dovrebbero farsi carico di smaltire eventuali altri 'casi Diciotti', diciamo così. La Cancelliera punta a comporre un elenco il più largo possibile e vorrebbe presentarlo al consiglio europeo del 18 ottobre. Sarà la lista cosiddetta 'attiva', cioè di coloro che accolgono. Poi ci sarà quella passiva: chi invece di accogliere, sceglie il pagamento. Il punto è che l'Italia ha accettato questo principio senza garanzie.

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Perché nella discussione di ieri sera - comunque pacata, del resto si tratta ancora di un vertice informale - non si è parlato di vincoli per i soldi che in teoria dovrebbero arrivare da chi non accoglie. Cioè: questi eventuali nuovi finanziamenti non sono vincolati a contribuire al fondo per l'Africa, il 'salvadanaio' europeo che ha permesso gli accordi di rimpatrio con il Niger, per esempio. Nulla di tutto ciò. E c'è ancora da vedere quanti saranno i paesi che sceglieranno la via dell'accoglienza piuttosto che quella dei finanziamenti. Con le elezioni europee alle porte tra meno di un anno, c'è da scommettere che i secondi saranno più numerosi dei primi, ma si vedrà.

Finora i governi guidati da Matteo Renzi e anche quello Gentiloni avevano sempre rifiutato qualsiasi deroga al principio che tutti gli Stati europei debbano contribuire in termini di accoglienza. Un approccio che ha ispirato e sostenuto il piano Juncker: 160mila ricollocati da Italia e Grecia, nonostante i 'no' del blocco di Visegrad. Conte avvicina invece l'Italia al blocco di Visegrad. E magari lo può fare perché - numeri alla mano - gli sbarchi sono diminuiti dell'80 per cento negli ultimi tre anni: ieri lo ha detto persino il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che in genere non è tenero con l'Ue.

Oggi nella conferenza stampa di fine vertice Conte ha sminuito la portata della discussione sullo scambio soldi-migranti, dopo averla tirata fuori lui stesso ieri sera parlando con i giornalisti al ritorno dalla cena con gli altri partner Ue. Ieri sera ha detto: "Sul tavolo c'è l'ipotesi che i Paesi non volenterosi, ovvero quelli che non partecipano in termini di sbarchi o in termini di redistribuzione" dei migranti, "versino un contributo finanziario" e "qualcuno tra i Paesi che non accolgono ha già dato disponibilità".

Oggi spiega che "non è questa la solidarietà che io voglio, la solidarietà è un meccanismo condiviso, uno sforzo collettivo sin dalle operazioni di salvataggio. Se arriveremo a quella soluzione lo valuteremo, ma è un meccanismo che credo immiserisca un po' tutta la prospettiva a cui stiamo lavorando e ove mai si arrivasse a quello dovremmo pensare a meccanismi incentivanti e disincentivanti ma molto seri".

Ad ogni modo, spiegano i suoi, se si dovesse arrivare a questo meccanismo l'Italia non si opporrà. Una bella differenza rispetto a ieri. Significa per lo meno che per Roma questo argomento da oggi non è più un tabù.

C'è una questione sulla quale il premier ieri sera a cena si è riservato di decidere: l'ampliamento di Frontex, sia in termini di uomini che di finanziamenti (10 miliardi di euro). "Bene, vediamo", è stata la sua risposta quando gli hanno presentato il dossier, anche questo elaborato da Juncker. Il punto è che rafforzare Frontex si tradurrebbe in maggiori controlli e dunque più registrazioni di migranti in Italia. Cioè: meno migranti riuscirebbero a sfuggire per raggiungere il nord Europa. E siccome questa è una valvola di sfogo spesso usata per smaltire i flussi nel Belpaese, 'più Frontex' non viene visto di buon grado da Roma. Ma anche qui c'è un'affinità con Visegrad: "Non deroghiamo al nostro diritto di proteggere le nostre frontiere", sono le parole del premier ungherese Viktor Orban qui a Salisburgo.

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