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Esteri

Cina e Vaticano fanno la storia

ANSA
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Oggi è stato firmato un accordo tra Vaticano e Repubblica Popolare cinese, la cui conclusione è stata annunciata all'inizio dello scorso febbraio. Ladecisione del Papa di accogliere nella comunione con la Sede apostolica sette vescovi cinesi scomunicati che erano stati scelti dalle autorità di Pechino, sarà adesso un passo decisivo nei rapporti tra Cina e Vaticano che solo il successore di Pietro poteva compiere. (https://www.huffingtonpost.it/2018/02/02/il-grande-passo-di-francesco-verso-la-cina_a_23350899/) .

Non si tratta di un accordo politico né diplomatico ( Il Vaticano continua a riconoscere Taiwan), ma di un accordo che la Santa Sede ha definito "pastorale". Cioè ha che fare con la riconciliazione della frattura delle due Chiese cinesi: quella "patriottica" (con i vescovi scelti e riconosciuti dal governo) e quella "sotterranea" (guidata dai vescovi consacrati in comunione con il Papa).

Si tratta anche di un accordo "provvisorio", nel senso che è suscettibile di futuri e più stabili sviluppi. Eppure nonostante questo è storico, visto che è giunto dopo 30 anni di trattative.

Ai siti tradizionalisti americani come Lifesite e al cardinale Zen, che ancora ieri ha attaccato personalmente il cardinale segretario di stato Parolin sostenendo che è un uomo privo di fede - un commento di venti pagine del direttore di Civiltà cattolica, Padre Antonio Spadaro, ha indirettamente ricordato che nell'arco della storia millenaria della Chiesa, i precedenti di vescovi nominati dall'autorità pubblica e poi accettati dal Papa, sono molti .

Addirittura in Venezuela (paese dove è stato nunzio, dal 2009 al 2013, Parolin) dal 1833 fino al 1958 i vescovi, in base alla legge sul patronato, erano nominati dal Parlamento, anche se spesso questa una situazione creava dei conflitti. In Europa solo dal XIII secolo i papi hanno cominciato a riservare a sé la nomina dei vescovi. E tale prassi divenne comune e costante, cent'anni dopo, nel XIV secolo. E tuttavia con il Concordato del 1516 tra Leone X e Francesco I di Francia , il papa dovette concedere di nuovo al sovrano la potestà di nominare i vescovi, una prerogativa confermata nel Concordato del 1801 tra Pio VII e Napoleone, che impose ai vescovi addirittura il giuramento all'Impero.

Nei mesi scorsi, l' editorialista del New York Times Ross Douthat, ha definito l'accordo con la Cina, come la seconda più importante mossa del Pontificato di Francesco, dopo l'esortazione apostolica Amoris Letitia sulla famiglia.

Essa si muove nel solco segnato dal suo predecessore, Benedetto XVI, che nella "Lettera ai cinesi" del 2007, aveva auspicato la riconciliazione tra tutti i cattolici. E sancisce un successo di Francesco proprio nel momento più duro del suo Pontificato, cioè nel momento in cui la crisi della pedofilia scuote la Chiesa e il Vaticano dagli Stati Uniti al Cile.

Mentre chi attacca Francesco sul fronte degli abusi ha già messo in evidenza il ruolo "non ufficiale" svolto per almeno vent'anni nei confronti della Cina dell'ormai ex cardinale Theodore Mccarrick che si è dovuto dimettere per abusi e molestie( https://www.huffingtonpost.it/2018/09/19/le-ombre-del-caso-mccarrick-si-allungano-sullaccordo-tra-santa-sede-e-cina-per-la-nomina-dei-vescovi_a_23532711/).

L'accordo del Vaticano con la Cina cade in un momento in cui invece è massima la tensione tra Washington e Pechino e questo non migliora i rapporti tra Papa Francesco e l'amministrazione Trump (https://www.huffingtonpost.it/2018/09/20/schiaffo-di-alibaba-a-trump-salta-il-piano-di-un-milione-di-posti-in-usa_a_23533196/). Sulla crisi degli abusi l'ex stratega della Casa Bianca, Steve Bannon, alla testa di una nuova internazionale sovranista in Europa, ha chiesto che il Papa venga sottoposto al giudizio di un tribunale internazionale.

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